Annone: Monsignor Navoni presenta il codice atlantico e il genio di Leonardo

Alla scoperta del codice atlantico di Leonardo con una guida d'eccezione. Monsignor Marco Navoni, canonico maggiore del Duomo di Milano e viceprefetto della biblioteca Ambrosiana, è stato relatore della serata promossa dalla biblioteca di Annone, in collaborazione con i comuni di Annone e Oggiono e con la parrocchia. L'incontro di giovedì 27 giugno avrebbe dovuto tenersi nella chiesa di San Giorgio, ma è stato spostato nella parrocchiale per il caldo eccessivo di questi giorni.

Monsignor Marco Navoni

A fare gli onori di casa il sindaco Patrizio Sidoti e il promotore di queste iniziative culturali, Stefano Perego che ha letto il messaggio inviato dal Cardinale Angelo Scola. Costui, complimentandosi per questa proposta e per il relatore intervenuto, si è detto - nella lettera di cui è stata data lettura integrale - impossibilitato a partecipare per motivi di salute. "Il Cardinale aveva partecipato alla cerimonia di inaugurazione del Politttico. Auspicava che la chiesa di San Giorgio non fosse solo un luogo di culto ma anche di cultura. Il suo messaggio ci sprona a proseguire in questa direzione" ha affermato Perego.

In primo piano il sindaco Patrizio Sidoti e a sinistra Stefano Perego

Per i numerosi presenti non è stato difficile seguire la relazione di Monsignor Navoni che, con la sua esposizione chiara e fluente, ha fatto emergere tutta la genialità di Leonardo, raccontando persino qualche simpatico aneddoto.
Di origini fiorentine, lo scienziato arriverà a Milano appena trentenne alla corte di Ludovico il Moro, dove resterà ininterrottamente per quasi vent'anni. La prima volta si fermerà fino al 1500; ritornerà poi dal 1508 al 1513, prima di trasferirsi ad Amboise, in Francia, alla corte di Re Francesco I, per il quale lavorerà come architetto e ingegnere.

"Il profondo radicamento con Milano viene messo in evidenza dalla sua produzione. Quando si trasferirà in Francia porterà tutti i manoscritti che lascerà poi nelle mani del suo discepolo prediletto, Francesco Melzi, giovane rampollo di una delle più nobili famiglie aristocratiche milanesi". L'erede universale di tutta la produzione leonardesca porterà quindi i manoscritti a Villa Melzi a Vaprio d'Adda: li conserverà con grande devozione, ma altrettanto non accadrà dopo la sua morte quando si assisterà a una dispersione dei documenti da parte degli eredi che non avranno la medesima attenzione di Francesco.

In prima fila a destra Chiara Narciso e Giovanni Corti, sindaco e assessore di Oggiono

All'inizio del 1600, 1.119 fogli entreranno in possesso di Pompeo Leone, figlio di Leone Leoni, l'architetto scultore. "Dal momento che tutti i fogli avevamo dimensioni diverse, fa un passpartout e crea fogli delle stesse dimensioni per evitare dispersioni. Per farlo, userà la misura di fogli più grande che allora veniva usata nelle tipografie. Lo standard era quello per confezionare gli atlanti: da qui il nome di codice atlantico. Dunque il nome non dice nulla del contenuto, ma solo del formato dei fogli. Ci racconta però della mente oceanica di Leonardo in quanto contiene novelle autobiografiche, ricette per fare colori, disegni, progetti di ingegneria miliare (per Lodovico il Moro), civile, studi di idraulica e architettura" ha spiegato Monsignor Navoni.
Il codice, custodito oggi al biblioteca Ambrosiana di Milano, conserva fogli che gli studiosi datano dal 1478 al 1519, anno della morte di Leonardo.

Tale codice ha avuto una lunga vicenda storica: giunge tra le mani del conte Galeazzo Arconati, provetto cultore d'arte che, il 22 gennaio 1637, con un atto di regale munificenza, lo dona alla biblioteca Ambrosiana, che aveva aperto da appena trent'anni. Qui hanno riposato sicuri fino all'incursione napoleonica. Il 24 maggio 1796 Napoleone entrerà a Milano e farà razzia di una serie di opere e, nell'elenco, si trovano anche le "les ouvrages de Leonardo d'Avinci" con un chiaro errore di scrittura del cognome, ma tant'è. Le opere sono finite nel paese d'Oltralpe e bisognerà attendere la Restaurazione (post consiglio di Vienna del 1815) per vederle tornare in patria. Anche qui però c'è qualche incomprensione. L'ex generale in pensione incaricato dall'impero Austro-Ungarico inviato a Parigi li scambia per manoscritti cinesi. Fortunatamente le sorti del codice atlantico mutano grazie all'intervento del commissario del papa, Antonio Canova, che riconosce le opere e riesce a farle tornare a Milano, dove ancora oggi sono conservate.

Monsignor Navoni ha poi passato in rassegna alcuni dei progetti contenuti nel codice, mostrando l'ecletticità di Leonardo. Oltre alla mappa sui laghi Briantei con la quale si è in qualche modo reso cartografo, ha progettato macchine per scavare canali (ideando l'antesignano della "talpa"), una macchina per il "girarrosto" automatico, i progetti idraulici sui navigli, il progetto d'automobile ovvero un carrello semovente in grado di muoversi senza trazione umana e all'epoca usato come macchina scenica per il teatro così come le ali meccaniche, ideate studiando il volo degli uccelli.

"Leonardo riprende macchine e progetti a lui precedenti cercando di ottimizzarli, renderli più produttivi, ovvero innova la tradizione rendendola più efficiente. Non era un uomo di teoria, ma di pratica. Attraverso le sperimentazioni, faceva i suoi progetti. È anche profeta di quello che la tecnologia, nei secoli, riuscirà a realizzare come si vede nei disegni del primo sub della storia o, ancora, del prototipo di paracadute quando capisce che l'uomo può volare sfruttando la resistenza dell'aria" ha proseguito il Monsignore mostrando anche la pianta di Milano realizzata dall'inventore fiorentino che ha dimostrato la sua abilità indicando il foro di Mediolano come il punto centrale di Milano, nell'epoca in cui c'erano le mura. Proprio questo, con la piazza San Sepolcro, è all'epoca il vero fulcro della città meneghina.

Nel codice è dunque possibile scoprire tutta la genialità di Maestro Leonardo fiorentino in Milano. Questo il nome con cui si firmava, lasciandone traccia sui fogli di bottega.
M.Mau.
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