Valaperta: incontro con don Luciano Massari, cappellano dell'istituto Tumori
Nell’anno giubilare dal titolo ''Pellegrini di speranza'', per le giornate del 5 e 6 aprile è stato indetto il giubileo degli ammalati e del mondo della sanità; per questa occasione la Comunità Pastorale Maria Regina di Tutti i Santi di Casatenovo ha organizzato un incontro presso la chiesa di San Carlo di Valaperta che ha visto la presenza del prevosto don Massimo Santambrogio e di don Luciano Massari, cappellano dell’Istituto dei Tumori di Milano che - nel pomeriggio di ieri - ha testimoniato come affronta la quotidianità della sofferenza dei malati e cosa permette di avere speranza di fronte al dolore.

Don Luciano ha portato innanzitutto, attraverso una registrazione audio, l’esperienza di una mamma con un figlio ammalato che di fronte al crocifisso della chiesa dell’ospedale si sentiva inchiodata come Cristo dal dolore per la malattia del figlio: ''Ci hanno insegnato che Gesù è nelle persone che soffrono e anche mio figlio ha questo seme di vita in sé però è difficile abbandonarsi''.
Ciò che sorprende nelle parole di questa donna, ha sottolineato don Luciano, è l’onesta e la verità della fatica che sta vivendo, ma allo stesso tempo la sua posizione di fronte a questo dolore, una posizione non di rabbia ma di desiderio di abbandonarsi a Dio e lasciarsi guidare dal suo progetto, perché certa che tutto concorre per un bene.
Don Luciano ha poi ricordato le parole di un padre che stava attraversando la lotta contro la malattia del figlio, che affermava che Gesù ha scelto la sua croce, mentre lui non aveva avuto la possibilità di farlo. Il religioso ha riflettuto insieme ai presenti all’incontro, in merito al fatto che nemmeno Gesù ha scelto la sua croce, ma ha scelto di amarci anche sulla croce, di amarci fino al dono totale della sua vita per noi. Infatti, solo l’amore sconfigge il dolore e la sofferenza.

''Di fronte a un malato, la cosa più importante non è ciò che posso dire, ma mettersi in ascolto. Quando questo accade in modo vero e sincero, è un aiuto grande a chi soffre'' ha aggiunto don Luciano. ''Ciò dovrebbe valere per tutti nella quotidianità, infatti nella società odierna si ha paura del silenzio che invece spesso parla più di tanti discorsi. Accade che nel dialogo con gli altri siamo tentati di pensare a cosa dobbiamo dire, a come smentire chi ci sta di fronte e così non ascoltiamo veramente ciò che sta dicendo, mentre mettersi in ascolto significa lasciare che l’altro parli al mio cuore, anche se non sono d’accordo con quanto sta dicendo, ma solo in questo modo il dialogo diventa vero. Allora non devo inventare nessuna risposta di fronte a chi soffre in particolare, ma è la condivisione, la relazione sincera che conta ed è l’aiuto più importante, perché abbiamo bisogno di qualcuno che si accorga di noi, per cui siamo importanti''.
''Quando sono arrivato all’Istituto dei Tumori un amico mi aveva consigliato di non guardare negli occhi i malati per non caricarsi troppo della loro sofferenza. Io ci ho pensato a lungo, ma come si fa a non guardarsi negli occhi?'' ha continuato don Luciano, condividendo la sua esperienza.

Nel concludere il proprio intervento il sacerdote ha ricordato che il giubileo degli ammalati è importante perché ci permette di affermare nuovamente che il mio cuore non è indifferente alla sofferenza degli altri. ''È nel dolore che si capiscono i veri amici, si sperimenta chi resta con noi ad attraversare quella prova''.
In ultimo, don Luciano ha richiamato tutti a non desistere dal compiere un’azione buona se possiamo farlo: questi giorni dedicati a chi soffre ci ricordano che nessuno deve mai sentirsi solo.
All’inizio e al termine dell’incontro i fedeli, intervenuti per vivere insieme questo momento di riflessione, hanno potuto pregare insieme per loro stessi, per tutti i malati, i famigliari e il personale sanitario che li assiste, ricevendo infine la benedizione di don Massimo.

Don Luciano Massari e alle sue spalle don Massimo Santambrogio, parroco di Casatenovo
Don Luciano ha portato innanzitutto, attraverso una registrazione audio, l’esperienza di una mamma con un figlio ammalato che di fronte al crocifisso della chiesa dell’ospedale si sentiva inchiodata come Cristo dal dolore per la malattia del figlio: ''Ci hanno insegnato che Gesù è nelle persone che soffrono e anche mio figlio ha questo seme di vita in sé però è difficile abbandonarsi''.
Ciò che sorprende nelle parole di questa donna, ha sottolineato don Luciano, è l’onesta e la verità della fatica che sta vivendo, ma allo stesso tempo la sua posizione di fronte a questo dolore, una posizione non di rabbia ma di desiderio di abbandonarsi a Dio e lasciarsi guidare dal suo progetto, perché certa che tutto concorre per un bene.
Don Luciano ha poi ricordato le parole di un padre che stava attraversando la lotta contro la malattia del figlio, che affermava che Gesù ha scelto la sua croce, mentre lui non aveva avuto la possibilità di farlo. Il religioso ha riflettuto insieme ai presenti all’incontro, in merito al fatto che nemmeno Gesù ha scelto la sua croce, ma ha scelto di amarci anche sulla croce, di amarci fino al dono totale della sua vita per noi. Infatti, solo l’amore sconfigge il dolore e la sofferenza.

''Di fronte a un malato, la cosa più importante non è ciò che posso dire, ma mettersi in ascolto. Quando questo accade in modo vero e sincero, è un aiuto grande a chi soffre'' ha aggiunto don Luciano. ''Ciò dovrebbe valere per tutti nella quotidianità, infatti nella società odierna si ha paura del silenzio che invece spesso parla più di tanti discorsi. Accade che nel dialogo con gli altri siamo tentati di pensare a cosa dobbiamo dire, a come smentire chi ci sta di fronte e così non ascoltiamo veramente ciò che sta dicendo, mentre mettersi in ascolto significa lasciare che l’altro parli al mio cuore, anche se non sono d’accordo con quanto sta dicendo, ma solo in questo modo il dialogo diventa vero. Allora non devo inventare nessuna risposta di fronte a chi soffre in particolare, ma è la condivisione, la relazione sincera che conta ed è l’aiuto più importante, perché abbiamo bisogno di qualcuno che si accorga di noi, per cui siamo importanti''.
''Quando sono arrivato all’Istituto dei Tumori un amico mi aveva consigliato di non guardare negli occhi i malati per non caricarsi troppo della loro sofferenza. Io ci ho pensato a lungo, ma come si fa a non guardarsi negli occhi?'' ha continuato don Luciano, condividendo la sua esperienza.

Nel concludere il proprio intervento il sacerdote ha ricordato che il giubileo degli ammalati è importante perché ci permette di affermare nuovamente che il mio cuore non è indifferente alla sofferenza degli altri. ''È nel dolore che si capiscono i veri amici, si sperimenta chi resta con noi ad attraversare quella prova''.
In ultimo, don Luciano ha richiamato tutti a non desistere dal compiere un’azione buona se possiamo farlo: questi giorni dedicati a chi soffre ci ricordano che nessuno deve mai sentirsi solo.
All’inizio e al termine dell’incontro i fedeli, intervenuti per vivere insieme questo momento di riflessione, hanno potuto pregare insieme per loro stessi, per tutti i malati, i famigliari e il personale sanitario che li assiste, ricevendo infine la benedizione di don Massimo.
C.F.