Casatenovo: il coma da Covid come Epifania spirituale e religiosa per Giuseppe Buscemi

Giuseppe Buscemi
Il Covid è entrato a far parte della vita di molte delle persone che conosciamo e per alcune di loro si è trattato di un evento in grado di cambiarne la percezione del mondo e il punto di vista sulle cose.
A questo proposito riportiamo l'esperienza di un ex volontario dell'associazione La Colombina di Casatenovo, Giuseppe Buscemi, storico abitante del rione e figlio del compianto Luciano, cui è intitolata la sezione casatese della Lega Nord.
Giuseppe da ormai qualche anno vive in provincia di Bergamo e a fine febbraio 2020 ha contratto il Covid restando in coma per trentatre giorni. Miracolosamente scampato a quella che pareva essere una triste sorte, ha scritto un memoriale che ripercorre - a un anno di distanza - la sua dolorosa esperienza che gli ha dato una nuova consapevolezza e una nuova forza.
''Sono nato per la seconda volta il 3 aprile 2020 a Bergamo, una provincia della Lombardia, in Italia. Non avrei mai neanche immaginato di dover vivere un'esperienza da incubo così forte e traumatica, un'avventura, se così si può definire, così terribile nella mia vita; una prova così dura che Dio aveva in serbo per me'' inizia così la lettera che il casatese ha voluto condividere con i nostri lettori, nella quale spiega poi le sensazioni e le emozioni che ruotano attorno alla scoperta di aver contratto il virus il 29 febbraio dello scorso anno dopo il trasferimento all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. ''Risultai positivo al Covid-19 e dopo pochi minuti ero in reparto in una camera piccola, completamente isolata e sigillata dove insieme a me c'era una infermiera fissa che controllava costantemente il mio stato di salute. Poiché ero veramente debole mi misero una specie di casco che fungeva da camera iperbarica dove da una parte entrava ossigeno e nell'altra entrava aria deumidificata. So solo che rimasi lì tre giorni in cui mi sentivo ogni giorno più debole a una velocità spaventosa tanto che non riuscivo più né a muovermi, né a rispondere al telefono. Il terzo giorno ricordo solo che il dottore mi disse che doveva intubarmi e di fidarmi di lui. In quel momento so che chiusi gli occhi e non ricordo più nulla, so solo che da lì iniziai un viaggio lungo diviso in due fasi: una prima parte terrificante e incredibilmente angosciosa di cui porto ancora i segni con incubi, malessere e momenti di paure e tristezza e poi una seconda parte invece spirituale, religiosa ma al tempo stesso corporea, dove non esistono confini attorno a te''.
E' iniziata così l'esperienza di coma di Giuseppe. Un viaggio - se così si può chiamare - che l'uomo ha compiuto a sua insaputa, sempre con l'affetto e la presenza dei cari, della moglie, della madre e delle sorelle.
''All'inizio è stato come un incubo, un viaggio psichedelico con luci colori e un ambiente confusionale e nauseante. Ero sdraiato confuso non capivo niente di ciò che mi circondava era come se fossi bloccato, non riuscivo a liberarmi e ricordo che vedevo tutto ciò che mi circondava girarmi attorno dandomi un senso di nausea. Mi veniva da piangere continuamente era un incubo senza fine con un mal di testa fortissimo e un forte senso di angoscia, depressione, fortissima tachicardia. Ma poi è successo qualcosa, non so dire se trascorsero ore o minuti, ma vidi la sagoma di una persona sfocata avvicinarsi alla mia destra, non riuscii a riconoscerla, mi toccò la mano destra e mi disse di resistere e di essere forte per Alex, mio figlio, e per i miei cari, la mia famiglia. A questo punto ricordo che strinsi le mani forte a pugno e iniziai a darmi forza dicendomi che ce la dovevo fare, quando all'improvviso vidi una piccola sagoma che a mano a mano che si avvicinava diventava sempre più grande. Era una statuetta della Vergine Maria con in braccio Gesù bambino e dal suo dolce viso scendeva una lacrima nera, era ricoperta da un velo azzurro con l'orlo bianco, era in posizione seduta, aveva due occhi meravigliosi ma tristi. Mi venne incontro passandomi attraverso il corpo ma appena mi attraversò sentii un'emozione indescrivibile, una sensazione di pace, serenità, calore. Non ci sono parole per descrivere ciò che provai in quel momento perché era una sensazione mai provata prima in tutta la mia vita come se mi avesse purificato dai miei peccati e da errori commessi nella vita. Poi all'improvviso mi trovai in un tunnel e in fondo a quel tunnel c'era una luce immensa che emanava un senso di gioia, di amore immenso che mi attirava dolcemente e io camminavo verso quella luce e quando arrivai e stavo per varcare quella luce quando uscirono mani e visi di un colore arancio che mi fermarono accarezzandomi il viso dicendomi testuali parole più volte: noi adesso non ti vogliamo''.
Giuseppe è rimasto in terapia intensiva per altri trentasei giorni fino all'11 maggio 2020 e a un anno di distanza i suoi pensieri possono essere riassunti nel suo pensiero finale.
''A me questa esperienza ha insegnato molto: a vedere la vita in modo diverso, a non perdermi via in stupidaggini, a godermi ogni secondo della mia vita, soprattutto con il mio dolce Alex, con cui ora gioco e faccio il pazzo peggio di prima e ciò mi diverte tantissimo. Poi ho imparato ad apprezzare tutte le cose in modo diverso e a vederle in un'altra maniera, nei dettagli, o a vedere le persone e conoscerle nel profondo, con più sensibilità e attenzione o anche a rivalutare, rendendomi conto che sbagliavo su di loro, e a riconoscere chi si presentava con amicizia ma era falso ed egoista, aprendomi gli occhi e facendomi vedere il marcio dove non riuscivo a vedere. La malattia mi ha avvicinato alla fede, che mi ha aiutato a sopravvivere, grazie alla Vergine Maria e a Dio che mi ha fatto recuperare in fretta, permettendomi di avere piccole soddisfazioni in questo periodo e confortandomi e aiutandomi quando ero e sono triste, perché comunque i ricordi i pensieri e di ciò che ho vissuto non li scorderò mai'' ha detto Giuseppe. ''La vita è bella anche con le sue difficoltà ed è troppo bella per sprecarla in stupidaggini. Mi piacerebbe lasciare un messaggio ai giovani e alle generazioni future: proteggetevi, aiutatevi l'uno con l'altro senza volere nulla in cambio, fatelo con amore e voglia di aiutare il prossimo sempre, con un piccolo gesto quotidiano, con una parola di conforto per chi è solo, isolato, emarginato, depresso, incompreso, perché basta anche una parola per illuminare la giornata di qualcuno. Questo virus e questo isolamento mi hanno insegnato questo: l'amore per tutto, non essere egoisti, ma donarsi sempre con pieno amore, con amici, parenti e familiari che ci amano, che si preoccupano per noi e non abbiate paura di chiedere a Gesù, che lui vi ascolta sempre e non vuole nulla in cambio ed è sempre lì accanto a voi e vi aiuta in qualche modo, anche se non vi accorgete vi aiuta, dandovi opportunità nelle scelte che fate, che siano giuste o sbagliate, che siano prove dure della vita, come la perdita di un caro o le delusioni cocenti. Gesù ci aiuta a prenderle come opportunità da non sprecare, ma da sfruttare per migliorare e apprezzare a pieno la vita. Per me, ora, sarà per sempre così''.
M.B.
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