Dolzago: sotto minaccia avrebbe estorto a un commerciante 20.000 euro, a processo
Per un intero anno avrebbe preteso denaro, ricevendolo. Si è aperto nella mattinata odierna, al cospetto del giudice monocratico del Tribunale di Lecco Salvatore Catalano, il procedimento penale intentato nei confronti di Giovanni P., ex autotrasportatore con casa nel milanese, chiamato a rispondere di estorsione ai danni di un esercente di Dolzago, residente in un comune della zona.
Imputato e persona offesa (costituitasi parte civile tramite l'avvocato Micheletti del Foro di Bergamo) hanno quest'oggi avuto la possibilità di raccontare la loro versione dei fatti, l'una non conciliabile con l'altra. Dopo il quadro generale tracciato da uno degli operanti dell'Arma dei Carabinieri che si è occupato del "caso", si è infatti entrati nel vivo con l'escussione del negoziante che - non senza evidente difficoltà - ha spiegato di aver conosciuto la controparte per ragioni squisitamente di lavoro, trattandosi dell'addetto alla consegne di un proprio fornitore.
"Nel 2006-2007 mi ha venduto della merce in nero. Poi non l'ho più visto" ha ricordato, puntualizzando di avere corrisposto quanto concordato per quel materiale acquistato senza bolla, per un importo complessivo d circa 8-10.000 euro. "Nel gennaio del 2013 è arrivato fuori dal negozio a chiedere dei soldi".
Sarebbero così iniziati 12 mesi in balia delle pretese del padroncino. "Mi minacciava, diceva che mi denunciava per aver comprato in nero, poteva far del male alla mia famiglia" ha proseguito il titolare dell'attività dolzaghese, parlando di iniziali 10.000 euro chiesti da Giovanni P., a suo dire da rigirare alla società per cui lo stesso lavorava per chiudere un contenzioso originato dalla sparizione di merce. "Mi ha detto che avevano denunciato per quanto aveva rubato e che quei soldi gli servivano per risolvere la cosa. Per non avere problemi ho cercato di dagli quanto chiedeva, in contanti e quando non li avevo dandogli della merce che avevo in negozio. Avevo paura che mi denunciasse e mi facesse del male. Ma ogni 15 giorni mi chiamava, diceva "se non mi dai i soldi dico tutto a tua moglie" o che mi mandava i calabresi, soggetti dai quali si era fatto prestare del denaro che doveva restituire. Sono andato avanti a pagare da gennaio a fine 2013, quando all'inizio di dicembre ho denunciato tutto ai Carabinieri".
20.000 euro, circa, la cifra - a detta della persona offesa - corrisposta senza alcuna reale giustificazione a Giovanni P., con 15.000 euro in soldoni e la restante parte "colmata" con prodotti prelevati dagli scaffali del proprio store, destando qualche sospetto nella consorte, pur non sempre presente in "bottega", per ragioni di salute, pur essendone la co-titolare.
Ha collocato nel 2008, invece, il loro primo incontro l'imputato, parlando di un open-day presso la sede della società per la quale lui (da esterno) lavorava e presso la quale il dolzaghese si riforniva. "L'ho conosciuto tramite un dipendente, un magazziniere" ha aggiunto, raccontando di un presunto accordo intercorso tra il negoziante e quest'altro soggetto, tramite il quale il primo avrebbe negli anni acquistato "total black" mercanzia per 100.000 euro. "Mi caricava sul camion merce per i clienti con la bolla e merce da portare a casa mia. Mi diceva di tenerla lì e quando mi dava il via la portavo a Dolzago. Non sapevo si trattasse di merce rubata".
Per questi supposti trasporti "mi avevano promesso un pagamento che non è mai avvenuto". 2.500 euro la cifra a lui spettante, secondo quanto argomentato in Aula, sottoponendosi ad esame e rispondendo così alle domande del proprio difensore, l'avvocato Francesca Allegra, della parte civile e del viceprocuratore onorario Mattia Mascaro.
"Non l'ho minacciato" ha aggiunto, salvo poi ammettere di aver avvicinato in un'occasione la moglie dell'esercente (ma solo con l'intenzione di metterla a conoscenza dalla questione) e di aver mandato un sms lasciando presagire conseguenza in caso di diniego. I messaggi ricevuti dalla persona offesa e una telefonata tra i due "contendenti" intercorsa direttamente in Caserma, su suggerimento dei Carabinieri, in sede di denuncia-querela, saranno ora trascritti per entrare poi nel fascicolo processuale. La causa è stata aggiornata l'8 settembre.
Imputato e persona offesa (costituitasi parte civile tramite l'avvocato Micheletti del Foro di Bergamo) hanno quest'oggi avuto la possibilità di raccontare la loro versione dei fatti, l'una non conciliabile con l'altra. Dopo il quadro generale tracciato da uno degli operanti dell'Arma dei Carabinieri che si è occupato del "caso", si è infatti entrati nel vivo con l'escussione del negoziante che - non senza evidente difficoltà - ha spiegato di aver conosciuto la controparte per ragioni squisitamente di lavoro, trattandosi dell'addetto alla consegne di un proprio fornitore.
"Nel 2006-2007 mi ha venduto della merce in nero. Poi non l'ho più visto" ha ricordato, puntualizzando di avere corrisposto quanto concordato per quel materiale acquistato senza bolla, per un importo complessivo d circa 8-10.000 euro. "Nel gennaio del 2013 è arrivato fuori dal negozio a chiedere dei soldi".
Sarebbero così iniziati 12 mesi in balia delle pretese del padroncino. "Mi minacciava, diceva che mi denunciava per aver comprato in nero, poteva far del male alla mia famiglia" ha proseguito il titolare dell'attività dolzaghese, parlando di iniziali 10.000 euro chiesti da Giovanni P., a suo dire da rigirare alla società per cui lo stesso lavorava per chiudere un contenzioso originato dalla sparizione di merce. "Mi ha detto che avevano denunciato per quanto aveva rubato e che quei soldi gli servivano per risolvere la cosa. Per non avere problemi ho cercato di dagli quanto chiedeva, in contanti e quando non li avevo dandogli della merce che avevo in negozio. Avevo paura che mi denunciasse e mi facesse del male. Ma ogni 15 giorni mi chiamava, diceva "se non mi dai i soldi dico tutto a tua moglie" o che mi mandava i calabresi, soggetti dai quali si era fatto prestare del denaro che doveva restituire. Sono andato avanti a pagare da gennaio a fine 2013, quando all'inizio di dicembre ho denunciato tutto ai Carabinieri".
20.000 euro, circa, la cifra - a detta della persona offesa - corrisposta senza alcuna reale giustificazione a Giovanni P., con 15.000 euro in soldoni e la restante parte "colmata" con prodotti prelevati dagli scaffali del proprio store, destando qualche sospetto nella consorte, pur non sempre presente in "bottega", per ragioni di salute, pur essendone la co-titolare.
Ha collocato nel 2008, invece, il loro primo incontro l'imputato, parlando di un open-day presso la sede della società per la quale lui (da esterno) lavorava e presso la quale il dolzaghese si riforniva. "L'ho conosciuto tramite un dipendente, un magazziniere" ha aggiunto, raccontando di un presunto accordo intercorso tra il negoziante e quest'altro soggetto, tramite il quale il primo avrebbe negli anni acquistato "total black" mercanzia per 100.000 euro. "Mi caricava sul camion merce per i clienti con la bolla e merce da portare a casa mia. Mi diceva di tenerla lì e quando mi dava il via la portavo a Dolzago. Non sapevo si trattasse di merce rubata".
Per questi supposti trasporti "mi avevano promesso un pagamento che non è mai avvenuto". 2.500 euro la cifra a lui spettante, secondo quanto argomentato in Aula, sottoponendosi ad esame e rispondendo così alle domande del proprio difensore, l'avvocato Francesca Allegra, della parte civile e del viceprocuratore onorario Mattia Mascaro.
"Non l'ho minacciato" ha aggiunto, salvo poi ammettere di aver avvicinato in un'occasione la moglie dell'esercente (ma solo con l'intenzione di metterla a conoscenza dalla questione) e di aver mandato un sms lasciando presagire conseguenza in caso di diniego. I messaggi ricevuti dalla persona offesa e una telefonata tra i due "contendenti" intercorsa direttamente in Caserma, su suggerimento dei Carabinieri, in sede di denuncia-querela, saranno ora trascritti per entrare poi nel fascicolo processuale. La causa è stata aggiornata l'8 settembre.
A.M.