Sirtori: rito del faro, autorità e associazioni per la ''patronale''

L’occasione della pandemia per riscoprire il vero valore delle cose. Questo il messaggio lanciato dal parroco don Renato Cameroni durante l’omelia della messa celebrata in occasione della festa patronale di Sirtori, dove stamani ono stati ricordati i santi patroni del paese, Nabore e Felice.

Per tutto il corso della funzione in tanti sono stati i fedeli che si sono ritrovati per condividere questo giorno di festa, tanto che in molti hanno preferito rimanere in piedi in fondo alla chiesa piuttosto che rinunciare ad uno dei primi momenti davvero comunitari dopo le prime riaperture di questa primavera. Presenti alla messa anche le autorità civili di Sirtori, tra le quali ovviamente i rappresentanti dell’amministrazione comunale, capitanati dal vicesindaco Paolo Negri, il Gruppo Alpini, l’associazione anziani, il gruppo dei papà dell'oratorio ''Non c’è Problema'', il gruppo sirtorese di Avis della sezione di Besana e tanti altri volontari del paese.

Come da tradizione, all’inizio della funzione il parroco, seguendo il rito del faro, ha provveduto ad incendiare il pallone al centro dell’altare in simbolo di rigenerazione, purificazione e buon auspicio. Durante l’omelia, don Renato ha poi ripreso il significato del pallone incendiario per ricordare ai fedeli come questo fuoco che brucia senza arrestarsi, ricordi anche la passione del martirio.

Nelle letture proposte prima del Vangelo, infatti, si era parlato non a caso della manifestazione di Dio agli uomini sotto forma di fuoco che arde e che si consuma totalmente solo per gli uomini, affinché questa suggestione possa permettergli efficacemente di entrare in relazione con loro. “In questo periodo di ripresa, oggi più che mai, dovremmo avere il desiderio di riunirci attorno al fuoco che si consuma per ricevere il dono dello Spirito Santo e sfruttare questo momento come occasione per ripensare alle nostre vite in un’ottica rinnovata” ha commentato il parroco durante l’omelia.

“Cosa significa infatti la celebrazione della nostra festa pastorale? Innanzitutto, vuol dire saper riconoscere e ritrovare in mezzo al caos ciò che è bene per valorizzarlo e distinguerlo da tutto ciò che invece è futile e secondario. Il nostro esempio in questo caso deve essere la figura e il coraggio di Mosè, che è ritornato nel deserto per ritrovare sé stesso e per rimettersi in connessione con Dio, il cui unico desiderio è in fondo quello di renderci felici. Il suo è stato il cammino di chi ritorna all’essenziale, di chi non ha paura a seguire la Parola di Dio e a compiere la sua volontà perché il fine ultimo è sempre quello dell’amore e della libertà, come è riuscito a fare lo stesso Mosè portando il suo popolo verso la liberazione dalla schiavitù. Noi tutti quindi dobbiamo cercare di ascoltare con più attenzione alla chiamata di Gesù e seguire il destino che Lui ha pensato per noi”.
M.B.
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