Emergenza Covid e Fase Due, parla il dr.Zangrillo: ''siamo stati colpiti duramente e abbiamo reagito, ma ora la ripartenza va
gestita con responsabilità''

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Abbiamo intervistato il professor Zangrillo nel tentativo di disegnare i contorni dell'emergenza Covid-19, ma soprattutto per cercare di capire attraverso le sue competenze cosa dobbiamo aspettare per il futuro. In queste settimane è stato in prima linea nel "suo" ospedale, il San Raffaele di Milano, a combattere la battaglia contro il Coronavirus. Ma non solo.
Il professor Alberto Zangrillo ha coordinato l'ampliamento del reparto di Terapia intensiva, realizzato grazie alla campagna di raccolta fondi promossa da Chiara Ferragni e Fedez.
Un'iniziativa quella promossa dalla coppia di influencer che ha permesso di raccogliere in pochi giorni quasi quattro milioni di euro. Nei giorni scorsi è stato inoltre chiamato a far parte del Comitato tecnico scientifico nominato dalla Regione Lombardia che dovrà mettere a punto la strategia per affrontare la Fase Due.
Chiaro e diretto come suo solito, il professor Zangrillo ha illustrato l'attuale situazione senza tanti giri di parole.
"L'importante è che chi parla lo faccia perché conosce ed è informato delle cose, ma non perché legge o le ha sentite gli altri, ma per quello che vede. Io cosa vedo? Vedo arrivare in Pronto soccorso pazienti in misura molto inferiore, ma soprattutto quelli che arrivano hanno una situazione critica molto meno impegnativa. Questo ci fa ben sperare per due aspetti fondamentali: il primo che c'è, come tutti sanno, un rallentamento del numero dei contagi e delle forme gravi; il secondo, che forse questo virus nel passaggio da uomo a uomo, come spesso accade, possa essersi attenuato".
Quindi è un quadro incoraggiante quello che si registra oggi, rispetto alle scorse settimane, quando c'era una corsa disperata al posto letto in Terapia Intensiva, per poter salvare una vita umana. Ma nonostante ciò, guai ad abbassare la guardia.
"Questo non significa, come ci dicono i virologi, che se dovesse tornare non si manifesti con la cattiveria che ci ha dimostrato nel mese di marzo...".
Nei giorni scorsi lei è stato chiamato a far parte del Comitato tecnico scientifico della Lombardia, composto da esperti di vari settori, che avrà il compito di predisporre un piano per la Fase Due.

Tornado alla Fase Due, cosa dobbiamo fare ora e soprattutto cosa ci dobbiamo aspettare dal mondo della politica e quindi da chi ci governa?
"E' molto importante come riusciremo a interpretare la fase di ripartenza. Perché in fondo noi dobbiamo cercare di non tradire la fiducia e le aspettative di una società che ha risposto con equilibrio, con responsabilità. Allora io mi chiedo c'è la stessa avvedutezza, la stessa visione e lo stesso senso di responsabilità c'è anche da parte di chi deve decidere. Mi riferisco a chi deve dare le indicazioni, alla politica. Io mi limito a dare un suggerimento: la politica deve prendersi le proprie responsabilità. Se a un certo punto la politica ha deciso, con il supporto dei vari Comitati, Commissioni o Istituti che raggruppano al loro interno gli esperti, mi riferisco all'Istituto superiore della Sanità, alla Commissione nazionale di Sanità, deve prestare grande attenzione alla ripresa. Stanno dando regole molto rigide, regole precise sul distanziamento sociale, sui dispositivi da indossare... Disposizioni che poi vedremo come verranno attuate. Perché un conto è dirle le cose, un altro attuarle. Si immagini la Milano-Venezia se domani mattina dovessimo riaprire e garantire il distanziamento all'interno delle automobili, con un unico occupante. Già la Milano Bergamo era bloccata prima, figuriamoci cosa succederebbe ora... Lo stesso discorso vale per i treni e i mezzi pubblici. E allora che cos'è che dico io? Dobbiamo essere pronti ad interpretare con la stessa elasticità, lo stesso tempismo e la stessa intelligenza quelle situazioni che potrebbero manifestarsi in modo favorevole e che potrebbero dirci che sì, in fondo dobbiamo stare attenti, dobbiamo restare distanziati, dobbiamo portare le mascherine, dobbiamo fare i tamponi ed essere rigorosi nell'andare a identificare le persone sintomatiche e verificare che non siano positive, ma dobbiamo anche cercare di garantire la vita. Perché altrimenti se dovessimo rimanere ingessati a un modello, che attualmente si impone ma magari tra qualche tempo verrà dimostrato che si sarebbero potute allargare le maglie, ci renderemmo oltremodo ridicoli. Un Paese grande è quel paese dove chi governa si prende la responsabilità di dare indicazioni corrette e in linea con quello che sta accadendo. Resta ovviamente prioritaria la profilassi per individuare i primi campanelli d'allarme. In questo noi non siamo stati particolarmente abili, va anche detto che siamo stati particolarmente sfortunati perché siamo stati il primo Paese occidentale colpito duramente. Però abbiamo reagito talmente bene da diventare un modello, anche se tutti abbiamo inevitabilmente commesso degli errori. Ma poi alla fine se andiamo a comparare la situazione con altri paesi, possiamo ridimensionare quella tendenza tipicamente italiana di pensare che siamo sempre secondi a qualcuno. Abbiamo speso più tempo a dire che i tedeschi sono stati più bravi di noi, invece che sottolineare che spagnoli, americani, e forse anche inglesi e francesi hanno fatto peggio di noi".
Il professor Zangrillo ci ha anche confermato quanto anticipato poche ore prima dall'Organizzazione mondiale della sanità per quanto riguarda la "Patente di immunità".
"Noi possiamo con la sierologia indentificare la presenza di un patrimonio anticorpale che può dire se siamo venuti a contatto con il virus e abbiamo sviluppato l'immunità, ma non sappiamo due cose fondamentali: la prima se l'immunità è protettiva e se ci protegge veramente, la seconda quanto dura. Allo stato attuale la cosa più utile restano i tamponi.
Nella sua lunga intervista il professor Zangrillo ha parlato anche di quanto è successo nelle case di riposo e nelle residenze per anziani. Ma lancia anche un messaggio ai giovani invitandoli a dare il loro contributo per migliorare questa società malata, ma non nasconde la preoccupazione per gli aspetti socioeconomici che ci attendono.
"Mi sentirei di dire loro quello che diceva Steve Job, siate curiosi, desiderosi di fare qualcosa di positivo. L'errore imperdonabile che non devono compiere i giovani è quello di sedersi e aspettare che qualcuno faccia qualcosa per conto loro. Devono mettersi in gioco personalmente, devono essere protagonisti del loro futuro. Noi adulti di una certa età non stiamo dando un bell'esempio, non stiamo facendo una bella figura, forse dovremmo anche chiedere loro scusa e chiedere il loro un aiuto per migliorare questa società".
Anche se un po' controvoglia, il professor Zangrillo parla del suo paziente eccellente, il presidente Silvio Berlusconi...
"Da remoto sta dimostrando molta saggezza non entrando nel vivo di una polemica che oramai contrappone anche coloro che appartengono agli stessi gruppi politici".
Il professor Zangrillo ha mandato anche un messaggio a tutti i suoi concittadini...
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