Una battaglia lunga quattordici mesi, contro il Covid e le sue conseguenze nel racconto di Tiziana, moglie del luogotenente Mundula

Il luogotenente Mundula con la moglie
Tiziana durante la festa della Virgo Fidelis
La sua Sardegna l'aveva vissuta per quattro mesi poco prima di ammalarsi. Un lungo periodo di relax trascorso alle porte di Sassari, nella terra che gli aveva dato le origini e che non aveva mai dimenticato, nonostante la Brianza fosse ormai diventata a tutti gli effetti casa.
A novembre 2020 i primi sintomi del Covid e poi l'ingresso in ospedale, al Mandic di Merate. Una permanenza che la famiglia Mundula non avrebbe mai pensato potesse essere tanto lunga.
''E' stato l'inizio di un percorso davvero duro. Giovanni è entrato prima in subintensiva e quando ha tolto il casco, è stato trasferito in pneumologia dove è rimasto qualche mese. C'è stata poi la riabilitazione al don Gnocchi, altrettanto faticosa, sino al suo ritorno a casa, ad agosto dello scorso anno'' ci ha raccontato la moglie Tiziana, ricordando con compostezza ed emozione questi ultimi e dolorosi quattordici mesi, segnati dalla lotta dapprima al Coronavirus e poi, dagli strascichi che la malattia aveva causato al fisico ormai debilitato del marito, volto noto nel casatese per la sua appartenenza all'Arma dei carabinieri.
Un uomo di 57 anni soltanto, che dopo aver lottato con tutte le sue forze, questa notte ha dovuto arrendersi, segnato dagli effetti di quell'ultimo malore che la scorsa settimana lo aveva costretto all'ennesimo ricovero ospedaliero.
''Abbiamo sperato fino all'ultimo ma sapevamo che sarebbe stata dura. Ad ogni crisi respiratoria peggiorava sempre di più. I suoi polmoni erano gravemente compromessi e anche il solo respirare gli causava uno sforzo notevole'' ha proseguito la consorte dell'ex comandante del nucleo cinofili dei carabinieri, anche lei sarda. ''L'ho seguito in ogni suo spostamento, sempre con la valigia in mano. Poi, quando siamo arrivati a Casatenovo abbiamo pensato che fosse arrivato il momento di restare. Qui abbiamo costruito la nostra vita e la nostra famiglia''.
Si era congedato dalla caserma di Via Bixio dopo trent'anni di servizio e pochi mesi più tardi dall'atteso traguardo della pensione raggiunto il 31 dicembre 2019, il luogotenente Mundula si è purtroppo ammalato.
''Eravamo rientrati dalla Sardegna ad ottobre e nonostante il viaggio in traghetto e i numerosi contagi da Covid anche laggiù, il virus lo abbiamo preso qui a casa. Non solo Giovanni, ma anche io e i nostri figli. Ci siamo ammalati tutti. Per lui però, il percorso è stato davvero duro, fra ricoveri ospedalieri e riabilitazione. Ancora oggi non riusciamo a spiegarci il perchè le conseguenze sul suo fisico siano state così gravi e nemmeno i medici hanno saputo trovare una risposta. Era un uomo in buona salute, stava bene'' ha proseguito Tiziana, auspicando che si parli maggiormente di storie come quella del marito.

A destra Giovanni Mundula negli anni caratterizzati dall'impegno come volontario nella San Giorgio Calcio

''Probabilmente tanti altri in Italia e nel mondo stanno affrontando la situazione di Giovanni. Sentiamo spesso raccontare di chi è stato vinto dal Covid o di chi è guarito, ma c'è anche tanto altro, quello che sta in mezzo. Persone che questo maledetto virus aggredisce nel fisico, debilitandole fino allo stremo delle loro forze e costringendole ad una vita durissima. Non se ne parla abbastanza, invece tutti dovrebbero conoscere queste situazioni''.
Un calvario grande per la famiglia Mundula che non ha mai perso la speranza nonostante tutto e che lunedì durante le esequie in programma alle 14.30 in chiesa a Casatenovo, riceverà l'affetto e la vicinanza di coloro che in questi anni hanno conosciuto ed apprezzato il comandante del nucleo cinofili, o più semplicemente Giovanni, come lo chiamavano i ragazzi della San Giorgio Calcio del vicino oratorio, che per anni insieme al resto dello staff aveva allenato come volontario.
G. C.
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