Oggiono: al Bachelet la quotidiana lotta alla mafia raccontata da quattro giovani
Un’occasione di confronto singolare ed interessante, quella svoltasi stamattina al PalaBachelet di Oggiono con coinvolti i ragazzi del vicino istituto superiore. Si è parlato di legalità, ma con uno sguardo nuovo: non i consueti incontri con magistrati e istituzioni, ma un dialogo con giovani cittadini, nati nei rioni e quartieri più malfamati d’Italia che hanno deciso, facendo rete sul territorio, di valorizzare le loro comunità partendo proprio da coloro che le abitano.

Gli alunni delle classi coinvolte nel progetto hanno infatti ascoltato le testimonianze dirette di Mario Civitaquale, Giuseppe Scognamiglio, Antonia Mastromo e Francesca Vannini, giovani che con impegno hanno deciso di creare delle realtà a contrasto della criminalità organizzata, promuovendo lavoro per i residenti, turismo consapevole ed informazione.
L’incontro è parte del progetto ''Io vivo di Legalità'', iniziativa promossa nell’ambito della Convenzione tra Regione Lombardia e l’Ufficio Scolastico Regionale legata ai Centri di Promozione della legalità (CPL), con uno sguardo alle comunità educanti per il triennio 2023-2025.

Introdotti dalla dirigente dell’istituto Anna Panzeri, i relatori hanno condiviso con i giovani ascoltatori esperienze e iniziative che hanno contribuito a riqualificare le loro comunità, portando avanti progetti di sviluppo e resistenza civile.

''L’Italia che resiste esiste ed è fatta di esperienze concrete'' ha raccontato Francesca, rappresentante della cooperativa Addiopizzo di Palermo. Cresciuta in un contesto in cui la mafia era una presenza silenziosa e accettata, ha vissuto un cambiamento radicale dopo la strage di Capaci. ''Avevo undici anni e non potevo credere a ciò che stava accadendo. Da quel momento ho sentito il dovere di impegnarmi in prima persona. Ho sempre creduto che il mio territorio avesse molto da offrire''. Ha ricordato il movimento nato nel 2004, quando giovani palermitani iniziarono a tappezzare la città con adesivi recanti la scritta: Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità.

Un messaggio potente, che ha portato alla nascita di un circuito economico alternativo, con migliaia di imprese che oggi rifiutano di pagare il pizzo e aderiscono a un modello etico e sostenibile. ''Abbiamo creato anche un turismo mafia-free, in cui ogni scelta di spesa, dalla ristorazione all’alloggio, contribuisce a rafforzare una Sicilia nuova, libera dalle mafie. Operiamo quindi in due direzioni: vogliamo far capire alle diverse realtà commerciali che ribellarsi a questo sistema è non solo una scelta etica, ma anche conveniente, disincentivando, al contempo, quelle realtà che ancora non si discostano''.

Mario, testimone dell’evoluzione di Scampia (Napoli) negli ultimi anni, ha raccontato come il quartiere sia stia trasformando da un luogo simbolo della criminalità a un laboratorio di riscatto sociale, grazie all’attività di tanti giovani ed associazioni. “Il fascino del male attira più delle buone azioni, per questo sentiamo sempre parlare delle cose negative, piuttosto di quelle che lentamente stanno crescendo per portare della bellezza. Per questo abbiamo creato un progetto che restituisce dignità alla nostra comunità”. Ha parlato di Moos, il primo museo ecodiffuso della città, nato proprio a Scampia nel 2021 come progetto di "Chi rom e…chi no".

Apre per la prima volta le sue porte invisibili al pubblico nel maggio 2023, con itinerari e installazioni temporanee e permanenti di arte pubblica, diffuse negli spazi pubblici e sulle terrazze di Chikù. ''Le autrici e gli autori delle opere collettive sono abitanti del quartiere, in particolare bambine, bambini, giovani, famiglie e testimoni privilegiati''. Il museo racconta dunque la storia di chi ha contribuito - e sta tutt’ora contribuendo - alla rinascita del quartiere. ''Oggi le Vele vengono abbattute, ma Scampia non è solo degrado. Abbiamo una cultura viva e un senso di appartenenza fortissimo. Il nostro carnevale di quartiere, grazie all’associazione Gridas, è la dimostrazione di una comunità che resiste''.

Antonia, della cooperativa La Paranza del Rione Sanità di Napoli, ha testimoniato la metamorfosi del suo quartiere. ''Quando ero adolescente, mi vergognavo a dire che venivo dal Rione Sanità. Era un posto evitato da tutti, anche dai napoletani stessi''. L’arrivo di padre Antonio Loffredo ha segnato una svolta: ''Ci ha invitati a smettere di lamentarci e a guardare la bellezza intorno a noi. Io poi all’università ho studiato archeologia, ma ho capito che Padre Antonio non si riferiva solo all’immenso patrimonio storico artistico del nostro Rione alle porte della Città, ma di coloro che lo abitano, con tanta voglia di riscatto''. La cooperativa oggi riunisce 70 giovani quasi tutti under 30, che con le loro diverse professionalità raccontano il quartiere, oggi luogo di cultura e turismo, dove l’arte diventa strumento di rinascita.

Giuseppe, fondatore di Radio Siani – ''la radio della legalità'' - ha portato l’esperienza di Ercolano, territorio pesantemente segnato dalla camorra. ''Abbiamo scelto di restare e di combattere. Per anni la criminalità ha dominato il nostro territorio, ma abbiamo reagito attraverso una radio, utilizzando come spazio per le nostre puntate proprio alcuni beni confiscati ai clan, simbolo tangibile della loro sconfitta''. Ha spiegato poi come anche il turismo possa diventare un’arma contro le mafie: ''Recuperare questi beni e farne spazi di cultura e aggregazione è un atto di giustizia. Non possiamo lasciare che luoghi segnati dal sangue restino in mano alla criminalità''.

Il lavoro di Radio Siani ha portato risultati concreti: ''Le nostre denunce hanno funzionato. Più di 500 le persone che sono state poi processate, più di 3.000 anni di condanne inflitte. Abbiamo dimostrato che dire no si può. Nella nostra radio diamo spazio alle storie di chi si è opposto e lo ha fatto consapevolmente, al contempo ricordiamo anche le vittime innocenti, i tanti giovani strappati alla vita''.
I relatori hanno quindi testimoniato una resistenza costante, un motore positivo che diviene collante di realtà sociali altrimenti abbandonate, valorizzando i patrimoni artistici e culturali che la nostra bella Italia offre, sottraendoli piano piano, alle mafie, grazie all’emancipazione di chi vive in prima persona questi luoghi.

Gli alunni delle classi coinvolte nel progetto hanno infatti ascoltato le testimonianze dirette di Mario Civitaquale, Giuseppe Scognamiglio, Antonia Mastromo e Francesca Vannini, giovani che con impegno hanno deciso di creare delle realtà a contrasto della criminalità organizzata, promuovendo lavoro per i residenti, turismo consapevole ed informazione.
L’incontro è parte del progetto ''Io vivo di Legalità'', iniziativa promossa nell’ambito della Convenzione tra Regione Lombardia e l’Ufficio Scolastico Regionale legata ai Centri di Promozione della legalità (CPL), con uno sguardo alle comunità educanti per il triennio 2023-2025.

La dirigente scolastica Anna Panzeri
Introdotti dalla dirigente dell’istituto Anna Panzeri, i relatori hanno condiviso con i giovani ascoltatori esperienze e iniziative che hanno contribuito a riqualificare le loro comunità, portando avanti progetti di sviluppo e resistenza civile.

''L’Italia che resiste esiste ed è fatta di esperienze concrete'' ha raccontato Francesca, rappresentante della cooperativa Addiopizzo di Palermo. Cresciuta in un contesto in cui la mafia era una presenza silenziosa e accettata, ha vissuto un cambiamento radicale dopo la strage di Capaci. ''Avevo undici anni e non potevo credere a ciò che stava accadendo. Da quel momento ho sentito il dovere di impegnarmi in prima persona. Ho sempre creduto che il mio territorio avesse molto da offrire''. Ha ricordato il movimento nato nel 2004, quando giovani palermitani iniziarono a tappezzare la città con adesivi recanti la scritta: Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità.

Un messaggio potente, che ha portato alla nascita di un circuito economico alternativo, con migliaia di imprese che oggi rifiutano di pagare il pizzo e aderiscono a un modello etico e sostenibile. ''Abbiamo creato anche un turismo mafia-free, in cui ogni scelta di spesa, dalla ristorazione all’alloggio, contribuisce a rafforzare una Sicilia nuova, libera dalle mafie. Operiamo quindi in due direzioni: vogliamo far capire alle diverse realtà commerciali che ribellarsi a questo sistema è non solo una scelta etica, ma anche conveniente, disincentivando, al contempo, quelle realtà che ancora non si discostano''.

Mario, testimone dell’evoluzione di Scampia (Napoli) negli ultimi anni, ha raccontato come il quartiere sia stia trasformando da un luogo simbolo della criminalità a un laboratorio di riscatto sociale, grazie all’attività di tanti giovani ed associazioni. “Il fascino del male attira più delle buone azioni, per questo sentiamo sempre parlare delle cose negative, piuttosto di quelle che lentamente stanno crescendo per portare della bellezza. Per questo abbiamo creato un progetto che restituisce dignità alla nostra comunità”. Ha parlato di Moos, il primo museo ecodiffuso della città, nato proprio a Scampia nel 2021 come progetto di "Chi rom e…chi no".

Apre per la prima volta le sue porte invisibili al pubblico nel maggio 2023, con itinerari e installazioni temporanee e permanenti di arte pubblica, diffuse negli spazi pubblici e sulle terrazze di Chikù. ''Le autrici e gli autori delle opere collettive sono abitanti del quartiere, in particolare bambine, bambini, giovani, famiglie e testimoni privilegiati''. Il museo racconta dunque la storia di chi ha contribuito - e sta tutt’ora contribuendo - alla rinascita del quartiere. ''Oggi le Vele vengono abbattute, ma Scampia non è solo degrado. Abbiamo una cultura viva e un senso di appartenenza fortissimo. Il nostro carnevale di quartiere, grazie all’associazione Gridas, è la dimostrazione di una comunità che resiste''.

Antonia, della cooperativa La Paranza del Rione Sanità di Napoli, ha testimoniato la metamorfosi del suo quartiere. ''Quando ero adolescente, mi vergognavo a dire che venivo dal Rione Sanità. Era un posto evitato da tutti, anche dai napoletani stessi''. L’arrivo di padre Antonio Loffredo ha segnato una svolta: ''Ci ha invitati a smettere di lamentarci e a guardare la bellezza intorno a noi. Io poi all’università ho studiato archeologia, ma ho capito che Padre Antonio non si riferiva solo all’immenso patrimonio storico artistico del nostro Rione alle porte della Città, ma di coloro che lo abitano, con tanta voglia di riscatto''. La cooperativa oggi riunisce 70 giovani quasi tutti under 30, che con le loro diverse professionalità raccontano il quartiere, oggi luogo di cultura e turismo, dove l’arte diventa strumento di rinascita.

Giuseppe, fondatore di Radio Siani – ''la radio della legalità'' - ha portato l’esperienza di Ercolano, territorio pesantemente segnato dalla camorra. ''Abbiamo scelto di restare e di combattere. Per anni la criminalità ha dominato il nostro territorio, ma abbiamo reagito attraverso una radio, utilizzando come spazio per le nostre puntate proprio alcuni beni confiscati ai clan, simbolo tangibile della loro sconfitta''. Ha spiegato poi come anche il turismo possa diventare un’arma contro le mafie: ''Recuperare questi beni e farne spazi di cultura e aggregazione è un atto di giustizia. Non possiamo lasciare che luoghi segnati dal sangue restino in mano alla criminalità''.

Il lavoro di Radio Siani ha portato risultati concreti: ''Le nostre denunce hanno funzionato. Più di 500 le persone che sono state poi processate, più di 3.000 anni di condanne inflitte. Abbiamo dimostrato che dire no si può. Nella nostra radio diamo spazio alle storie di chi si è opposto e lo ha fatto consapevolmente, al contempo ricordiamo anche le vittime innocenti, i tanti giovani strappati alla vita''.
I relatori hanno quindi testimoniato una resistenza costante, un motore positivo che diviene collante di realtà sociali altrimenti abbandonate, valorizzando i patrimoni artistici e culturali che la nostra bella Italia offre, sottraendoli piano piano, alle mafie, grazie all’emancipazione di chi vive in prima persona questi luoghi.
Sara Ardagna