Molteno: cure palliative e biotestamento. Riflessioni su diritto, etica e religione

La complessità della cura, la relazione tra medico e paziente, la possibilità di disporre del proprio futuro in materia di trattamenti sanitari, le cure palliative e il volontariato in un hospice. Sono stati molteplici gli spunti emersi nella serata sulla legge 219/17, promossa da Matteo Bonacina - che ha aperto l'incontro con una riflessione sulla responsabilità - in collaborazione con il Comune di Molteno.
L'iniziativa, ospitata in sala consiliare, è avvenuta nella serata di mercoledì 27 ottobre ed è stata piacevolmente allietata dalla flautista Gloria Uggeri che ha alleggerito le dense esposizioni con un intermezzo musicale.

I relatori intervenuti alla serata moltenese

"È bello rivedere la sala piena, dopo un periodo che ci ha abituato agli incontri online. Grazie agli ospiti che mettono a disposizione le conoscenze per la comunità - ha detto il sindaco Giuseppe Chiarella - Da questo incontro usciranno principi e norme che regolano l'essere umano, che riguardano il diritto, ma anche etica, morale e religione. Credo che una delle domande che un individuo si pone davanti alle norme sia se sono compatibili con il nostro credo e religione. Dobbiamo capire fino a che punto possiamo auto determinarci".

Don Tullio Proserpio, collaboratore della pontificia Accademia per la vita, si è occupato del primo intervento, proponendo una serie di interrogativi, domande senza risposta ma in grado di stimolare riflessioni, a partire dal contenuto della deontologia medica che considera il tempo della comunicazione quale tempo di cura e dall'assunto secondo il quale la medicina è centrata sul paziente: "È la relazione stessa che diviene terapeutica: il medico stesso è la prima medicina" ha affermato. L'altra questione importante di cui tenere conto è la complessità del funzionamento del sistema sanitario: a fronte di una determinata prestazione, la regione eroga un contributo all'ospedale, che deve garantire la performance, cercando di raggiungere una riduzione delle spese. Questo va inevitabilmente a incidere sull'efficacia di una terapia e sulla centralità della salute umana. "L'obiettivo della medicina non è solo erogare prestazioni per curare o guarire malattie ma anche accompagnare e sostenere le persone malate" ha riflettuto don Tullio. Proprio in questo intermezzo, entrano in gioco le associazioni come Fabio Sassi. "Le cure palliative propongono un approccio integrato, con attenzione alle diverse dimensioni: fisica, sociale, psicologica e spirituale. Nella cultura palliativa non c'è contrapposizione. Il punto di contatto è la persona malata, che deve essere punto di riferimento ultimo. La pandemia ha riportato al centro la questione delle cure palliative".

Gloria Uggeri, il sindaco Giuseppe Chiarella e Matteo Bonacina

Luisa Nervi, direttore sanitario dell'Hospice il Nespolo di Airuno, ha presentato la legge, nata sul disegno di legge della senatrice Emilia De Biasi. "La legge tutela il diritto alla salute, alla vita, alla dignità e all'autodeterminazione - ha asserito - Nessun trattamento può cominciare se la persona non ha dato il proprio consenso. Si promuove una relazione di cura e fiducia tra paziente e medico: il medico spiega al malato la prognosi e la diagnosi e questo, una volta compreso, può dare il consenso o meno al programma di cura. Ogni persona ha il diritto di essere o non essere informata. La relazione e comunicazione non si esauriscono in un solo colloquio, ma ci sono il consenso, l'informazione e la relazione progressiva: si conosce il paziente, e poi alcune informazioni emergono man mano che la relazione chiede maggiore approfondimento. Il medico deve rispettare la volontà del paziente, che non può chiedere un trattamento che va contro le norme di legge, la buona pratica assistenziale. Nelle situazioni di emergenza, il medico assicura le cure necessarie nel rispetto della volontà del paziente". La nutrizione e l'idratazione artificiale, ad esempio, sono considerati trattamenti sanitari: si possono sospendere e il medico può concordare la decisione della terapia, ma le conseguenze devono essere spiegate al paziente. In base alla norma, il medico deve adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente e deve astenersi dai trattamenti inutili, ritenuti "un'ostinazione irragionevole". Quando un paziente non risponde ai normali trattamenti, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda, inducendo il paziente in sonno profondo per alleviarne le sofferenze.

Da destra Luisa Nervi, Daniele Lorenzet e don Tullio Proserpio

Il trattamento deve essere proporzionato/sproporzionato in base alle probabilità di successo ma anche garantire un aumento della quantità e qualità della vita perché comporta oneri fisici, psichici, economici. Per questo diventa essenziale una pianificazione delle cure che sia condivisa tra medico e paziente. Il consenso informato è documentato: la persona ha il diritto di rifiutare il consenso, di cambiare idea e revocare in qualsiasi momento il consenso prestato. Ciascuna persona può quindi scegliere, in ogni momento della sua vita, cosa succederà nella sua vita e acconsentire o rifiutare determinati trattamenti.

La redazione della disposizione anticipata di trattamento (DAT) avviene tramite atto pubblico o scrittura privata in apposito registro, che è una banca nazionale dei dati. Si possono dare indicazioni su quali cure ricevere o rifiutare nel fine vita. Il contenuto è libero, anche se ci sono alcune regole, come un contenuto chiaro e leggibile che non permetta equivoci nell'interpretazione, i dati anagrafici del disponente, la data della sottoscrizione, la firma di uno dei testimoni e la nomina di uno o due fiduciari. Per redigere una DAT, la persona si può far aiutare dal medico di medicina generale e poi esprimerla dal notaio, presso un ufficio di stato civile del comune, le strutture sanitarie o, per chi è residente all'estero, presso gli uffici consolari italiani. Una recente ricerca ha dimostrato quanto ancora poco si conosca la legge, nonostante siano trascorsi ormai quattro anni dalla formulazione: solo il 19% dichiara di conoscerla nel dettaglio, mentre il 53% ne ha solo sentito parlare. Tre persone su 10 si sono poste il problema di pianificare il proprio fine vita e, meno dell'1%, ha depositato le DAT. Lombardia, Liguria e Sicilia sono le regioni più informate.

Al presidente dell'associazione Fabio Sassi Daniele Lorenzet, è stato affidato l'intervento di chiusura. L'associazione, nata nel 1989 in memoria in un ragazzo morto di tumore e curato a domicilio, ha cominciato occupandosi di assistenza domiciliare. Nel 1998, l'equipe di cure palliative del Mandic di Merate manifestò l'intenzione di creare una struttura per malati non curabili né a domicilio né in ospedale: così, nell'ottobre 2002 è nato l'hospice "Il nespolo", che ospita 12 stanze singole con bagno (2 hanno l'angolo cottura) dotate di sollevatore e poltrona letto per un familiare, un menu personalizzato, una convenzione con ASST di Lecco è un certificato di qualità. Anche nel periodo Covid, il Nespolo è sempre rimasto aperto ai parenti "perché rimanere soli non è umano".

L'associazione Fabio Sassi si occupa oggi di portare avanti diverse attività nell'ambito delle cure palliative: assistenza domiciliare, assistenza e accoglienza al Nespolo, assistenza SLA in villa dei Cedri, educazione alla solidarietà, supporto al lutto, comunicazione e promozione immagine, raccolta fondi e gestione eventi. È composta da quasi 200 volontari, 21 dipendenti e 7 consulenti. "Il volontario è tale perché si trova del tempo da dedicare agli altri e non perché si ha tempo libero. Noi diamo il nostro tempo, loro ci danno indietro un'esperienza che ci può servire, che ci fa crescere" ha concluso Lorenzet, prima di lasciare spazio a un ultimo brano proposto dalla flautista Uggeri.
M.Mau.
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