Kit di Emergenza di 72 Ore per resistere più o meno con stile
Ammettiamolo: l’idea che qualcosa possa andare terribilmente storto nel mondo non è poi così assurda. Anzi, è quasi rassicurante: almeno c’è coerenza. Così, tra un blackout, un’allerta meteo, una crisi energetica, una pandemia, un attacco alieno e la suocera che si autoinvita a cena, arriva lui: il famigerato kit di emergenza di 72 ore, il sacro Graal dei paranoici organizzati e degli scout in pensione.
Questo zaino magico dovrebbe contenere tutto il necessario per sopravvivere tre giorni in totale autonomia, lontano dalle comodità moderne come il Wi-Fi, la moka e i meme su Instagram. Una prova di sopravvivenza? Sì, ma soprattutto una prova di stile, perché anche nel mezzo di un’apocalisse, ci si tiene a non sembrare dei dilettanti.
Partiamo dai documenti. Non si sa mai, potresti dover dimostrare la tua identità a qualcuno che ti salva la vita solo se hai il codice fiscale leggibile. E poi, vogliamo mettere l’eleganza di consegnare una fotocopia plastificata del passaporto mentre il mondo brucia? È puro glamour post-apocalittico.
Poi c’è il cibo. Il sogno proibito dei buongustai: barrette energetiche dal gusto incerto, scatolette misteriose e pasti liofilizzati che sembrano derivati diretti dal cemento armato. Eppure, riescono a darti quel pizzico di conforto, lo stesso che provi mangiando una tavoletta di cioccolato scaduta durante una gita scolastica di una ventina di anni fa quando ero in servizio presso l’Istituto Tecnico Commerciale “Viganò” di Merate, una cittadina che emigrò dalla provincia di Como a quella di Lecco. L’acqua, ovviamente, è sacra. Ma siccome non sei Indiana Jones, ti affidi a delle magiche tavolette purificatrici che trasformano acqua marrone in acqua trasparente… con aroma di piscina abbandonata. Sul fronte igiene, dimentica i Centri Termali, SPA, Hammam, Hotel e Resort. Qualche salvietta umidificata, una dose di dentifricio grande quanto un chicco di riso e il sogno infranto di una doccia calda. Ti lavi a secco, con l’eleganza di un gatto randagio e la convinzione di chi ci crede davvero. Ma almeno, nell’eventualità in cui tu debba fuggire a piedi tra i boschi, lo farai con un alito fresco.
La parte “tecnica” del kit è la più emozionante. Hai una torcia a manovella che produce luce sufficiente per non inciampare nel tuo stesso zaino. Hai una radio a dinamo per ascoltare notizie rassicuranti come "l’intera zona è compromessa" o “non mangiate i funghi rosa”. E poi il coltellino multiuso: 37 funzioni, 36 delle quali ti sono assolutamente sconosciute. Ma lo tieni lì, perché fa scena.
L’abbigliamento è un altro punto chiave. Ti vesti a cipolla, con strati su strati, sembri un incrocio tra un montanaro e un partecipante di “Survivor” alla deriva. Il poncho antipioggia ti dona quell’allure da insaccato futurista, mentre le calze termiche ti ricordano che, se anche tutto va a rotoli, almeno le dita dei piedi saranno al caldo.
Infine, arriva il momento della difesa personale. Spray al peperoncino, alla mela, alla banana, con un fischietto e uno sguardo torvo. Non serviranno, forse, ma almeno avrai qualcosa da stringere tra le mani mentre invochi la calma interiore e maledici di non aver fatto quel corso di krav maga nel 2018.
La verità è che il kit di emergenza di 72 ore non è solo uno zaino. È una dichiarazione d’intenti. È la prova che, in fondo, speri ancora di cavartela quando il caos bussa alla porta. O almeno di poterlo fare con un minimo di dignità e con abbastanza carta igienica. Perché alla fine, l’importante non è solo sopravvivere. È sopravvivere con un sorriso ironico e magari un cioccolatino di scorta. Perché il mondo può anche crollare, ma tu sei preparato. Forse. E a proposito di essere veramente pronti, diciamocelo: se stai ristrutturando casa, non è forse il momento ideale per pensare in grande? Altro che cantina, taverna o garage per la macchina, qui si parla di bunker sotterraneo in cemento armato, da realizzare con l’ennesimo bonus edilizio – magari un 140% rinato dalle sue stesse ceneri, come una fenice incentivata dallo Stato o direttamente da Bruxelles.
Certo, servirà una legge nazionale, forse addirittura europea, e ovviamente l’ok del mitico ufficio tecnico comunale, del genio civile, che dovranno esaminare con grande attenzione il progetto del tuo rifugio anti-tutto. Ma se si parte con i lavori in estate, tra un aperitivo e un getto di cemento, potresti avere tutto pronto giusto in tempo per l’autunno radioattivo, o qualsiasi altra sorpresa che il mondo deciderà di tirare fuori dal cappello. Perché sì, il futuro è incerto. Ma una cosa è sicura: se c’è un bunker sotto casa e qualcuno ha pagato anche le finiture, il caos fa decisamente meno paura.
Questo zaino magico dovrebbe contenere tutto il necessario per sopravvivere tre giorni in totale autonomia, lontano dalle comodità moderne come il Wi-Fi, la moka e i meme su Instagram. Una prova di sopravvivenza? Sì, ma soprattutto una prova di stile, perché anche nel mezzo di un’apocalisse, ci si tiene a non sembrare dei dilettanti.
Partiamo dai documenti. Non si sa mai, potresti dover dimostrare la tua identità a qualcuno che ti salva la vita solo se hai il codice fiscale leggibile. E poi, vogliamo mettere l’eleganza di consegnare una fotocopia plastificata del passaporto mentre il mondo brucia? È puro glamour post-apocalittico.
Poi c’è il cibo. Il sogno proibito dei buongustai: barrette energetiche dal gusto incerto, scatolette misteriose e pasti liofilizzati che sembrano derivati diretti dal cemento armato. Eppure, riescono a darti quel pizzico di conforto, lo stesso che provi mangiando una tavoletta di cioccolato scaduta durante una gita scolastica di una ventina di anni fa quando ero in servizio presso l’Istituto Tecnico Commerciale “Viganò” di Merate, una cittadina che emigrò dalla provincia di Como a quella di Lecco. L’acqua, ovviamente, è sacra. Ma siccome non sei Indiana Jones, ti affidi a delle magiche tavolette purificatrici che trasformano acqua marrone in acqua trasparente… con aroma di piscina abbandonata. Sul fronte igiene, dimentica i Centri Termali, SPA, Hammam, Hotel e Resort. Qualche salvietta umidificata, una dose di dentifricio grande quanto un chicco di riso e il sogno infranto di una doccia calda. Ti lavi a secco, con l’eleganza di un gatto randagio e la convinzione di chi ci crede davvero. Ma almeno, nell’eventualità in cui tu debba fuggire a piedi tra i boschi, lo farai con un alito fresco.
La parte “tecnica” del kit è la più emozionante. Hai una torcia a manovella che produce luce sufficiente per non inciampare nel tuo stesso zaino. Hai una radio a dinamo per ascoltare notizie rassicuranti come "l’intera zona è compromessa" o “non mangiate i funghi rosa”. E poi il coltellino multiuso: 37 funzioni, 36 delle quali ti sono assolutamente sconosciute. Ma lo tieni lì, perché fa scena.
L’abbigliamento è un altro punto chiave. Ti vesti a cipolla, con strati su strati, sembri un incrocio tra un montanaro e un partecipante di “Survivor” alla deriva. Il poncho antipioggia ti dona quell’allure da insaccato futurista, mentre le calze termiche ti ricordano che, se anche tutto va a rotoli, almeno le dita dei piedi saranno al caldo.
Infine, arriva il momento della difesa personale. Spray al peperoncino, alla mela, alla banana, con un fischietto e uno sguardo torvo. Non serviranno, forse, ma almeno avrai qualcosa da stringere tra le mani mentre invochi la calma interiore e maledici di non aver fatto quel corso di krav maga nel 2018.
La verità è che il kit di emergenza di 72 ore non è solo uno zaino. È una dichiarazione d’intenti. È la prova che, in fondo, speri ancora di cavartela quando il caos bussa alla porta. O almeno di poterlo fare con un minimo di dignità e con abbastanza carta igienica. Perché alla fine, l’importante non è solo sopravvivere. È sopravvivere con un sorriso ironico e magari un cioccolatino di scorta. Perché il mondo può anche crollare, ma tu sei preparato. Forse. E a proposito di essere veramente pronti, diciamocelo: se stai ristrutturando casa, non è forse il momento ideale per pensare in grande? Altro che cantina, taverna o garage per la macchina, qui si parla di bunker sotterraneo in cemento armato, da realizzare con l’ennesimo bonus edilizio – magari un 140% rinato dalle sue stesse ceneri, come una fenice incentivata dallo Stato o direttamente da Bruxelles.
Certo, servirà una legge nazionale, forse addirittura europea, e ovviamente l’ok del mitico ufficio tecnico comunale, del genio civile, che dovranno esaminare con grande attenzione il progetto del tuo rifugio anti-tutto. Ma se si parte con i lavori in estate, tra un aperitivo e un getto di cemento, potresti avere tutto pronto giusto in tempo per l’autunno radioattivo, o qualsiasi altra sorpresa che il mondo deciderà di tirare fuori dal cappello. Perché sì, il futuro è incerto. Ma una cosa è sicura: se c’è un bunker sotto casa e qualcuno ha pagato anche le finiture, il caos fa decisamente meno paura.
Agostino Del Buono