Sirone e Lomagna: cittadini a processo per timbri fasulli ma erano essi stessi vittime

Sono finiti a processo con l’accusa di avere falsificato il timbro dell’ambasciata italiana in Senegal per ottenere la cittadinanza. In realtà erano loro stessi, oggi imputati davanti al giudice Paolo Salvatore, le vittime di un ampio sodalizio criminale, poi smantellato dalle autorità africane, dedito al rilascio dei documenti in tempi rapidi, tramite agenzie riconosciute che però agivano illecitamente.
Oltre al danno, il mancato ottenimento della cittadinanza, anche la beffa con le persone che si sono trovate a processo accusate di avere falsificato gli atti. Accuse che però sono cadute a fronte della scoperta di un disegno criminoso, molto più ampio e articolato, e a loro ignoto e non imputabile.
Il magistrato, infatti, accogliendo la richiesta dello stesso vpo Pietro Bassi che aveva parlato di soggetti senza scrupoli che si erano approfittati della buona fede delle persone, ne ha disposto l’assoluzione in base al secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale, in quanto il fatto non costituisce reato.
Difesi dall’avvocato Laura Rota del foro di Lecco, gli imputati erano mamma e figlio residenti a Sirone e un uomo di Lomagna. A raccontare la vicenda è stato Ass Casset, responsabile della CGIL per l’ufficio immigrazioni e pratiche, che ha notiziato circa l’avvenuta richiesta delle tre persone della cittadinanza italiana. Raccolti i documenti e presentati alle autorità competenti, era arrivata però dalla Prefettura la segnalazione della falsità circa il timbro dell’ambasciata italiana a Dakar.
Non potendo affrontare un viaggio e una permanenza, senza un lasso di tempo definito, nel paese di origine i tre imputati (due distinti procedimenti a cui erano sottoposti, ma medesima la testimonianza di Casset) si erano affidati ad alcuni famigliari che a loro volta si erano rivolti ad agenzie specializzate in loco, riconosciute dalle autorità ma che in realtà si è scoperto successivamente, visti i numerosi casi presentatisi, agire in maniera fraudolenta.
Ottenuto un compenso le agenzie, che spesso fermavano anche i richiedenti all’esterno delle ambasciate, fornivano tempo qualche giorno il documento con il timbro (falso) agli ignari cittadini o parenti che poi provvedevano a spedirli in Italia.
Quando le segnalazioni di numerosi timbri fasulli avevano iniziato a pervenire alle autorità, era scattata una indagine culminata con arresti all’interno di queste agenzie. I richiedenti si erano trovati nel frattempo implicati in un procedimento penale con l’accusa di avere violato l’articolo 489 del codice penale.
Nel 2023 il Senegal aveva aderito alla convenzione dell’AIA bypassando così lo step presso le ambasciate e l’applicazione del timbro direttamente dai ministeri.
Questa mattina per i tre imputati è arrivata l’assoluzione.
S.V.
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