Barzago: al 2° incontro di Storie in Quota l'associazione di volontari ''La Cordillera''

Volontariato in alta quota e solidarietà sono stati i temi principali toccati nella serata di giovedì 3 marzo presso l'aula civica di Barzago dove si è tenuto il secondo incontro del ciclo Storie in Quota, rassegna culturale interamente dedicata al mondo della montagna.

I ragazzi de ''La Cordillera''. Primo a sinistra il consigliere Mattia Decio

L'evento è stato organizzato congiuntamente dal Comune di Barzago, dalla biblioteca comunale, dal gruppo BZG - Eventi e territorio e dal gruppo escursionistico barzaghese "Mai Secch" e ha visto la partecipazione in qualità di ospiti speciali i volontari dell'associazione "La Cordillera".

La bibliotecaria Milena Rocca

La serata si è aperta con la lettura da parte della bibliotecaria Milena Rocca di un passaggio del libro "Waliki: Cronache di un fisioterapista sull'altipiano" scritto da uno dei volontari del progetto, Francesco Villa, che ha racchiuso nel testo la propria esperienza come fisioterapista volontario nelle Ande boliviane per assistere la popolazione locale più bisognosa. Dopo una breve introduzione della serata da parte del neo assessore alla cultura Claudia Isacchi, la parola è passata al moderatore dell'evento, il consigliere Mattia Decio, che ha presentato i ragazzi, ovvero Francesco, Marta, Miriam e Laura, chiedendo loro di illustrare i progetti dell'associazione e delle missioni in Bolivia.

"La Cordillera nasce nel 2019 ma ha le sue origini molti anni prima quando come giovani volontari ci siamo ritrovati insieme in una missione in Bolivia e abbiamo poi deciso di mantenere i contatti per creare qualcosa di analogo anche nel nostro territorio alpino. Uno dei progetti che è nato da questa idea è stata la sistemazione di un rifugio nella bergamasca, sulle Alpi Orobie, come luogo di ritrovo e incontro per tutte le persone di passaggio da questa montagna, il quale è stato portato avanti anche grazie al sostegno arrivatoci da alcuni bandi locali e fondi europei. Lo scopo era quello di coinvolgere oratori, gruppi scout e chiunque volesse partecipare alla costruzione materiale della baita per trascorrere un periodo d'estate insieme lavorando e condividendo la vita di montagna, e in effetti per due estati, dal 2020 al 2021 siamo riusciti a coinvolgere tanti ragazzi che si sono offerti di dare una mano. L'idea era, infatti, che il rifugio sarebbe stato gestito da noi come volontari e con soddisfazione possiamo annunciare che a giugno di quest'anno ne faremo l'inaugurazione, aprendo in via ufficiale il Rifugio Monte Alben" hanno raccontato i ragazzi, spiegando poi come si sviluppa il legame tra il rifugio alpino e le Ande boliviane, dove ogni anno arrivano tantissimi volontari italiani ed europei per lavorare e supportare la popolazione locale che per lo più vive sotto la soglia di povertà.

L'assessore Claudia Isacchi

Le persone in questa regione della Bolivia, e in particolare nel villaggio della missione che è Peñas, vivono di agricoltura e allevamento base e per via delle difficili condizioni di vita della campagna sono spinti a migrare numerosi verso le città dove però purtroppo spesso cadono vittime della criminalità urbana. L'obbiettivo della missione in questo caso è quindi quello di dare un'educazione ai ragazzi per motivarli a rimanere nei loro villaggi contribuendo al loro sviluppo attraverso l'incentivazione del turismo.

Con questo proposito la missione ha contribuito alla realizzazione del corso di laurea di turismo d'avventura dell'università locale, in modo da formare i ragazzi adeguatamente per diventare guide consapevoli e informate e in grado di accogliere i turisti in tutto l'ambiente naturale delle Ande, dalla montagna al lago. Il progetto ha già formato alcune guide boliviane che saranno pronte per dare vita a questo tipo di turismo avventuroso nel proprio luogo di origine dopo aver trascorso qualche mese in Italia nel territorio alpino per completare la loro educazione in un contesto diverso da quello delle Ande al fine di consolidare le competenze acquisite.

Sempre con la missione si è pensato allo stesso tempo di dare vita ad un progetto di fisioterapia per permettere di assistere la popolazione locale dal punto di vista sanitario da parte di giovani fisioterapisti volontari provenienti dalle università italiane. Grazie al contributo di molti privati e istituzioni è stato possibile dare vita ad un ambulatorio di fisioterapia oltre che ad attivare il servizio di assistenza a domicilio per raggiungere anche le persone più isolate e per evitare che la disabilità possa portare all'emarginazione. I giovani fisioterapisti come Francesco Villa e alcune delle ragazze dell'associazione possono quindi fare esperienza della propria professione in un contesto diverso da quello abituale misurandosi con le dinamiche e le tradizioni locali che spesso inducono proprio a ripensare a noi stessi innanzitutto come persone.

Tra Italia e Bolivia si è creato quindi un clima di mutuo soccorso tra italiani che partono in missione e boliviani che arrivano per formarsi, molti dei quali hanno contribuito anche direttamente alla realizzazione del rifugio dell'associazione, mantenendo sempre la montagna come filo conduttore di questi legami.

"La cosa che ci dà maggiormente soddisfazione è sicuramente quella di essere riusciti a fare qualcosa qui sul nostro territorio che stimoli lo stesso spirito di solidarietà che si può creare in Bolivia, a dimostrazione che il bisogno di sentirsi comunità non appartiene solo ad alcune zone del mondo ma è universale" hanno concluso i ragazzi prima di ringraziare le persone del pubblico in sala, tra le quali anche il sindaco Mirko Ceroli.
M. B.
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