Casatenovo, Auditorium: la stagione teatrale riparte il 9/3. Sul palco Enzo Decaro

L'Auditorium di Casatenovo torna ad ospitare la magia del teatro. Nella serata di mercoledì 9 marzo infatti, prenderà il via il recupero della stagione teatrale 2019/2020; fra gli obiettivi dello staff del cineteatro di Via Parini c'era da tempo anche quello di ripagare la grande fiducia degli abbonati, riproponendo gli spettacoli che a causa della pandemia sono stati cancellati.
Detto....fatto! ''Eravamo rimasti al 17 gennaio 2020, in compagnia di Cesare Bocci e del suo Pesce d'Aprile quando, qualche giorno dopo, fummo colpiti dallo tsunami del virus. Da allora tutto e tutti tacquero'' ci spiegano dall'Auditorium. ''Sono passati oltre due anni e adesso, finalmente, anche il teatro e il suo mondo possono ricominciare a vivere. Oggi dobbiamo ringraziare il nostro pubblico che non ci ha abbandonato ed ha compreso la situazione creatasi e dire grazie alle compagnie, tutte disponibili a riprogrammare la stagione teatrale''.

Mercoledì sera alle ore 21 sarà Enzo Decaro a salire sul palco del cineteatro casatese, protagonista dello spettacolo ''Non è vero ma ci credo''.
Partenopeo di Portici, l'attore classe 1958 vanta una lunga carriera alle spalle: dal palcoscenico alla tv, sino al grande schermo. Un curriculum lunghissimo e di grande spessore. Fra le sue ultime apparizioni come non citare ad esempio il film ''E' stata la mano di Dio'' del premio Oscar Paolo Sorrentino.
Alla vigilia della sua esibizione a Casatenovo abbiamo avuto la possibilità di porgli qualche domanda sullo spettacolo, scritto dal compianto Peppino De Filippo per la regia di Leo Muscato. Una tragedia...tutta da ridere, ambientata in una Napoli anni '80 e un poco e surreale in cui convivevano niente meno che Mario Merola, Pino Daniele e Maradona.

-Chi furono i De Filippo e cosa in particolare ne caratterizza l'opera teatrale?

I De Filippo erano tre fratelli (Eduardo, Peppino e Titina ndr) che, ritrovatisi dopo le individuali e differenti esperienze teatrali, riuscirono a creare la fucina nella quale le loro personalità umane ed artistiche affioravano in un continuo scontro-incontro. Il risultato però, era sempre straordinario nonostante la complessità di unire i diversi punti di vista.
Questo è anche quello che è successo nella mia esperienza personale di trio. ''Non è vero ma ci credo'' pur essendo firmata da Peppino De Filippo, in realtà è frutto di quel momento creativamente magico dei De Filippo, come avvenuto anche in ''Natale in casa Cupiello'' che nasce come suggestione, come spunto, in quel periodo in cui i tre riuscirono a dare fondo a pieno alla loro creatività. Possiamo considerarli come tre piccoli monumenti del teatro non solo napoletano, rinnovando i canoni di quello stesso teatro comico da cui provenivano. Questo ne è stato il merito più grande: essere loro stessi dei modificatori del teatro comico napoletano.

-Ci sono state delle modifiche allo spettacolo rispetto alla versione originale?

Quando con Luigi De Filippo (figlio di Peppino ndr) cominciammo a pensare di riportare in scena questo testo - cosa a cui lui teneva molto - vi era necessità di rispettare la tradizione ed il testo, rinnovandolo però non tanto nei contenuti, quanto nelle modalità. Ciò ha portato la rappresentazione teatrale originaria - della durata di più di due ore e mezza e divisa in tre atti - a divenire un atto unico di circa novanta minuti che rispetta l'architettura della scrittura, ma interpretativamente interviene in maniera importante con innovazioni non solo sceniche ma anche di tempistica e di ritmo.
Proprio questo penso che sia un po' la chiave della nostra versione dello spettacolo: figlio della tradizione ma anche capace di accogliere l'innovazione come parte integrante di questa comedia che, a mio parere rappresenta bene la leggerezza di Peppino che non lascia al caso le caratteristiche dei personaggi, presentando una ampia carrellata di umanità.

-È anche lei superstizioso? Ci sono delle parti del protagonista, il commendator Gervasio Savastano, nelle quali si rispecchia?

Io ho la fortuna di essere uno dei napoletani meno superstiziosi che conosco, per cui non ho problemi a passare il sale a tavola, a prendere l'olio senza poggiarlo, adoro i gatti neri... insomma la superstizione la ritengo come una iattura, come succede al Commendator Savastano. Infatti tutto ciò che è "credenza" nella nostra vita corre il rischio di divenire una fede ceca che rischia di divenire pericolosa, cosa che sta accadendo anche ai giorni nostri. Posso dire quindi che a mio parere essere superstiziosi porta male, quindi con questo credo di raccogliere tutto il messaggio di questo spettacolo, che voleva essere la volontà di Peppino, un grande interprete del teatro che lascia la leggerezza, che non è superficialità della farsa, ma quella di cui si parla molto in questo tempo, quella calviniana che si fonda, da un lato, sulla necessità comune di riflettere e di reagire di conseguenza, ma dall'altra parte di aumentare il nostro coefficiente di leggerezza perché poi ci aiuta a riflettere.
Probabilmente è questo il piccolo dono che ci fa questo spettacolo.

In conclusione abbiamo posto un'ulteriore domanda a Pierluigi Iorio, membro della compagnia teatrale ''I Due della Città del Sole'' che si occupa della produzione di questo spettacolo.

-Possiamo dire che oggi il teatro è uscito dalla crisi legata al Covid? Gli interventi dello Stato sono stati sufficienti? Come ritiene che il Governo potrebbe eventualmente sostenere meglio il vostro settore?

Non si può dire, purtroppo, che il teatro sia uscito dalla crisi del Covid. Ricordiamo innanzitutto che oltre ad aver interrotto tutte le nostre attività tra febbraio e marzo del 2020, di fatto, tutta la scorsa stagione teatrale dello scorso anno è stata interrotta. Abbiamo cominciato la stagione 2021-2022 con delle difficoltà dettate non già dallo scarso aiuto del governo, quanto piuttosto, dalla paura degli spettatori che ancora riscontriamo perché molte persone hanno ancora grandi difficoltà a sentirsi tranquille in ambienti al chiuso. Questa è la vera difficoltà con cui abbiamo a che fare perché capita spesso che per quanto la sala sia già tutta venduta, come si usa dire nel nostro settore, cioè che siano stati venduti tutti i biglietti e abbonamenti, capita spesso che parte della sala sia vuota perché gli spettatori hanno timore o perché hanno avuto un contatto stretto o hanno contratto il Covid. Infatti non dobbiamo dimenticare che, nonostante oggi se ne parli sempre meno, noi che andiamo in giro per l'Italia abbiamo abbastanza bene il polso della situazione e dunque possiamo dire che il virus c'è ancora ed è ben presente. Questo non vuol dire fermarsi, anzi penso che sia proprio il momento attuale quello giusto per resistere e insistere, perché noi abbiamo una missione, ovvero quella di far si che almeno le persone possano tornare a sedersi in teatro e svagarsi, entrare nelle vite di altre persone. Io mi auguro che si possa tornare presto a teatro con meno preoccupazioni, per quanto già oggi il teatro sia un luogo sicuro dato che per accedervi sono necessari il Green Pass rafforzato o guarigione e la mascherina FFP2, i presidi sanitari più sicuri. Inoltre bisogna tenere conto che la primavera è alle porte e come gli scorsi anni ci hanno insegnato, dovremmo andare incontro a periodi migliori, completando tutti il ciclo vaccinale e, conoscendo sempre meglio la malattia, possiamo sperare di parlare di pandemia come se ormai stia alle nostre spalle.

Che dire...le premesse per trascorrere un'ottima serata all'insegna della qualità e del divertimento ci sono tutte. Non ci resta altro che augurare a tutti coloro che hanno acquistato l'abbonamento di accomodarsi, spegnere il cellulare e godersi lo spettacolo!

G.P.
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