Briosco: al seminario della Polizia Locale il pool di Mani Pulite e il questore di Lecco

La suggestiva cornice della seicentesca Villa Medici Gulini a Briosco ha ospitato uno dei seminari formativi per le forze di polizia, promosso dalla Polizia Locale in collaborazione con l’amministrazione del paese. Per l’occasione sono stati invitati giudici, giornalisti e tre membri del pool di Mani Pulite.

Il primo a prendere la parola è stato il Presidente V^ Sez. Penale Tribunale di Milano, il giudice Ambrogio Moccia, che nel suo intervento ha duramente criticato il recente Decreto Minniti per la poca chiarezza nella definizione di “sicurezza urbana” e per la modifica del concetto di flagranza.

Il giudice del tribunale di Milano, Ambrogio Moccia

“E’ una legge scritta in termini giornalistici che nasce dall’emozionalità” ha concluso, attirandosi la replica del questore di Lecco Filippo Guglielmino che, seduto in prima fila, ha voluto ribadire le “finalità più ampie rispetto alla sola definizione di nuovi reati” del Decreto Minniti e il suo obbiettivo di “promuovere maggior coordinamento tra autorità locali e forze di sicurezza”. La parola è passata poi a Federico Novella, conduttore del TG4 di Mediaset, che ha dedicato il suo intervento alle trasformazioni conosciute dal giornalismo nell’ultimo decennio.

Il giornalista di Mediaset, Federico Novella

“Nel settore l’arrivo di internet ha rappresentato una vera rivoluzione con una crescita dirompente delle informazioni a disposizione. Spesso ci si chiede anche se il mestiere del giornalista possa avere ancora un senso nel mondo di oggi” si è chiesto Novella, aggiungendo una serie di dati sulla crisi economica del settore editoriale: crollo delle entrate pubblicitarie, diminuzione di vendite e numero di lettori.

Antonio Di Pietro premia il questore di Lecco, Filippo Guglielmino

A suo parere, gli eventuali rischi sono dietro l’angolo: bulimia informativa e assenza di un filtro professionale. Nonostante questo ritratto a tinte fosche del settore dell’informazione, Novella ha concluso ribadendo la convinzione che sarà possibile trovare un nuovo equilibrio perché “le persone sono ancora in cerca di qualità”, distinguendo tra vere e false notizie.

Dopo la consegna di alcune onorificenze ai corpi di pubblica sicurezza presenti, tra cui al Questore di Lecco per l’impegno di tutta la Questura nel contrasto alle attività illecite, dietro al tavolo dei relatori si è seduto quello che è stato il pool di Mani Pulite quasi al completo: il magistrato Piercamillo Davigo, presidente della II Sezione Penale presso la Corte suprema di Cassazione, l’ex procuratore del tribunale di Milano Antonio Di Pietro e l’ex magistrato Gherardo Colombo. Il primo intervento è toccato a Davigo che ha ricordato come “nel 1992 neppure gli italiani sapevano ci fosse una tale corruzione”.

Quelle indagini però, non hanno trasformato la condotta dei politici italiani che più che cambiare hanno preferito cambiare le leggi. “Il guaio è che i governi sia di centrodestra che di centrosinistra si sono impegnati per impedire le indagini sulla corruzione” non ha avuto peli sulla lingua il magistrato Davigo nello scagliarsi contro i politici che, a suo parere, “hanno smesso di vergognarsi, non di rubare”.

Al suo intervento hanno fatto eco le parole di Gherardo Colombo che, dopo essere stato pubblico ministero a Milano nel periodo clou delle inchieste di Mani Pulite, ha deciso di abbandonate la magistratura nel 2007. Il suo commento sull’eredità di quegli anni è decisamente disincantato: “Il più grande insegnamento che ci ha lasciato quel periodo? La corruzione non si può affrontare e risolvere solo per via giudiziaria, altrimenti si rafforza solo il senso di impunità”.

Sui rapporti, spesso conflittuali, tra politica e magistratura è intervenuto l’ex magistrato e ex politico Antonio Di Pietro. Portando l’esempio del film “Portaborse” di un anno precedente all’avvio dell’inchiesta di Mani Pulite, ha voluto commentare le parole di Davigo, specificando che c’era consapevolezza della corruzione ma “si pensava che così funzionasse il paese”.

Sugli esiti delle inchieste Di Pietro ha ammesso di non aver visto in Mani Pulite “una vittoria perché siamo stati fermati” ha detto, facendo riferimento alle due relazioni del COPASIR disponibili sul suo sito (clicca QUI). Chiara conseguenza di quel periodo è stata anche il “vuoto politico” che ha caratterizzato da lì in avanti la politica italiana.

Dopo questo primo giro di domande e interventi, il tempo rimasto è stato utilizzato per analizzare a fondo alcune delle questioni emerse venticinque anni fa e il dibattito politico di oggi. Alle indiscrezioni che lo vogliono candidato premier per il Movimento 5 Stelle, infatti, Davigo ha voluto rispondere chiaramente, escludendo questa ipotesi. “Il problema di un magistrato in politica è che non è capace di ragionare in termini di consenso, non cercando applausi né risultando cortigiano. Per questo i parametri tra politica e magistratura sono diversi: spiacere è il mio piacere” ha detto, citando una frase della canzone “Cirano” di Francesco Guccini.

Secondo lui, è la classe politica nazionale a vere grossi responsabilità per la situazione attuale mentre per Colombo, intervenuto dopo di lui, “il problema è più diffuso: tracciare una bella linea per dividere magistrati buoni e politici cattivi può essere rassicurante ma la realtà è più complessa”. Eppure secondo Davigo “viviamo in un sistema malato che più si sale più è malato”. Per questo è importante che il cambiamento parta dal singolo cittadino perché, ha commentato Colombo, “non vale più l’alibi di seguire le leggi come pecore”. Il suo focus sul singolo cittadino non ha convinto del tutto il magistrato Davigo che ha fatto replicato, facendo riferimento a una serie di problema sistemici. “Non sono sicuro che in altri paesi la situazione sia migliore ma perlomeno, in questo paese, è garantita l’indipendenza del PM” ha detto, focalizzando la sua attenzione sulle mancanze del sistema partitico italiano: “in Italia i partiti non hanno regole certe” e spesso hanno difficoltà a cacciare le persone indegne nei loro ranghi. “Non è necessario che qualcuno venga condannato per sbatterlo fuori, a volte sono sufficiente le parole usate per difenderlo” ha continuato Davigo, portando il caso del direttore sanitario dell’ASL di Pavia che, arrestato per associazione mafiosa e corruzione elettorale nel 2010, si difendeva dicendo di essere affascinato dall’idea di essere considerato un malavitoso della ‘Ndrangheta.

Una difesa peggiore dell’accusa secondo il presidente della II Sezione Penale presso la Corte suprema di Cassazione che ha spiegato come la politica dovrebbe ripulirsi e distanziarsi da certi personaggi ancor prima delle sentenze della magistratura. In conclusione, Di Pietro si è anche augurato che venga rivisto l’istituto dell’avviso di garanzia mentre Colombo ha ribadito il ruolo fondamentale dell’educazione sia per i magistrati che per la società. In questo senso la consegna della cittadinanza onoraria di Briosco a Gherardo Colombo è stato sicuramente un segnale.
Alessandro Pirovano
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