Madonna Nera
Due fari di luce. Sto rientrando tranquillo dopo un pomeriggio di lavoro solitario nel mio orto, poco lontano da casa. Sono un po' stanco perché dissodare la terra per la semina dopo tanti mesi di siccità non è facile, soprattutto avendo perso l'allenamento durante le settimane di forzata clausura che solo adesso posso interrompere almeno per tornare al minuscolo podere. Ma sono io a essere in ritardo sulla primavera, colpa mia, lei è solo ritornata puntualmente portandoo con sé la veste prodiga di colori che ogni volta ha il potere di affascinarmi anche se all'età che ho l'ho vista già più di settantacinque volte.
Ed ecco i due fari, eppure manca ancora parecchio all'imbrunire. C'è pochissimo traffico non sono poi molti quelli che sono autorizzati a circolare, ma la macchina che me li fa sta lanciando il segnale "convenzionale" con cui si avvisa che poco lontano c'è un'auto delle forze dell'ordine pronta al controllo. Nonostante sia un'azione che mi piace poco, perché chi tutela la legge lavora anche per me e imbrogliarlo non mi va affatto, è ovvio che istintivamente rallento nonostante io sia in regola con tutto. Non li vedo comunque, perché il telefonino lancia il suo "bip" e allora svolto in un cortile per controllarlo. Spengo il motore accanto a quella che un tempo deve essere stata una stalla con annesso fienile.
Sul display vedo che c'è una chiamata cui non ho risposto, come in effetti mi capita di sovente, oltre ad alcuni messaggi di WhatsApp. Quelli è sempre un piacere aprirli dato che per la maggior parte contengono foto delle nipotine mandate dalle mie figlie. Ed ecco che mentre mi trastullo guardandone il contenuto mi giunge da lontano l'eco di un canto che conosco bene, cui anzi direi di essere affezionato. Poso istintivamente il telefono e mi metto in ascolto con attenzione. Mi scopro a seguirlo con avidità perché è un canto alla Vergine di Czestochowa che ha non solo il potere di ricordarmi bei momenti di fede ma anche di farmi sentire la vicinanza di mia moglie, insieme alla quale tante volte avevo cantato col cuore quelle parole d'amore per la Madonna Nera.
Risentirle adesso che lei non c'è più - e che mi trovo come tutti immerso nel mare di incertezza, specialmente per i nipotini, sul
come sarà il domani dopo questa pandemia così invadente - mi fa bene perché mi aiuta a ricordare quel qualcosa che ci supera, perché c'è sempre un po' di sole nella fede. E mi viene da pensare che in fondo quei lampi di luce "furbetti" partiti dall'auto che mi ha incrociato sono serviti e hanno portato una specie di contagio benefico.Image
Spengo del tutto l'autoradio, già a basso volume, mentre qualcuno sta parlando di borsa e finanza dopo che avevo cercato disperatamente una stazione su cui non si sentissero altre notizie sul coronavirus e i suoi nefasti effetti. Poi mi appoggio per bene al sedile e abbasso il finestrino per sentire meglio e potermi unire sottovoce al bel canto. Nel cielo, una nube leggera sembra unire i tetti delle case dietro cui tra qualche ora andranno a nascondersi gli ultimi raggi di sole.
Terminato il canto in onore al "dolce volto con due segni di violenza" saluto con un cenno la signora che, alzata la tenda da sole, si è affacciata per guardarmi con curiosità. Mi sembra che intanto seguiti a muovere le labbra continuando anche lei a canticchiare quel canto mariano, però nella lingua "giusta" perché mi pare di averla già vista in paese e so che è una badante polacca. Rimetto in moto e a mia volta continuo a mezza voce nel canto: "è dolce essere tuo figlio", e ancora "oh lascia, Madonna Nera, ch'io viva vicino a te".
Quando svolto tornando sulla strada, vedo che il controllo che mi era stato segnalato non c'è più. Butto un rapido sguardo al telefonino e vedo che sono le 17 e 17: per me, che rimango colpito da queste coincidenze "matematiche quando appaiono sul quadrante dell'orologio, è un buon segno... sono convinto che in qualche modo notarlo porti bene, difatti anche poche ore prima, mentre consumavo il mio frugale pranzo, avevo controllato l'ora ed erano le 12 e 24; chissà perché trovo significativo il ricorrere degli stessi numeri, o dei loro multipli... si vede che nonostante l'età sono rimasto ancora un bambino.
Comunque, a casa non mi aspetta nessuno e allora - dato che la deviazione aggiunge solo un paio di centinaia di metri al tragitto - decido di svoltare ancora, stavolta verso il cimitero. So bene che è chiuso per le rigide ma necessarie regole di distanziamento, ma posso pur sempre fermarmi davanti al cancello per un segno di croce e una preghiera. So anche che le preghiere spontanee somiglieranno più all'umile raglio dell'asino che alle tante suppliche imparate da bambino e troppe volte recitate più per abitudine che per convinzione, ma spero che salgano ugualmente al cielo. E comunque dal cancello posso intravvedere anche la tomba in cui riposa mia moglie: è appena stato un anno e mezzo e da due mesi è spoglia sia degli abituali fiori freschi sia dei disegni delle nipotine, ed è tutta colpa di questo virus che sconcerta e spaventa. Ma se i fiori dentro al vaso sono ormai secchi è il ricordo di lei a essere sempre vivo e presente in me come nei miei familiari. Stare lì, in silenziosa preghiera, è un po' come se spegnesse l'ansia, il rammarico e la ribellione che si rimescolano in me a causa della drammatica esperienza che stiamo vivendo. E così - con lei, per lei e in lei - sempre più convinto stringo le sbarre del cancello chiuso mentre di nuovo mi affiorano alle labbra le parole del bel canto mariano polacco sentito poco prima grazie al lampeggiare "fuorilegge" dei fari di un'auto... a lei piaceva tanto e ora, ne sono certo, lo intona ancora con me dal paradiso, proprio vicino a "lei".
Passa una signora con un cagnolino e mi guarda, forse stupita sentendo il mio mormorio. Mi pare che da sotto la mascherina accenni un sorriso amichevole, di certo mi saluta con un leggero cenno del capo mentre anche il piccolo animale al guinzaglio mi osserva muto. Spero che quello della donna non sia uno sguardo di compatimento per uno che canta davanti al cancello di un cimitero... ma anche se fosse non m'importa, io continuo imperterrito.
Risalgo in auto e nonostante la mascherina che si gonfia e si sgonfia davanti alla mia bocca continuo a canticchiare: "Madonna, Madonna Nera, è dolce esser tuo figlio... oh lascia, Madonna Nera, ch'io viva vicino a te". E anch'io ora lampeggio alla macchina che incontro, però non per segnalare un controllo di polizia ma... potrei dire come segno di gioia, perché sto vivendo un momento di fede e di speranza in colei che è la mamma del Redentore, il Signore che è risorto per tutti e non solo per coloro che credono, o hanno creduto.
E così seguito a cantare nella certezza che lei, la sua mamma, accoglierà le mie parole riflettendole sul "dolce volto con due segni di violenza" e rispondendo loro con uno "sguardo intenso e premuroso che ti chiede di affidare la tua vita e il tuo mondo in mano a lei". Perché "lei ti illumina il cammino se le offri un po' d'amore, se ogni giorno parlerai a lei così".
Ed ecco i due fari, eppure manca ancora parecchio all'imbrunire. C'è pochissimo traffico non sono poi molti quelli che sono autorizzati a circolare, ma la macchina che me li fa sta lanciando il segnale "convenzionale" con cui si avvisa che poco lontano c'è un'auto delle forze dell'ordine pronta al controllo. Nonostante sia un'azione che mi piace poco, perché chi tutela la legge lavora anche per me e imbrogliarlo non mi va affatto, è ovvio che istintivamente rallento nonostante io sia in regola con tutto. Non li vedo comunque, perché il telefonino lancia il suo "bip" e allora svolto in un cortile per controllarlo. Spengo il motore accanto a quella che un tempo deve essere stata una stalla con annesso fienile.
Sul display vedo che c'è una chiamata cui non ho risposto, come in effetti mi capita di sovente, oltre ad alcuni messaggi di WhatsApp. Quelli è sempre un piacere aprirli dato che per la maggior parte contengono foto delle nipotine mandate dalle mie figlie. Ed ecco che mentre mi trastullo guardandone il contenuto mi giunge da lontano l'eco di un canto che conosco bene, cui anzi direi di essere affezionato. Poso istintivamente il telefono e mi metto in ascolto con attenzione. Mi scopro a seguirlo con avidità perché è un canto alla Vergine di Czestochowa che ha non solo il potere di ricordarmi bei momenti di fede ma anche di farmi sentire la vicinanza di mia moglie, insieme alla quale tante volte avevo cantato col cuore quelle parole d'amore per la Madonna Nera.
Risentirle adesso che lei non c'è più - e che mi trovo come tutti immerso nel mare di incertezza, specialmente per i nipotini, sul

Immagine di repertorio
Spengo del tutto l'autoradio, già a basso volume, mentre qualcuno sta parlando di borsa e finanza dopo che avevo cercato disperatamente una stazione su cui non si sentissero altre notizie sul coronavirus e i suoi nefasti effetti. Poi mi appoggio per bene al sedile e abbasso il finestrino per sentire meglio e potermi unire sottovoce al bel canto. Nel cielo, una nube leggera sembra unire i tetti delle case dietro cui tra qualche ora andranno a nascondersi gli ultimi raggi di sole.
Terminato il canto in onore al "dolce volto con due segni di violenza" saluto con un cenno la signora che, alzata la tenda da sole, si è affacciata per guardarmi con curiosità. Mi sembra che intanto seguiti a muovere le labbra continuando anche lei a canticchiare quel canto mariano, però nella lingua "giusta" perché mi pare di averla già vista in paese e so che è una badante polacca. Rimetto in moto e a mia volta continuo a mezza voce nel canto: "è dolce essere tuo figlio", e ancora "oh lascia, Madonna Nera, ch'io viva vicino a te".
Quando svolto tornando sulla strada, vedo che il controllo che mi era stato segnalato non c'è più. Butto un rapido sguardo al telefonino e vedo che sono le 17 e 17: per me, che rimango colpito da queste coincidenze "matematiche quando appaiono sul quadrante dell'orologio, è un buon segno... sono convinto che in qualche modo notarlo porti bene, difatti anche poche ore prima, mentre consumavo il mio frugale pranzo, avevo controllato l'ora ed erano le 12 e 24; chissà perché trovo significativo il ricorrere degli stessi numeri, o dei loro multipli... si vede che nonostante l'età sono rimasto ancora un bambino.
Comunque, a casa non mi aspetta nessuno e allora - dato che la deviazione aggiunge solo un paio di centinaia di metri al tragitto - decido di svoltare ancora, stavolta verso il cimitero. So bene che è chiuso per le rigide ma necessarie regole di distanziamento, ma posso pur sempre fermarmi davanti al cancello per un segno di croce e una preghiera. So anche che le preghiere spontanee somiglieranno più all'umile raglio dell'asino che alle tante suppliche imparate da bambino e troppe volte recitate più per abitudine che per convinzione, ma spero che salgano ugualmente al cielo. E comunque dal cancello posso intravvedere anche la tomba in cui riposa mia moglie: è appena stato un anno e mezzo e da due mesi è spoglia sia degli abituali fiori freschi sia dei disegni delle nipotine, ed è tutta colpa di questo virus che sconcerta e spaventa. Ma se i fiori dentro al vaso sono ormai secchi è il ricordo di lei a essere sempre vivo e presente in me come nei miei familiari. Stare lì, in silenziosa preghiera, è un po' come se spegnesse l'ansia, il rammarico e la ribellione che si rimescolano in me a causa della drammatica esperienza che stiamo vivendo. E così - con lei, per lei e in lei - sempre più convinto stringo le sbarre del cancello chiuso mentre di nuovo mi affiorano alle labbra le parole del bel canto mariano polacco sentito poco prima grazie al lampeggiare "fuorilegge" dei fari di un'auto... a lei piaceva tanto e ora, ne sono certo, lo intona ancora con me dal paradiso, proprio vicino a "lei".
Passa una signora con un cagnolino e mi guarda, forse stupita sentendo il mio mormorio. Mi pare che da sotto la mascherina accenni un sorriso amichevole, di certo mi saluta con un leggero cenno del capo mentre anche il piccolo animale al guinzaglio mi osserva muto. Spero che quello della donna non sia uno sguardo di compatimento per uno che canta davanti al cancello di un cimitero... ma anche se fosse non m'importa, io continuo imperterrito.
Risalgo in auto e nonostante la mascherina che si gonfia e si sgonfia davanti alla mia bocca continuo a canticchiare: "Madonna, Madonna Nera, è dolce esser tuo figlio... oh lascia, Madonna Nera, ch'io viva vicino a te". E anch'io ora lampeggio alla macchina che incontro, però non per segnalare un controllo di polizia ma... potrei dire come segno di gioia, perché sto vivendo un momento di fede e di speranza in colei che è la mamma del Redentore, il Signore che è risorto per tutti e non solo per coloro che credono, o hanno creduto.
E così seguito a cantare nella certezza che lei, la sua mamma, accoglierà le mie parole riflettendole sul "dolce volto con due segni di violenza" e rispondendo loro con uno "sguardo intenso e premuroso che ti chiede di affidare la tua vita e il tuo mondo in mano a lei". Perché "lei ti illumina il cammino se le offri un po' d'amore, se ogni giorno parlerai a lei così".
Benvenuto Perego