Annone: il sistema di procedura penale in sintesi e 'a puntate' insieme a tre avvocati

La procedura penale nel sistema giuridico italiano. Nella serata di venerdì 28 gennaio si è tenuto, nella sala consiliare di villa Cabella, il primo di tre incontri promossi da tre giuristi di Annone Brianza: Enrico Rigamonti, Luca Marsigli e Laura Bartesaghi.

"Vogliamo dare gli strumenti per discernere quanto viene spesso detto, soprattutto su fatti di cronaca nera - ha spiegato l'avvocato Rigamonti - L'ipotesi di essere attinti almeno da un'indagine penale non è prerogativa dei delinquenti, ma può toccare ciascuno di noi. Non esiste solo l'omicidio volontario, ma ci sono dei reati bagatellari che possono dar luogo a un'indagine e magari a un processo".

Da sinistra Laura Bartesaghi, Enrico Rigamonti e Luca Marsigli

Una prima distinzione riguarda il processo e il procedimento penale. Fin quando la persona sottoposta a indagine non assume la qualifica di imputato (ovvero quando si contesta un capo di imputazione), si parla di procedimento. L'iter penale ha un rango costituzionale, definito dall'articolo 111 della Costituzione mentre le regole processuali si trovano nel codice di procedura penale.

Il concetto base del diritto penale è il reato, vale a dire il più grave degli illeciti, ovvero delle condotte che i cittadini possono commettere in danno della società. Quest'ultimo si distingue dall'illecito amministrativo, che può avvenire per esempio quando si parcheggia in divieto di sosta.

I delitti, come l'omicidio o il furto, sono i reati più gravi e sono puniti con l'ergastolo, la reclusione e la multa (la pena pecuniaria con cui legislatore punisce il delitto) mentre la contravvenzione è punita con l'arresto e un'ammenda.

Perché sorga un'indagine penale dev'essere presente un fatto che deve essere portato all'attenzione dell'organo dell'accusa, ovvero il pubblico ministero (PM). Secondo l'art. 112 della Costituzione, l'avvio dell'inchiesta penale è obbligatoria per il PM, che non ha la facoltà di scegliere se aprire oppure no un'inchiesta penale. La notizia di reato arriva al PM per lo più attraverso la comunicazione di notizie di reato (CNR) da parte della polizia giudiziaria che non coincide con la sola polizia di stato. Per il cittadino non c'è l'obbligo di denunciare un reato, ma lo è se questi sono nella veste di pubblici ufficiali, come possono essere il sindaco, i cittadini con funzione pubblica (presidenti e componenti di un seggio). Esistono tre tipi di atto che vengono all'attenzione del PM: l'esposto, la denuncia e la querela. I primi due devono contenere l'esposizione dei fatti con la differenza che la denuncia ipotizza anche il tipo di reato commesso. L'esposto, invece, non ipotizza il reato: si raccontano i fatti e si dice qual è il reato contestato.

Non tutti i reati sono perseguiti d'ufficio perché ci sono quelli a querela della persona offesa, che chiede la punizione o l'esercizio dell'azione penale. Se manca la volontà della persona offesa di chiedere la punizione del colpevole, non si può iniziare l'azione penale e nemmeno l'indagine: la querela in genere si può rimettere, ovvero ritirare, sino a sentenza definitiva. Gran parte dei reati sessuali è a querela della persona offesa ed è irrevocabile.

La Costituzione ha fatto la scelta di assegnare al PM, organo dell'accusa (ma non l'avvocato dell'accusa!), il rango di magistrato. Tra gli obblighi del PM c'è la ricerca delle prove del reato: è magistrato e dunque super partes in questo senso.

Ufficio del PM si incarna nelle Procure della repubblica, presso ogni tribunale, nella Procura generale presso la corte di appello e nella Procura generale presso la corte di Cassazione.

La notizia di reato è contenuta in un registro tenuto presso gli uffici della Procura della Repubblica, con l'iscrizione del nominativo del soggetto indagato. La Procura della Repubblica nomina un procuratore mentre il PM ha la titolarità del fascicolo e a lui spetta la qualificazione giuridica del reato: quando l'indagato è noto, i reati giudicati dal tribunale ordinario (modello 21) o dal giudice di pace (minaccia semplice e lesioni che non superano tot giorni di prognosi). Se c'è l'indagato ignoto, la denuncia va a modello 44. Poi ci sono i fatti non costituenti reati o pseudo notizia di reato.

Quando una notizia di reato viene iscritta nel registro degli indagati, inizia a decorre il termine delle indagini preliminari, che varia a seconda della tipologia di reato. Solitamente il termi è di 6 mesi, ma può essere prorogato prima della sua scadenza per una giusta causa: va chiesto al giudice che modera le indagini preliminari (GIP) e autorizza il PM a compiere atti invasivi. "Essere indagati quindi significa essere attenzioni dalla repubblica se una notizia di reato ha fondamento oppure no" ha specificato l'avvocato Marsigli.

Se il GIP valuta positivamente la proroga, si va avanti. La proroga deve essere comunicata all'indagato e al difensore con l'indicazione del capo di imputazione, in modo che il difensore possa intervenire e depositare memoria difensiva contestando la richiesta di proroga che il PM sta valutando. Il termine massimo delle indagini preliminari non può superare 18 mesi.

Quando sono finiti i termini, il PM deve decidere se esercitare un'azione penale o chiedere l'archiviazione. Quando è terminato il periodo di indagine, se il PM chiede l'archiviazione, il procuratore generale presso la corte d'appello avoca a sé le indagini e decide se esercitare azione penale o archiviare.

Nello svolgimento delle indagini preliminari il PM coordina la polizia giudiziaria, le informazioni testimoniali (soggetti che devono testimoniare il fatto) e le operazioni di controllo da parte della polizia giudiziaria della persona indagata. Il PM fa un'attività della ricerca della prova tramite ispezioni e perquisizioni, intercettazioni telefoniche e/o ambientali e sequestro di oggetti attinenti al reato. Tutte queste attività devono avere convalida e autorizzazioni da parte del GIP. Inoltre può chiedere al soggetto indagato se vuole sottoporsi a interrogatorio, un atto difensivo che presuppone la presenza obbligatoria del difensore.

Tutte le attività di indagine sono secretate ed esiste il segreto istruttorio. Quando il PM ritiene di aver finito le indagini, emette l'avviso di conclusione delle indagini e dà la facoltà di entrare nel fascicolo. Possono essere prese una serie di misure precautelari: arresto in flagranza (obbligatorio o facoltativo. Nel primo caso quando ci sono reati puniti con pene abbastanza alte e il soggetto colto in violazione deve essere per forza arrestato; in caso facoltativo, si può valutare se arrestare o lasciare a piede libero, ovvero è libero ma con contestazione di reato), arresto differito, fermo indiziato, arresto da parte del privato e allentamento dalla casa familiare.

Le misure cautelari personali sono i provvedimenti provvisori ed esecutivi, disposti dall'autorità giudiziaria su richiesta del PM quando c'è il pericolo che durante le indagini il soggetto possa inquinare le prove, darsi alla fuga o reiterare il reato. Le più importanti sono la custodia cautelare in carcere, gli arresti domiciliari, l'obbligo di firma e l'obbligo di dimora. Ci sono poi le misure cautelari reali: il sequestro preventivo o probatorio (il PM può richiedere sequestro di documenti quando ha timore che possa essere distrutto o danneggiato, inquinato) e il sequestro conservativo.

Il giudice deve capire se la misura cautelare è proporzionale rispetto al fatto e non può disperdere la misura della custodia cautelare se ritiene possa essere concessa la sospensione condizionale della pena.

Alla fase finale delle indagini preliminari si arriva quando il PM ha svolto le indagini e deve decidere se mandare il soggetto indagato davanti al tribunale trasformandolo in imputato o chiederne l'archiviazione. Il PM è figura super partes che cerca di chiarire i fatti e capire se è opportuno portare avanti il processo.

Il PM formula una richiesta di archiviazione al GIP quando la notizia di reato è infondata: sarà poi l'autorità giudiziaria ad accogliere o meno l'archiviazione. Una volta formulata, il PM la invia al GIP insieme al fascicolo di procedimento e, in alcuni casi, viene notificata alla persona offesa (quando ci sono delitti con violenza alla persona, furti). La persona offesa ha un termine in cui può presentare opposizione alla richiesta di archiviazione dando le motivazioni e suggerendo ulteriori indagini. Non è detto, invece, che il soggetto indagato venga informato dell'archiviazione. Il GIP a questo punto emette un decreto di archiviazione oppure fissa un'udienza in camera di consiglio, ovvero un'udienza a porte chiuse in cui partecipano solo le parti interessate. Il GIP deve chiarire se l'opposizione è ammissibile: in tal caso il giudice è tenuto a fissare l'udienza. Derivano tre esiti dalla richiesta di archiviazione: il GIP conclude il procedimento; ritiene che le indagini non siano complete e dispone lo svolgimento di ulteriori indagini stabilendo il tempo oppure l'imputazione coattiva, che avviene quando il GIP si convince debba essere formulata l'imputazione, ovvero dire che quel soggetto è responsabile di determinati fatti e deve disporre che il PM formuli l'imputazioni.

Il PM stabilisce che si debba andare processo e fa un rinvio a giudizio. Prima c'è la notifica, ovvero l'atto con il quale soggetto indagato viene informato del fatto che sono state svolte indagini, delle norme che si ritiene abbia violato e si dà la possibilità di accedere agli atti del procedimento. Con questo avviso, l'indagato può portare avanti l'indagine difensiva o chiedere di essere sentito dal PM e costruire la propria tesi difensiva. Il PM chiede che il soggetto venga indagato per determinati fatti dinanzi al giudizio monocratico o collegiale.

Nei prossimi incontri si tratteranno i riti alterativi (dibattimento, rito abbreviato) e gli ulteriori gradi di giudizio, appello e cassazione.

M.Mau.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.