Annone: seconda lezione sul sistema giuridico

L'udienza preliminare, il dibattimento, il ruolo del giudice e i riti alternativi sono stati al centro del secondo dei tre incontri sul sistema giuridico italiano. "Entra la corte" è infatti il ciclo di serate promosso da tre avvocati di Annone Brianza: Enrico Rigamonti, Luca Marsigli e Laura Bartesaghi.
Una volta che si sono concluse le indagini preliminari, il pubblico ministero (PM) valuta il destino del soggetto indagato, proponendo al tribunale (in presenza di elementi concreti) di trasformarlo in imputato; al contrario può chiedere l'archiviazione del fascicolo d'indagine. Nel primo caso l'iter penale prosegue e - a questo punto - non si parla più di indagati ma di imputati.

Laura Bartesaghi, Enrico Rigamonti e Luca Marsigli

Se il PM - al termine dell'indagine - opta per l'azione penale, può chiedere la fissazione dell'udienza preliminare oppure la citazione diretta dell'imputato davanti al giudice monocratico.
Il codice di procedura penale dello stato italiano dedica 21 articoli all'udienza preliminare, che serve a ponderare nel contraddittorio tra le parti il materiale d'indagine raccolto dal Pubblico Ministero al fine di stabilire se l'accusa meriti il vaglio dibattimentale oppure se si giunga a una declaratoria di non luogo a procedere.
Il PM, insieme alla richiesta di fissazione udienza, deve depositare il fascicolo delle indagini e deve formulare l'imputazione. L'imputato deve sapere di cosa è accusato per difendersi. Non trattandosi di un dibattimento pubblico, non si usa la toga. L'avviso di udienza, insieme alla richiesta di rinvio a giudizio, è notificato all'imputato o al difensore nominato. L'udienza preliminare è prevista soprattutto nell'interesse dell'imputato tanto che questo può rinunciare.

L'udienza preliminare prevede che il PM esponga i risultati delle indagini e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio. L'imputato può chiedere di essere interrogato o di rendere dichiarazioni spontanee. Parlano poi i difensori delle parti eventuali e, infine, il difensore. È anche prevista una possibilità di replica da parte di PM e difensori.
Gli esiti della discussione possono essere differenti: l'articolo 421 bis del codice di procedura penale regola il caso in cui GUP ritenga che le indagini siano incomplete e fissa il termine per ulteriori indagini da compiere e quello per la nuova udienza. Se, invece, come citato nell'articolo 422, il giudice ritiene che è necessaria l'assunzione di nuove prove al fine della pronuncia di non luogo a procedere, le può disporre d'ufficio e presiede alla loro assunzione. La dottrina rietine che il GUP possa ammettere tutte le prove necessarie. Al termine le parti portano le loro conclusioni.
Se il fatto è diverso da quello iscritto nell'imputazione, il PM modifica l'imputazione e la contesta all'imputato presente o al difensore. Se l'imputato non è presente, gli va notificato il verbale d'udienza. Se il PM non modifica il capo d'imputazione, gli interpreti dicono che il GUP restituisca gli atti al PM. Se emerge un fatto nuovo, occorre una richiesta del PM ma il consenso dell'imputato.

La conclusione dell'udienza porta a due decisioni, quella di non luogo a procedere oppure il decreto che dispone il giudizio.
Nel primo caso, il giudice pronuncia la sentenza di non luogo a procedere quando il reato è estinto, quando il fatto non sussiste, non costituisce reato (quando manca l'elemento soggettivo, il dolo o la colpa), l'imputato non lo ha commesso, l'imputato non è punibile. Il giudice pronuncia il non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o non idonei a sostenere l'accusa in giudizio. La sentenza può essere impugnata dal PM e dall'imputato.
Nel caso di rinvio a giudizio, il giudice fissa l'udienza davanti al collega del dibattimento. Le parti, ai sensi dell'articolo 421, formano il fascicolo per il dibattimento che andrà al giudice del dibattimento.
Il PM può citare direttamente davanti al giudice del dibattimento quando ci sono delitti o contravvenzioni puniti con una pena non superiore a 4 anni.

Il sistema giuridico italiano comprende anche una serie di riti alternativi che consentono all'imputato di avere un premio, ovvero una riduzione di pena o eventuali pene accessorie: l'applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento), il giudizio abbreviato e il decreto penale di condanna. La richiesta dinanzi al giudice di fase deve provenire dall'imputato prima dell'udienza preliminare o del dibattimento di primo grado. Sono anche definiti i reflattivi perché definiscono il processo prima del dibattimento. Vediamoli nel dettaglio.
Il patteggiamento è un accordo tra il PM e la difesa dell'imputato circa la qualificazione giuridica e la pena. Si valuta se possono essere concesse le attenuanti, o se si deve attuare il bilanciamento delle attenuanti con le aggravanti contestate. Il PM presta il consenso e l'accordo finisce nella valutazione del giudice. La pena finale consente la riduzione di 1/3 della pena solo perché l'imputato ha scelto di definire il processo con il patteggiamento. Può essere richiesto per delitti o contravvenzioni quando pena finale non supera i 2 anni (patteggiamento tradizionale) e, nel caso di patteggiamento allargato, entro i 5 ma qui ci sono alcune esclusioni come i reati a sfondo sessuale o i recidivi reiterati. Alcuni reati come il peculato, per essere ammessi al patteggiamento, richiedono che venga restituito integralmente il prezzo.
Non entrano nell'accordo le sanzioni amministrative accessorie al reato (come la patente) e la confisca. La sentenza di patteggiamento è equiparata sentenza di condanna, anche se quale ulteriore beneficio c'è la "non menzione", ovvero il fatto che questa non venga annotata sul certificato penale ad uso privato.

Nel caso del giudizio abbreviato, la richiesta può essere formulata dall'imputato personalmente o dal difensore munito di procura speciale. Può essere richiesto in forma cosiddetta "condizionata": l'imputato può subordinare la richiesta di rito abbreviato ad un'interrogazione probatoria, necessaria ai fini della decisione. In tal caso il giudice accoglie la richiesta qualora l'integrazione appaia necessaria e non contrastante con la finalità di economia processuale cui è diretto il rito speciale. Il PM potrà chiedere l'ammissione della prova contraria. Con la domanda di rito abbreviato, l'imputato può anche proporre, subordinatamente al suo rigetto, la richiesta di definizione del processo all'udienza preliminare allo stato degli atti o quella di applicazione della pena. È ammessa la costituzione della parte civile, ovvero la persona offesa dal reato. In caso di condanna, la pena viene ridotta della metà se si tratta di un reato di contravvenzione. Se ci sono i presupposti, può essere applicata la sospensione condizionale della pena. Il giudizio viene definito con sentenza soggetta ai normali rimedi di impugnazione.

Il decreto penale di condanna riguarda il caso di assenza di contraddittorio tra difesa e pubblica accusa prechè viene posto in essere solo dal procuratore della repubblica. Viene richiesto quando all'imputato deve essere applicata solo la pena pecuniaria e non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali. Ha gli stessi benefici del patteggiamento. Il reato si estingue se imputato non commette altro reato della stessa indole entro 5 anni. In questo caso, si deve applicare una pena pecuniaria ed è prevista la riduzione della metà del calcolo della pena per qualunque tipologia di reato. In caso di pena detentiva, vi è un ragguaglio (1 giorno di detenzione equivale a 75 euro). Il decreto penale non è consentito se deve applicarsi una misura di sicurezza personale. Se il GIP accoglie la richiesta, emette un decreto penale di condanna. Può essere applicata la sospensione condizionale della pena o la rateizzazione (massimo 30 rate) o la possibilità di eseguire la pena con i lavori di pubblica utilità. Essendo emesso in via unilaterale, senza contraddittorio, l'imputato può avanzare opposizione entro 15 giorni dalla notifica del decreto penale di condanna chiedendo che il giudizio venga definito dibattimento o che venga ammesso al giudizio abbreviato anche condonato o che venga applicata una pena su richiesta delle parti. In tali circostanze, il decreto penale di condanna viene revocato, salvo rinuncia all'opposizione da parte dell'imputato.

Veniamo ora ad analizzare il dibattimento, ovvero il momento vivo del processo, quando le parti cercano di portare le prove del processo e cercano di convincere il giudice della condanna o dell'assoluzione. Le parti sono il PM, l'imputato, la parte civile (persona offesa) e il giudice del dibattimento che può essere monocratico o collegiale. Il giudice del dibattimento è una figura nuova che non ha mai visto gli atti del fascicolo e decide sulle prove che vengono presentate nel corso del processo. Il dibattimento si fonda su cinque principi: la pubblicità (spesso le udienze sono pubbliche), oralità (il processo penale si distingue da quello civile perché prevale l'oralità, salvo la possibilità di portare documentazioni scritte), l'immediatezza (deve esserci un rapporto diretto, immediato tra il giudice che acquisisce la prova e quello che decide. Il giudice deve essere sempre lo stesso, deve seguire tutto il processo e decidere sulla base delle prove assunte), la concentrazione (il processo deve esaurirsi nel più breve tempo possibile) e il contraddittorio (le parti devono poter interloquire su tutte le questioni discusse e avanzare la linea difensiva).
Il dibattimento può essere suddiviso in tre macro fasi: preliminare, dibattimento e atti successivi.

La fase preliminare comprende tutte le fasi dell'azione penale fino all'apertura del dibattimento. Uno dei principali è la presentazione della lista testimoniale: le parti devono depositare presso la cancelleria una lista in cui devono indicare i testimoni, i consulenti tecnici che intendono sottoporre a esame dibattimentale. Poi ci sono gli atti che devono essere espletati alla prima udienza come la costituzione delle parti tra cui anche quella dell'imputato. Il problema è quando l'imputato non si presenta: giudice deve verificare che l'assenza sia volontaria e che imputato sia a conoscenza del procedimento. Se c'è il dubbio, deve essere rinviata l'udienza. Se imputato irreperibile, il giudice deve sospendere il procedimento per irreperibilità.
Terminata questa fase, si passa all'eventuale avanzamento di richieste dei riti alternavi. Questo è il momento che precede l'apertura del dibattimento: da qui in avanti il processo deve continuare fino alla fine. Le parti sono chiamate a formulare le richieste di prova e il giudice deve valutare se ammetterle o meno. Sono ammesse quelle pertinenti, ovvero attenenti al processo, utili, non sovrabbondanti. Su ogni prova che la parte chiede, la controparte ha diritto a una prova contraria. Le parti, in un'ottica di collaborazione, possono concordare che vengano acquisiti nel fascicolo gli atti contenuti nelle indagini preliminari.

Arriva quindi la fase di istruttoria dibattimentale in cui vengono acquisiti gli elementi di prova. Il principale è l'esame delle parti, lo strumento probatorio con cui vengono sentiti i testimoni e l'imputato. Dal punto di vista procedurale è identico, con la differenza che i testimoni hanno l'obbligo di presentarsi, rispondere a domande e dire verità, mentre l'imputato può acconsentire di essere esaminato, ma può esercitare il diritto al silenzio e non dire la verità.
Nell'esame diretto, il PM formula le domande alla persona sentita, che devono essere su fatti specifici e non intimidatorie. Segue il contro esame che è condotto dalle parti che non hanno richiesto il testimone e viene solitamente usato per screditare il testimone. Infine, il riesame cerca di far recuperare la credibilità al testimone che aveva vacillato durante il contro esame.
All'esito dell'istruttoria, può esserci un intervento del giudice (art. 507): il giudice, se necessario, può disporre, anche d'ufficio, l'assunzione di nuovi mezzi di prova. Chiusa la fase istruttoria, si chiude il dibattimento. Si lascia parola alle parti per eventuali repliche: è la fase di arringa, durante la quale gli avvocati ripercorrono il processo e cercano di convincere il giudice della bontà della posizione.

Si arriva poi ala fase degli atti successivi del dibattimento: quando ci sono più giudici, c'è una riunione in camera di consiglio, ovvero una sala dove il giudice prende la decisione. Alla camera devono partecipare gli stessi giudici che hanno partecipato alla fase dibattimentale. Si vota prendendo in considerazione ogni singola decisione: prima le questioni processuali, poi di merito. Votano prima i giudici con una minore anzianità di servizio. In caso di parità di voti, prevale la soluzione più favorevole per l'imputato. Chiusa la camera, il giudice torna in udienza e dà lettura del dispositivo, che è il riassunto della sentenza. La motivazione è la parte della sentenza che si compone dei motivi per cui il giudice ha deciso in un certo modo e il deposito viene differito in un termine di 15 giorni ma non superiore a 90 giorni. Il giudice decide nel senso della condanna quando la responsabilità dell'imputato risulta essere accertata al di là di ogni ragionevole dubbio. Se non c'è certezza, non può emettere condanna. Altrimenti, il giudice dedica per la sentenza di assoluzione, regolata dall'articolo 530.
M.Mau.
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