Casatenovo: la storia del ghetto di Venezia e la sua eredità con il professor Shaul Bassi

L’edizione 2022 della rassegna culturale “Percorsi nella memoria”, promossa dal Consorzio Brianteo di Villa Greppi, si è aperta quest’anno con lo scopo di ricostruire la storia del continente europeo prima degli eventi tragici degli anni Trenta e Quaranta del XX Secolo, cercando di rievocare il “mondo di ieri”, come da sottotitolo dell’iniziativa. Sabato 22 gennaio è stata la volta del 4° appuntamento del ciclo di incontri e grazie ad un ospite d’eccezione è stato possibile ripercorrere la vicenda del ghetto di Venezia, riscoprendo proprio la storia di questo termine tanto usato e ancora molto discusso ai giorni nostri.

Marta Comi, Lucio De Capitani, Shaul Bassi, Enrica Baio e Daniele Frisco

Alle ore 17, infatti, presso la sala polifunzionale “La Colombina” a Casatenovo, ad incontrare il pubblico è stato Shaul Bassi, ebreo veneziano e professore di letteratura inglese all’Università Ca’ Foscari di Venezia, oltre che tra i fondatori di Beit Venezia – Casa della Cultura Ebraica. Il professor Bassi ha portato in Brianza il libro da lui curato, “Il cortile del mondo. Nuove storie dal ghetto di Venezia” che affronta il tema del ghetto da prospettive diverse grazie all’aiuto di autori internazionali. Il libro, frutto del lavoro di diciotto scrittori di diversi paesi, lingue, religioni, giunti in laguna per rivisitare, a cinquecento anni dalla sua fondazione, il Ghetto originario, mira proprio a sviluppare una riflessione che parte dalla dicotomia segregazione/scambio che è stata tipica del ghetto veneziano per spingersi poi in un orizzonte più ampio per abbracciare temi universali e senza tempo.

 

Il confronto con il professore è stato coordinato dal direttore scientifico della rassegna culturale, il dottor Daniele Frisco, che è entrato fin da subito nel vivo dell’evento dopo i saluti dell’amministrazione comunale portati dalla consigliera con delega alla cultura di Casatenovo, Enrica Baio. In realtà, le origini del libro non sono nemmeno tanto lontane rispetto al nostro territorio, perché l’idea di sviluppare un’intera antologia di saggi attorno al tema del ghetto è nata nel professor Bassi nel vicino Comune di Merate, dove anni fa aveva intrattenuto i primi contatti con l’associazione di adozione che gli ha permesso di diventare un padre adottivo. “Parlando con un intellettuale di Nairobi, dove opera l’associazione, ho sentito dirgli la parola “ghetto”, un termine che è stato coniato per la prima volta nel ghetto di Venezia dopo la sua fondazione nel 1516” ha spiegato Shaul nel suo primo intervento.

“Mi ha quindi colpito che un termine dall’origine così circoscritta fosse in realtà diventato un concetto di portata internazionale, usato in tantissime culture, spesso con riferimenti diversi, seppure quello più comune risalga al suo significato di divisione e segregazione. L’idea del libro è perciò nata per far riscoprire questa parola attraverso le lenti di autori di diverse origini con il compito di rielaborarlo in ottica letteraria per trasporlo dal livello più circoscritto dell’esperienza veneziana fino ad arrivare ai tragici eventi dei campi di concentramento del ‘900”. Il ghetto di Venezia, nonostante non fosse il primo esempio di quartiere separato dal resto della città, ha “brevettato” con questo nome il cluster di popolazioni ebraiche che si sono ritrovate nel XXVI secolo allo stesso tempo sia divise dai veneziani e sia unite con altre persone di religione e cultura ebraica e diversa nazionalità, inizialmente tedesca e italiana e poi portoghese e spagnola. Fin da subito, quindi, popoli diversi, uniti dall’ebraismo, hanno dovuto convivere in un luogo ristretto e hanno dato vita ad un crogiuolo culturale e cosmopolita che ha in realtà arricchito tutti i gruppi all’interno del ghetto e gli stessi veneziani all’esterno, attratti da questo inaspettato mescolamento di costumi e stili di vita.

“Il ghetto, da sempre sinonimo di separazione e segregazione, era diventato in realtà un luogo di incontro e di scambio per ebrei e cristiani di diversa nazionalità, purtroppo però questa evoluzione è un pezzo di storia ancora poco nota. Il ghetto, così come concepito a Venezia, transita prima in altre città italiane per poi spostarsi sull’intero continente, arrivando fino al Ventesimo secolo dove è stato usato per descrivere le minoranze etniche. Con il nazifascismo, il lato della segregazione e del distacco totale dal resto della popolazione prendono invece il sopravvento sul termine. Si tratta quindi, nel caso della concezione e dell’evoluzione dell’esperienza del ghetto, di un vero e proprio paradosso, oltre che di un luogo assolutamente ambivalente. Gli autori che sono stati invitati a Venezia per trascorrere del tempo nel ghetto hanno cercato di riflettere proprio su questa tensione interna al suo significato, oltre che a portare nei saggi le proprie esperienze e riflessioni sul tema” ha concluso il professore, chiudendo l’intervento con la spiegazione del titolo dell’opera: “Il cortile del mondo si riferisce proprio al ghetto di Venezia, perché gli ebrei del ‘500 dopo aver sperimentato questo processo di scambio reciproco con le altre culture, iniziano a chiamare il quartiere con il termine ebraico di cortile, indicando il senso di protezione e di casa sviluppato proprio per via dell’appartenenza comune al luogo. Nel corso della serata, infine, è intervenuto anche il dottor Lucio De Capitani, autore di un saggio introduttivo sul tema del ghetto incluso nel libro, e la vicepresidente del Consorzio Villa Greppi, Marta Comi, che al termine dell’evento ha dato appuntamento a tutti gli ospiti al prossimo appuntamento con i “Percorsi nella memoria”.
M.B.
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