Annone, crollo del ponte: ricorso rigettato. La Cassazione conferma la sentenza d'Appello
Confermata la sentenza d'Appello: un anno e quattro mesi per Andrea Sesana (con il beneficio della pena sospesa e della non menzione), un anno e otto mesi per Angelo Valsecchi. Si è espressa in questo modo, pochi minuti fa, la Quarta Sezione della Corte di Cassazione, per quel che riguarda il fascicolo penale legato al cedimento del ponte a scavalco della SS36, ad Annone di Brianza.
Un episodio drammatico che, il 28 ottobre 2016, era costato la vita al civatese Claudio Bertini, mentre a bordo della propria autovettura stava facendo rientro a casa al termine della giornata lavorativa.
Il manufatto crollò sotto il peso dell'autoarticolato che lo stava attraversando, per recarsi - tramite la SP49 - nella vicina zona industriale di Cesana Brianza. Attimi davvero surreali: la viabilità lungo una delle arterie più trafficate del territorio, si fermò per lasciare spazio all'intervento di decine di soccorritori e delle forze dell'ordine.
Oltre all'unica vittima, furono diverse le persone rimaste ferite in quell'improvviso crollo, oggetto di un'indagine penale aperta poche ore più tardi dall'allora procuratore capo Antonio Chiappani, insieme al sostituto Nicola Preteroti.
Nell'aprile 2024 la Corte di Appello di Milano - nella persona dei giudici Francesca Vitale, Ilaria De Magistris e Cristina Ravera - aveva parzialmente ribaltato la sentenza pronunciata nel settembre 2021 dal giudice in ruolo monocratico del Tribunale di Lecco, Enrico Manzi. Assolto Giovanni Salvatore di Anas; confermate invece le condanne dei due dirigenti della Provincia di Lecco, seppur ridimensionate in maniera significativa rispetto al giudizio di primo grado. Un anno e quattro mesi (con doppi benefici) ad Andrea Sesana e un anno e otto mesi a Angelo Valsecchi. Durante la requisitoria la pubblica accusa aveva chiesto la condanna di tutti e tre gli imputati alla pena di un anno e sei mesi.
Nel dispositivo la Corte d'Appello aveva modificato la contestazione attinente l'omicidio stradale riqualificandola in omicidio colposo, vale a dire l'originario capo di imputazione per cui si era proceduto nei confronti degli imputati presso il Tribunale di Lecco. I quattro dovevano difendersi - a vario titolo - anche dei reati di lesioni, disastro colposo, crollo di costruzioni. Nella sentenza quest'ultimo capo di imputazione era stato riqualificato in omicidio stradale; una scelta - quella del giudice - assunta per raddoppiare i termini di prescrizione dei reati, rischio che incombeva sin dall'avvio del procedimento penale di primo grado.
Il vero ''colpo di scena'' della sentenza pronunciata a Milano riguardava la posizione di Giovanni Salvatore; per i giudici della Corte d'Appello andava esclusa la responsabilità penale in capo all'imputato, in quanto egli non risultava titolare di una posizione di garanzia in relazione al ponte. Il ponte, seppur gestito da ANAS, non era censito nel catalogo delle opere della società.
In primo grado, come si ricorderà, il giudice Manzi aveva condannato Valsecchi a tre anni e otto mesi; a tre anni il collega Andrea Sesana, dipendente del medesimo ufficio e a tre anni e sei mesi a Giovanni Salvatore, dirigente di Anas, titolare dell'arteria scenario del drammatico incidente che costò la vita al civatese Bertini. Era stata assolta invece, Silvia Garbelli, dirigente della Provincia di Bergamo che rilasciò, una manciata di settimane prima del crollo, l'autorizzazione all'azienda Nicoli, proprietaria dell'autoarticolato sotto il peso del quale il cavalcavia annonese collassò. La funzionaria dunque, era di fatto uscita di scena.
Quest'oggi dunque, l'esito del terzo grado di giudizio che ha di fatto confermato la sentenza d'Appello, respingendo il ricorso presentato negli scorsi mesi dai legali di Sesana (avvocato Stefano Pelizzari del Foro di Lecco) e Valsecchi (avvocato Giuseppe Pavich del Foro di Massa).
Un episodio drammatico che, il 28 ottobre 2016, era costato la vita al civatese Claudio Bertini, mentre a bordo della propria autovettura stava facendo rientro a casa al termine della giornata lavorativa.
Il manufatto crollò sotto il peso dell'autoarticolato che lo stava attraversando, per recarsi - tramite la SP49 - nella vicina zona industriale di Cesana Brianza. Attimi davvero surreali: la viabilità lungo una delle arterie più trafficate del territorio, si fermò per lasciare spazio all'intervento di decine di soccorritori e delle forze dell'ordine.

Nell'aprile 2024 la Corte di Appello di Milano - nella persona dei giudici Francesca Vitale, Ilaria De Magistris e Cristina Ravera - aveva parzialmente ribaltato la sentenza pronunciata nel settembre 2021 dal giudice in ruolo monocratico del Tribunale di Lecco, Enrico Manzi. Assolto Giovanni Salvatore di Anas; confermate invece le condanne dei due dirigenti della Provincia di Lecco, seppur ridimensionate in maniera significativa rispetto al giudizio di primo grado. Un anno e quattro mesi (con doppi benefici) ad Andrea Sesana e un anno e otto mesi a Angelo Valsecchi. Durante la requisitoria la pubblica accusa aveva chiesto la condanna di tutti e tre gli imputati alla pena di un anno e sei mesi.

Il vero ''colpo di scena'' della sentenza pronunciata a Milano riguardava la posizione di Giovanni Salvatore; per i giudici della Corte d'Appello andava esclusa la responsabilità penale in capo all'imputato, in quanto egli non risultava titolare di una posizione di garanzia in relazione al ponte. Il ponte, seppur gestito da ANAS, non era censito nel catalogo delle opere della società.
Quest'oggi dunque, l'esito del terzo grado di giudizio che ha di fatto confermato la sentenza d'Appello, respingendo il ricorso presentato negli scorsi mesi dai legali di Sesana (avvocato Stefano Pelizzari del Foro di Lecco) e Valsecchi (avvocato Giuseppe Pavich del Foro di Massa).
G.C.