Galgiana: festeggiato il patrono San Biagio con messa e ravioli

Giornata di festa e riflessione quella di domenica 6 febbraio per la comunità dei fedeli della parrocchia casatese di Galgiana-Cassina de' Bracchi, in occasione della ricorrenza di San Biagio. Quest'ultimo è stato un martire ma, come è stato ricordato stamani all’inizio della messa, il martirio nel cristianesimo non è un atto di fondamentalismo religioso bensì una testimonianza che alimenta quel fiume di grazia che sgorgò per la prima volta dal sangue di Gesù crocifisso e poi risorto.




Il martire infine, nella rappresentazione cristiana, muore a braccia spalancate dicendo sì al Signore nell’attimo stesso di morire. Il ricordo del martirio nella figura di San Biagio è quindi un modo per la comunità di riflettere sulla propria esperienza di fede e sul proprio rapporto con Dio, trovando confronto nella preghiera e nella devozione al Santo patrono.



La celebrazione di domenica si è dunque aperta con il tradizionale rito del faro, con il parroco don Antonio Bonacina che ha infuocato il pallone sospeso sopra l’altare spiegandone poi meglio i motivi e i significati durante l’omelia. Dopo la lettura del vangelo da parte del vicario don Piergiorgio Fumagalli, il prevosto casatese ha preso la parola riprendendo tre temi fondamentali che fanno da cornice alla giornata di festa e che si ricollegano alla figura di San Biagio.





''Oggi non ricordiamo solo il nostro Santo patrono perché questa domenica è anche la 44° edizione della giornata della vita, un’occasione unica per ripensare profondamente al nostro percorso di vita umano e spirituale'' ha commentato don Antonio, proseguendo poi con l’esposizione dei tre temi annunciati. ''Innanzitutto, il primo simbolo che vi propongo è quello del pallone appena infuocato che avete davanti a voi, perché l’atto del bruciare e del consumarsi ricorda lo scorrere della vita che passa. Non è un caso che il sacerdote quando rappresenta questo rito dice sottovoce alcune parole in latino che parafrasate si riferiscono proprio a questo passare del tempo inesorabile e veloce. Dovremmo perciò chiederci tutti: come sto spendendo la mia vita? Non possiamo di certo fermare questo avanzare del cammino ma possiamo però dargli un senso, un colore, scegliendo le tonalità migliori da attribuire ad ogni momento".




"Il secondo pensiero che vi lascio - ha proseguito - riguarda poi la reliquia di San Biagio martire che vedete qui sull’altare, la quale celebra una vita che è stata troncata in maniera violenta come conseguenza di una fede profonda e pura. La domanda in questo caso è: nella mia vita, cos’è che mi fa soffrire? Oppure: sto facendo soffrire qualcuno? Nel rispondere a questi quesiti devo cercare di capire se posso migliorare qualcosa, magari riducendo l’impatto negativo delle mie azioni per vivere in pienezza il mio cammino di vita. Se poi scopro di star facendo soffrire qualcuno devo chiedermi come fare per porre fine a questo dolore, perché siamo chiamati da Gesù ad estirparlo e a mettere in gioco tutte le energie e capacità per farlo smettere e rimediare. Infine, come ultimo tema, vi invito a guardare ai piedi dell’altare dove sono posizionati i sacchetti di panettone che verranno distribuiti al termine della funzione. Per vivere, infatti, bisogna nutrirsi di cibo ma in realtà ogni domenica venendo a messa ci siamo abituati a nutrirci soprattutto della Parola di Dio, senza la quale un cristiano non potrebbe andare avanti. Un cristiano senza questo nutrimento speciale che deriva dal Signore è assimilabile alla mancanza di cibo, egli non può lottare, non può vivere e non può compiere quei gesti tipici che dovrebbero incarnare la parola di Dio stessa''.




Don Antonio ha perciò spiegato i significati dei diversi simboli che fungono da supporto nella riflessione personale e spirituale in questa giornata di festa a partire dalle ceneri del pallone bruciato. Quest’ultimo quindi, non vuole essere altro che un incoraggiamento a vivere la vita fino in fondo come un dono prezioso da celebrare. La sofferenza, se provata, deve assomigliare a quella del martire che anche nel dolore non abbandona Gesù ma cerca fino in fondo di rendere la sua esperienza la più bella possibile grazie alla vicinanza con Dio.


Al termine della messa, all’esterno della chiesa, i volontari della parrocchia hanno venduto ai fedeli il celebre e gustoso raviolo dolce di San Biagio, dolce tipico di questa ricorrenza.
M.B.
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