Casatenovo: la situazione della tratta balcanica al centro di una serata con Rifugio e altre ong
Proiettato sulle pareti dell’aula studio di Villa Facchi, a Casatenovo, il documentario ''Shadow game'' - proposto dai volontari della ONG No Name Kitchen - ha aperto la serata promossa dall’associazione casatese Rifugio, che lo scorso giovedì ha deciso di dedicare tempo e spazio alla discussione e all’approfondimento di una tematica fondamentale: l’informazione corretta, senza filtri manipolatori, di ciò che avviene lungo la tratta balcanica e delle condizioni di vita (o meglio, di viaggio) delle persone migranti che affrontano il lungo, violento, difficoltoso cammino verso i Paesi dell’Unione Europea. Una riflessione collettiva sulle politiche migratorie dell’Unione Europea e sull’impatto che esse hanno sulla vita delle persone davanti a stralci di vita nei campi profughi, nelle foreste o sotto i ponti, nei tunnel delle autostrade.
Oltre ai volontari di No Name Kitchen, anche uno dei numerosi equipaggi di terra della ONG ResQ ha preso parte all’incontro, conferendo alla discussione una prospettiva più ampia, che comprende anche altre rotte migratorie oltre alla via balcanica.

Un’alternanza di video registrati da minori migranti lungo la tratta per documentare il proprio viaggio, riprese professionali e interviste, hanno riportato con brutale chiarezza davanti agli occhi del piccolo pubblico radunatosi a Villa Facchi, le regole crudeli e spietate del ''gioco'' (come le persone migranti stesse chiamano il tentativo di oltrepassare un confine) che viene provato più e più volte dalle persone migranti ai confini dei paesi balcanici, perseverando incessantemente nella volontà di raggiungere un Paese dell’Ue dove richiedere asilo.
Un gioco che avviene ''nell’ombra'', spesso taciuto dai telegiornali e relegato a episodici racconti spesso allarmistici in seguito a eventi poco utili a fornire corrette e autentiche informazioni riguardo alle conseguenze delle politiche migratorie dell’UE, dell’innalzamento di muri e recinzioni spinate, dello spostamento forzato di campi profughi da un giorno all’altro.
Frammenti di vite già fragili, settimane, mesi e anni che si ripetono tentativo dopo tentativo, pestaggio dopo pestaggio lungo i confini di Serbia, Ungheria, Croazia, Grecia e molti altri paesi. Costanti violazioni di diritti umani, per impedire l’accoglienza e le richieste di asilo politico si susseguono nelle esperienze di tutti i minori migranti mostrati nel documentario: non c’è filtro, non c’è finzione scenica.
I respingimenti illegali ai confini, le violenze fisiche, i danneggiamenti di oggetti personali come i telefoni, necessari per proseguire il viaggio, le torture e le condizioni di vita disumane rese tali da disumane decisioni, vengono mostrate attraverso inquadrature di cellulari, riprese in lontananza oppure interviste vere e proprie a volto coperto, sempre in situazioni di insicurezza e di pericolo.
Al termine della proiezione, una volontaria di No name Kitchen ha spiegato come è nata la ONG.

''Dal 2017 in Serbia, a Šid, nasce No Name Kitchen, in un momento storico in cui dopo la costruzione del muro tra Serbia e Ungheria, con nuove politiche di confine e la costruzione dei muri, le persone hanno iniziate a rimanere bloccate e a non riuscire a raggiungere l’UE. Gli attivisti hanno iniziato a offrire dei pasti e mangiare insieme alle persone rimaste, portando dove serviva la cucina senza nome, la cucina di tutti, per offrire un pasto caldo e solidarietà'' ha detto Angela. ''Oggi le attività di No Name Kitchen sono meglio strutturate: vengono forniti aiuti umanitari lungo la rotta balcanica, vengono organizzate distribuzioni di cibo, coperte, vestiti. Quando si incontrano persone migranti si offre loro un’assistenza sanitaria di base, un primo soccorso che permetta loro di riprendere il viaggio ( si parla di bendaggi per poter continuare a camminare, disinfettante, trattamenti per scabbia). Viene offerta la possibilità di fare docce calde utilizzando una doccia da campeggio, viene fornito anche un cambio di vestiti - ha aggiunto la volontaria - che permette di limitare la diffusione della scabbia''.
In seguito, il pubblico ha chiesto chiarimenti sulla condizione odierna in Serbia, per poi spostare il dibattito sulle tecnologie e le risorse che vengono impiegate dai corpi militari per respingere illegalmente le persone migranti ai confini.
La collaborazione tra l’associazione Rifugio, No Name Kitchen e ResQ per proporre una serata di approfondimento e confronto su tematiche politiche, ha sicuramente permesso a molte persone di prendere maggior coscienza delle ingiustizie che sembrano avvenire imperterrite lungo i confini della rotta balcanica, ma anche, più in generale lungo le rotte migratorie.
L'iniziativa ha consentito di far conoscere realtà che si impegnano assiduamente per fornire aiuti umanitari e assistenza durante il viaggio, ma anche in seguito alla richiesta di asilo.

ResQ, infatti, in collaborazione con il Centro Farmaceutico Missionario di Valmadrera, si occupa di mettere a disposizione vestiti, immobili, sportelli di aiuto e informazioni per le persone migranti per fornire aiuto e solidarietà, sia in mare che a terra, sostenendosi attraverso campagne di sensibilizzazione, lavori di volontariato e raccolte fondi e donazioni.
Realtà differenti, impegnate nella sensibilizzazione e nella diffusione della corretta informazione riguardo un tema scottante, problematico, che cercano di interagire con esso con l’idea di stare interagendo con esseri umani prima di tutto, detentori di diritti inviolabili.
Oltre ai volontari di No Name Kitchen, anche uno dei numerosi equipaggi di terra della ONG ResQ ha preso parte all’incontro, conferendo alla discussione una prospettiva più ampia, che comprende anche altre rotte migratorie oltre alla via balcanica.

I volontari della ONG ResQ intervenuti l'altra sera a Casatenovo
Un’alternanza di video registrati da minori migranti lungo la tratta per documentare il proprio viaggio, riprese professionali e interviste, hanno riportato con brutale chiarezza davanti agli occhi del piccolo pubblico radunatosi a Villa Facchi, le regole crudeli e spietate del ''gioco'' (come le persone migranti stesse chiamano il tentativo di oltrepassare un confine) che viene provato più e più volte dalle persone migranti ai confini dei paesi balcanici, perseverando incessantemente nella volontà di raggiungere un Paese dell’Ue dove richiedere asilo.
Un gioco che avviene ''nell’ombra'', spesso taciuto dai telegiornali e relegato a episodici racconti spesso allarmistici in seguito a eventi poco utili a fornire corrette e autentiche informazioni riguardo alle conseguenze delle politiche migratorie dell’UE, dell’innalzamento di muri e recinzioni spinate, dello spostamento forzato di campi profughi da un giorno all’altro.
Frammenti di vite già fragili, settimane, mesi e anni che si ripetono tentativo dopo tentativo, pestaggio dopo pestaggio lungo i confini di Serbia, Ungheria, Croazia, Grecia e molti altri paesi. Costanti violazioni di diritti umani, per impedire l’accoglienza e le richieste di asilo politico si susseguono nelle esperienze di tutti i minori migranti mostrati nel documentario: non c’è filtro, non c’è finzione scenica.
I respingimenti illegali ai confini, le violenze fisiche, i danneggiamenti di oggetti personali come i telefoni, necessari per proseguire il viaggio, le torture e le condizioni di vita disumane rese tali da disumane decisioni, vengono mostrate attraverso inquadrature di cellulari, riprese in lontananza oppure interviste vere e proprie a volto coperto, sempre in situazioni di insicurezza e di pericolo.
Al termine della proiezione, una volontaria di No name Kitchen ha spiegato come è nata la ONG.

''Dal 2017 in Serbia, a Šid, nasce No Name Kitchen, in un momento storico in cui dopo la costruzione del muro tra Serbia e Ungheria, con nuove politiche di confine e la costruzione dei muri, le persone hanno iniziate a rimanere bloccate e a non riuscire a raggiungere l’UE. Gli attivisti hanno iniziato a offrire dei pasti e mangiare insieme alle persone rimaste, portando dove serviva la cucina senza nome, la cucina di tutti, per offrire un pasto caldo e solidarietà'' ha detto Angela. ''Oggi le attività di No Name Kitchen sono meglio strutturate: vengono forniti aiuti umanitari lungo la rotta balcanica, vengono organizzate distribuzioni di cibo, coperte, vestiti. Quando si incontrano persone migranti si offre loro un’assistenza sanitaria di base, un primo soccorso che permetta loro di riprendere il viaggio ( si parla di bendaggi per poter continuare a camminare, disinfettante, trattamenti per scabbia). Viene offerta la possibilità di fare docce calde utilizzando una doccia da campeggio, viene fornito anche un cambio di vestiti - ha aggiunto la volontaria - che permette di limitare la diffusione della scabbia''.
In seguito, il pubblico ha chiesto chiarimenti sulla condizione odierna in Serbia, per poi spostare il dibattito sulle tecnologie e le risorse che vengono impiegate dai corpi militari per respingere illegalmente le persone migranti ai confini.
La collaborazione tra l’associazione Rifugio, No Name Kitchen e ResQ per proporre una serata di approfondimento e confronto su tematiche politiche, ha sicuramente permesso a molte persone di prendere maggior coscienza delle ingiustizie che sembrano avvenire imperterrite lungo i confini della rotta balcanica, ma anche, più in generale lungo le rotte migratorie.
L'iniziativa ha consentito di far conoscere realtà che si impegnano assiduamente per fornire aiuti umanitari e assistenza durante il viaggio, ma anche in seguito alla richiesta di asilo.

ResQ, infatti, in collaborazione con il Centro Farmaceutico Missionario di Valmadrera, si occupa di mettere a disposizione vestiti, immobili, sportelli di aiuto e informazioni per le persone migranti per fornire aiuto e solidarietà, sia in mare che a terra, sostenendosi attraverso campagne di sensibilizzazione, lavori di volontariato e raccolte fondi e donazioni.
Realtà differenti, impegnate nella sensibilizzazione e nella diffusione della corretta informazione riguardo un tema scottante, problematico, che cercano di interagire con esso con l’idea di stare interagendo con esseri umani prima di tutto, detentori di diritti inviolabili.
L.F.