Casatenovo: in Colombina serata a cura di Villa Greppi su foibe ed esodo istriano

Durante la serata di mercoledì 16 febbraio si è tenuto l'ultimo appuntamento organizzato dal Consorzio Brianteo Villa Greppi per celebrare il "Giorno del Ricordo", ricorrenza istituita dal Parlamento italiano nel 2004 in memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano dalmata.

Da sinistra Enrica Baio, Enrico Miletto, Daniele Frisco e Marta Comi

Nella sala polifunzionale "La Colombina" di Casatenovo il pubblico - tra cui il vicepresidente del Consorzio Marta Comi  e il consigliere comunale  Enrica Baio - ha potuto ascoltare le parole di Enrico Miletto, docente di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne dell'Università di Torino  e autore del libro "Novecento di confine. L'Istria, le foibe, l'esodo" edito da Franco Angeli.

Il consulente storico  Daniele Frisco  ha introdotto il tema: "Oggi parliamo di confine orientale e lo facciamo con una prospettiva di lungo periodo che ci permette di capire le dinamiche storiche e, in particolare, la violenza politica che ha caratterizzato l'alto adriatico durante la Seconda guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra. Ringrazio il Professore Miletto per essere qui con noi e per raccontarci il lungo Novecento del confine orientale italiano. Verrà approfondita la questione relativa all'esodo, in particolare quello istriano, visto da una prospettiva europea. L'esodo sarà inserito all'interno degli spostamenti di popolazione che hanno caratterizzato l'Europa all'indomani della Seconda guerra mondiale".

Enrico Miletto ha iniziato con una breve panoramica sull'Istria, su Fiume e sulla Dalmazia: all'interno di questi territori convivevano tre mondi culturali, ossia quello latino (italiano), quello germanico (austriaco/tedesco) e, infine, quello slavo (sloveno e croato). Le comunità più rappresentative erano di italiani, sloveni e croati. Lungo la costa occidentale, in particolare Trieste e Pola, vi era prevalenza di italiani, mentre nell'entroterra istriano vi era la presenza slovena e croata.
A partire dalla seconda metà del diciannovesimo secolo c'è stata l'accelerazione del processo nazionalista italiano, sloveno e croato. Il nazionalismo, ossia l'identificazione tra territorio e popolazione, ha portato alla radicalizzazione dello scontro e alla contrapposizione delle nazionalità.

"Una data importante - prosegue Miletto - è il 3 novembre 1918 quando a Villa Giusti si firma l'armistizio italo-austriaco. L'esercito italiano entra a Trieste e prende possesso di Istria e Dalmazia. Successivamente con il Trattato di Rapallo, nel 1920, si annette all'Italia l'Istria e Zara, mentre Fiume viene dichiarata città libera. Però nel 1924 Fiume viene annessa al nostro paese con il Trattato di Roma. Con l'avvento del regime fascista, la popolazione slovena e croata viene inglobata nel Regno d'Italia e si tende ad un'omologazione nazionale anche nei confini. Gli strumenti usati dal fascismo sono la violenza e un forte apparato legislativo".
Nel 1941 inizia l'occupazione della Jugoslavia da parte di Italia e Germania. Il nostro paese invade Montenegro, Kosovo, Macedonia, Spalato, Cattaro e Lubiana. Si assiste ad un'estrema durezza verso la popolazione civile. I civili jugoslavi, infatti, vengono internati nei campi: il campo principale è quello di Arbe, mentre in Italia troviamo Gonars.
L'armistizio dell'8 settembre 1943 porta all'avanzata tedesca e ci sono ripercussioni sull'aerea Giuliana (si parla di "operazioni del litorale Adriatico"). Si instaura la Giurisdizione di Rainier, che collabora con la RSI. I tedeschi si concentrano sui punti strategici e il vuoto di potere nella parte istriana porta alla movimentazione dei partigiani sloveni e croati. I partigiani jugoslavi non hanno solo come obiettivo quello di salvarsi dai nazisti e dai fascisti, ma soprattutto quello di creare una Jugoslavia comunista con l'annessione del Friuli-Venezia Giulia.

Con il Proclama di Pisino si arriva all'unione di Istria e Croazia. Vengono cacciati i fascisti e i nemici interni vengono mandati alle foibe. Enrico Miletto spiega le due ondate più importanti: "Prima di tutto troviamo la prima ondata con le foibe istriane nell'autunno del 1943. Il movimento partigiano vuole instaurare un nuovo ordine, eliminare i nemici del popolo, colpire i responsabili di violenze contro popolazione croata e intimorire la componente italiana. Le vittime si aggirano intorno alle 500-700 persone. La seconda ondata avviene nella primavera del 1945 e si parla di foibe giuliane. Vengono arrestati i collaborazionisti del nazifascismo, carabinieri, guardia di finanza ed esponenti del CNL di Trieste. In questo caso le vittime sono circa 3000-4000".
Ultima parte della conferenza è stata dedicata all'esodo. La Seconda guerra mondiale lascia circa 20 milioni di profughi: 12 milioni di tedeschi vengono espulsi, 7-8 milioni sono "displaced person" e poi si hanno i rifugiati. Tra il 1944 e il 1956 si assiste ad una serie di spostamenti forzati delle popolazioni in Europa. Gli italiani in esodo sono circa 250.000. Per esodo si intende una separazione forzata.

"L'esodo dalla città di Zara - afferma il docente - inizia a guerra in corso e vede la partecipazione di 10.000 persone. L'esodo da Fiume riguarda il periodo estivo e arriva a 32.000 persone, mentre l'esodo da Pola è di tipo preventivo e si contano circa 28.000 persone. Pola è la città simbolo dell'esodo. Le motivazioni alla base degli spostamenti sono molteplici: paura, quotidianità, opposizione politica, provvedimenti economici e psicosi collettiva. Le persone si spostano soprattutto verso l'Australia e il continente americano. Nel nostro paese l'accoglienza dei profughi avviene molto lentamente e con pregiudizi politici e ferite che ancora non sono rimarginate".
S.B.
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