Germano Bosisio: ma il giornalismo fa il cane da guardia del potere?

in questi giorni siamo particolarmente tempestati da servizi mediatici quotidiani che in modo preoccupato ci descrivono un' allarmante situazione del "sistema economico/finanziario" nelle sue varie articolazioni.
Ma la gran parte del cosiddetto "coro mediatico", contrariamente al ruolo "da cane da guardia" che dovrebbe svolgere, si appiattisce su "ricostruzioni" di cause ed effetti veicolando concetti e parametri monodirezionali tipici di quello che alcuni definiscono il "pensiero unico dominante".
L'esempio tipico è rappresentato dai commenti sull'andamento dei cosiddetti mercati finanziari e borsistici ( con le loro micidiali ricadute a cascata sulla vita quotidiana di milioni di persone ) dove si cerca , rincorrendo presunti guru dell'economia, disperatamente di fornire plausibilità e spiegazioni solo apparentemente "razionali" ad oscillazioni che anche un bambino definirebbe esclusivamente speculative e di brevissimo periodo.
Mi permetto, per evidenziarne l'incoerenza monodirezionale su di un piano informativo e quindi "formativo" delle coscienze, di riportare qui di seguito un significativo estratto dell'articolo " Profitto subito, profitto tanto" di Andrea Baranes contenuto nel piccolo dossier "Ricchezza e povertà, le immutabili ingiustizie del sistema economico" inserito nel numero di gen/febbr. 2016 di "Missioni Consolata" ( che vi allego per una vostra miglior e più completa comprensione e che, se fosse possibile, vi chiederei di pubblicare integralmente ).
E' mai possibile che simili documentate ed autorevoli voci non trovino spazio ed appropriata divulgazione sui grandi media? Forse perché è "inopportuno" rendere consapevoli le persone di meccanismi più o meno mascherati alla base di certe situazioni ? o anche solo presentare loro "chiavi interpretative" alternative quanto socialmente e democraticamente "pericolose" per il "pensiero unico dominante" ?
Sarà un caso che parti coraggiose del mondo ecclesiale, sollecitate dalle esplicite "denunce" di papa Francesco ( vedi in particolare l' "Evangelii gaudium" - Questa economia uccide... - e la "Laudato sii" ), siano in prima fila e tra i pochissimi nel contribuire a fornire "rappresentazioni" non conformistiche di cause ed effetti di questa situazione strutturale?
PS. Invito tutti a leggere interamente il piccolo dossier o perlomeno l'articolo in oggetto
Dall'inizio dell'articolo "Profitto subito, profitto tanto" di Andrea Baranes:
"Siamo al paradosso: hanno ribaltato le cause e conseguenze della crisi. Questa sarebbe responsabilità della spesa pubblica e dello stato spendaccione. In realtà è la finanza privata che ha prodotto la recessione e la crisi. Impunita, oggi essa ha ricominciato a fare danni su scala mondiale.
La finanza dovrebbe essere uno strumento per fare incontrare chi ha un risparmio con chi ha bisogno di un prestito. Nei termini più semplici, una sorta di "mercato dei soldi".
Se voglio comprare delle mele vado al mercato, luogo di incontro tra il cittadino (l'offerta) e i clienti (la domanda). In maniera analoga, le banche sono nate per raccogliere il risparmio di cittadini e famiglie al fine di prestarlo ad altri. Il paragone con un mercato diventa ancor più calzante riguardo le borse valori, non a caso spesso indicate come mercati finanziari. La loro funzione originaria era quella di far incontrare stati ed imprese che necessitavano di capitali con i risparmiatori che avevano soldi da investire. Oggi la finanza ha, in massima parte, perso questo suo ruolo di strumento sociale trasformandosi in un fine in sé stessa : fare "soldi dai soldi" e nel più breve tempo possibile.
Una sterminata quantità di denaro insegue ogni giorno profitti a breve termine, mentre mancano risorse per il sistema produttivo, i servizi pubblici, i beni comuni. Negli USA il 70% delle operazioni sui mercati finanziari è eseguito da computer, senza nessun intervento umano. In Europa tali operazioni sarebbero "solo" il 40% del totale. E' il cosiddetto "high frequency trading" o commercio ad alta frequenza, in cui le transazioni sono realizzate nell'arco di pochi millesimi di secondo per guadagnare su minuscole oscillazioni dei prezzi.
Il dominio della speculazione
Una massa incalcolabile di capitali speculativi genera instabilità e crisi e nel contempo viene sottratta all'economia reale. Non solo si muove ben oltre i confini della legalità, non solo crea disastri, ma al culmine del paradosso questo sistema finanziario non riesce nemmeno a fare quello che dovrebbe fare : domanda ed offerta di denaro non si incontrano. Da un lato posso scommettere persino sul prezzo del cibo e delle materie prime; dall'altro centinaia di milioni di persone, in particolare nelle aree rurali, sono escluse dall'accesso al credito. Di fatto oggi la finanza è il più inammissibile e macroscopico fallimento di mercato.
Peggio ancora, l'instabilità e la volatilità non sono degli spiacevoli aspetti collaterali non prevedibili, ma la base stessa del gioco. Se compro un titolo per 100 euro allo scopo di rivenderlo a 101 euro, ho realizzato una speculazione, ma il margine di profitto è bassissimo. Se invece il titolo è in preda a forti oscillazioni e i prezzi sono instabili, posso realizzare maggiori profitti. In una spirale perversa la stessa speculazione è oggi in grado di generare le oscillazione su cui poi andrà a guadagnare : più scommesse girano su un dato titolo, più i prezzi rischiano di impazzire e più crescono le possibilità di profitti a breve termine, attirando nuovi squali. Dalle materie prime ai titoli di stato, tutto passa oggi dal tritacarne della speculazione. E' questa la manifestazione più evidente della cosiddetta finanziarizzazione di ogni attività umana : il bisogno di alimentare una continua estrazione di ricchezza per tenere in piedi un sistema instabile e letteralmente insostenibile.
Per conseguire questo obiettivo, la finanza deve piegare l'intera società e le decisioni politiche ai propri desiderata, come infatti è avvenuto negli ultimi anni. Siamo arrivati a ribaltare cause e conseguenze della crisi : passa l'idea che la finanza pubblica sia il problema, quella privata la soluzione. La crisi sarebbe legata ad un debito pubblico troppo alto, a bilanci fuori controllo a causa di un eccesso di welfare e spesa sociale.
L'Italia è uno dei casi più evidenti, con un rapporto tra debito e Pil che ha superato il 130% .(2)
Il nostro Paese ha sempre avuto un debito alto, ma da un valore ben superiore al 120% intorno alla metà degli anni '90, il rapporto debito /Pil è poi costantemente sceso, fino ad arrivare al 103% nel 2008. Una diminuzione di quasi 20 punti in meno di 15 anni non è certo l'andamento di uno "stato spendaccione" o di cittadini che "hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità", come ci viene quotidianamente ripetuto.
Con numeri diversi, la tendenza è la stessa in tutte le principali economie occidentali : rapporto debito/Pil quasi costante per oltre un decennio, poi improvviso aumento dopo il 2008. Considerato che negli ultimi anni abbiamo subito pesanti tagli alla spesa pubblica senza risolvere i problemi, chiaramente le cause della crisi vanno ricercate altrove''.