Monticello: ''il primo a soccorrerlo è stato Dio''. L'ultimo saluto al 54enne Maurizio Colombo

''Il primo a soccorrerlo su quella strada è stato Dio, con un abbraccio, una parola e una carezza che noi non abbiamo fatto in tempo a dargli''.
Non è stato facile per don Marco Crippa, parroco di Monticello, dare conforto e speranza ai familiari e agli amici di Maurizio Colombo, il 54enne vittima del tragico sinistro stradale avvenuto lo scorso venerdì a Barzago. Ha tentato di farlo quest'oggi, durante le esequie funebri celebrate alle ore 15 nella chiesa di Sant'Agata. Quello stesso edificio che l'uomo - residente a Sirtori con la famiglia, ma originario del paese dove ancora oggi vivono i suoi genitori Lino e Antonietta - aveva frequentato tante volte.

L'uscita del feretro del 54enne portato in spalla dai colleghi

Un lutto improvviso e straziante quello che ha colpito due comunità, unite dalla perdita di un marito, un figlio e un padre di famiglia ancora nel fiore dell'età. Sono bastati pochi istanti, quelli in cui si è consumato lo scontro fra lo scooter del sirtorese e un'utilitaria, per mettere la parola fine ad un'esistenza che aveva ancora tanto da offrire.
Lo hanno dimostrato i colleghi, gli amici e le tantissime persone che hanno gremito il sagrato e la parrocchiale monticellese, per presenziare al rito officiato da don Marco insieme a don Aurelio Redaelli, vicario da diversi anni ormai, a Sirtori.
Il pianto e il dolore non hanno però spento i ricordi: quelli che ciascuno conserva nella sua mente e nel suo cuore pensando a Maurizio e che in fin dei conti nulla sarà in grado di spazzare via.

Da sinistra don Marco Crippa e don Aurelio Redaelli

''Ci sono giorni simili alla notte e grida che si elevano e squarciano il buio. Perchè mi hai abbandonato?'' ha esordito il parroco raccogliendo alcuni passi del Vangelo secondo Marco, letto pochi istanti prima. ''Non vogliamo una risposta a questo interrogativo: abbiamo paura di conoscere una risposta che non accetteremmo. Ci chiediamo il perchè è affidiamo a questo grido il nostro bisogno di protestare, il volerci opporre alla morte, il desiderio di dare voce a rabbia e sconcerto. Vogliamo imprecare contro la morte che non guarda in faccia nessuno'' ha aggiunto don Marco. ''Perchè Dio ci hai rubato un figlio, un marito, un amico, un papà? Perchè lo hai abbandonato? Lui tace, forse perchè non ci può dare una spiegazione finchè gridiamo unicamente la nostra rabbia''.

Un'immagine del drammatico sinistro dello scorso venerdì e a destra Maurizio Colombo

Il sacerdote ha quindi invitato a guardare il tutto attraverso la prospettiva della fede, seppur abitata a fatica in questa circostanza. ''Il silenzio ci permette di pregare non il Dio dell'abbandono, ma il Dio del'abbandonato: è stato lui a riportare luce in quel mezzogiorno in cui si è fatto buio, come a dirci, non avere paura, la morte non è più forte di Dio, anzi la morte in quell'istante si è arresa''.

Don Marco ha poi esortato i presenti a non maledire la vita, a non smettere di sognare e di sperare perchè in gioco ora ''c'è la vita di due ragazzi, di una donna, di due genitori, di un fratello e di tutti noi. Non possiamo solo sopravvivere, lo dobbiamo a Maurizio che era energia, forza e passione, riuscendo a coltivare tutti i suoi talenti. Questo è il tempo di gemere e di gridare, ma anche di pregare Dio, perchè arriverà un altro tempo, quello della gioia''.

All'uscita dalla parrocchiale il feretro - portato in spalla dai colleghi di lavoro dell'azienda Atelier Archiand di Bulciago - è stato coperto da un letto di rose bianche e da fiori rossi depositati personalmente dalla moglie Giusy e dai figli Matteo e Riccardo.
Un momento di tenerezza e di affetto difficile da raccontare a parole, in una valanga di emozioni che hanno accompagnato l'ultimo viaggio terreno di Maurizio verso il camposanto, intriso dalle lacrime e dalle parole di dolore di mamma Antonietta, nella speranza che da lassù possa giungere quel conforto di cui tanti ora sentono davvero il bisogno.
G. C.
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