Cremella: fantasia e irriverenza alla base del libro della 27enne Giulia Binando Melis

Non si compra, non si regala, non si tocca, ma può, tuttalpiù, essere allenata. È stata la fantasia la protagonista della serata di mercoledì 9 marzo che ha visto l'autrice Giulia Binando Melis presentare il suo primo libro "La bambina sputafuoco". La presentazione, una del ricco calendario di IterFestival, la kermesse letteraria organizzata dal Consorzio Brianteo Vila Greppi, è stata moderata da Martina Garancini, co-direttrice artistica del festival. Ad aprire la serata sono intervenuti la vicepresidente del Consorzio Brianteo Villa Greppi, Marta Comi, e il consigliere cremellese, Valerio Rigamonti.

Giulia Binando Melis

Giovanissima, sorridente e laureata in filosofia con una tesi sulla morte. Queste le coordinate con cui si è presentata al pubblico l'autrice, che a soli 27 anni d'età ha già realizzato il suo sogno di pubblicare un libro autografo. "Tutto è partito da un racconto che ci hanno chiesto di scrivere durante un master di scrittura. Attraverso questo racconto ho trovato la voce di una bambina che risuonava e che aveva altre cose da dire", ha detto Giulia Binando Melis spiegando la genesi della sua prima pubblicazione edita da Garzanti.

L'autrice con gli amministratori comunali e i rappresentanti del Consorzio Villa Greppi

"La bambina sputafuoco" è la storia - tratta dall'esperienza vissuta in prima persona dall'autrice - di una bambina che a un certo punto della sua vita si ritrova in un ospedale per combattere contro il linfoma di Burkitt. Si parla di morte, i bambini protagonisti parlano apertamente della morte, ma allo stesso tempo è un libro divertente, dove si ride e si ricorda la propria infanzia: "l'ambientazione è triste, ma Mina e Lorenzo, i protagonisti del racconto, hanno l'àncora dell'immaginazione. Attraverso questa creano il loro mondo per vivere bene, vivere felici e ci riescono", ha spiegato la scrittrice.

Martina Garancini

La creatività, la fantasia e l'immaginazione non sono solo delle attrici silenziose che permettono a Mina di sentirsi un drago, ma al contrario diventano le protagoniste di un mondo parallelo, che racconta l'aggravarsi delle condizioni mediche con metafore prelibate. Così, il sangue denso e malato diventa miele, il sangue sano è, nella mente della bambina, succo alla pera e le vene sono in realtà cannucce.

Con lo svilupparsi del racconto l'universo narrativo dei personaggi viene diviso in modo dicotomico tra chi resta dentro l'ospedale e chi rimane fuori. Tra i personaggi che rimangono fuori c'è la sorellina di Mina, Olivia, con cui nonostante la lontananza la protagonista continua a rimanere in contatto. Le lettere che le due sorelle si scambiano diventano un modo per Mina di mantenere una vita normale, di continuare a crescere insieme e di prendersi cura l'una dell'altra.

L'omaggio del sindaco Ave Pirovano

Un'altra figura che entra ed esce dall'ospedale e che sarà di fondamentale importanza per l'educazione e la crescita di Mina è sua madre: "di solito negli ospedali qualsiasi richiesta di un bambino malato viene accontentata. La madre di Mina, al contrario, tiene al fatto che la figlia rimanga con i piedi per terra e sia educata. È quel pilastro genitoriale che normalmente dà una direzione e nella sua fermezza assicura alla bambina quella normalità che c'è anche fuori", ha spiegato Giulia Binando Melis.


Dentro l'ospedale, invece, le figure di riferimento sono la dottoressa, la psicologa, gli infermieri e i clown. Questi ultimi suscitano la rabbia di Mina, perché non fanno ridere, ma da bambina contegnosa quale è, evita di svelare il loro trucco e li sopporta in silenzio. Come ogni storia che si rispetti l'eroina si scontra continuamente con un nemico: il dottor Tozzi, il primario dell'ospedale. "In situazioni così delicate i medici per sopravvivenza si devono difendere; quindi, finiscono per perdere quella parte emozionale e affettiva con i propri pazienti. Contro il suo atteggiamento si scaglia la rabbia inferocita di Mina. Anche se alla fine si creano anche dentro all'ospedale delle bolle d'amicizia", ha detto raccontando il loro rapporto Melis.

A destra il consigliere Valerio Rigamonti

La vera svolta del racconto avviene quando in ospedale arriva un bambino pelato, irriverente e assolutamente non curante di quella patina di gentilezza obbligata che avvolge il reparto pediatrico. Il primo saluto che rivolge a Mina è, infatti, un dito medio. Lorenzo è arrabbiato, come Mina, forse di più. I due catalizzano la loro rabbia per creare il loro mondo immaginario, arrivando infine alla pianificazione di un'evasione dall'ospedale.

A sinistra Marta Comi, vicepresidente di Villa Greppi

Il racconto di Giulia Melis, pur trattando sensazioni e temi pesanti con la leggerezza di una bambina, non si rifugia dietro un'idealizzazione ipocrita della malattia, ma arriva a parlare candidamente della morte, con la disinvoltura di chi spiega come vorrebbe venisse realizzato il suo funerale.
Il trauma raccontato all'interno del libro riguarda la malattia, ma potrebbe essere sostituito con la guerra, con un lutto o con qualsiasi altro evento traumatico, che sconvolge l'esistenza della persona: "si pensa che i bambini non siano pronti per capire certe cose, ma non è vero, ciò che soffrono di più è la mancanza di senso data dal fatto che nessuno dice loro le cose con chiarezza", ha puntualizzato Melis, riferendosi anche all'inizio della pandemia nel 2020 e alla recente guerra in Ucraina.

Dopo uno scambio di storie di vita vissuta con il pubblico presente, il sindaco di Cremella Ave Pirovano, visibilmente emozionato, ha consegnato dei fiori a Giulia Binando Melis, ricordando il suo trascorso da insegnante e come i bambini che ha incontrato si siano sempre salvati con la fantasia.
M. Bis.
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