L'Ucraina prima e dopo il conflitto: ce ne parla un casatese che ha vissuto nel Donbass

La crisi ucraina odierna ha diverse cause, ma parte di esse affondano le proprie radici nella rivoluzione di Euromaidan che ha allontanato il Paese dall'orbita russa avvicinandola a quelle europea. Un cambiamento che già nel 2014 aveva dato il via ai movimenti separatisti nelle aree ad est, più russofone. Abbiamo ripercorso parte di quelle vicende con un cittadino italiano oggi residente fra il casatese e l'oggionese che ha vissuto in quelle zone, da dieci anni sposato con una cittadina ucraina. Entrambi preferiscono non essere citati per nome, per la paura che le opinioni che esprimono possano causare ripercussioni nei confronti dei loro parenti che risiedono ancora in nel Paese. Anche alla luce di un grave episodio già capitato a un loro conoscente, di cui daremo notizia nel corso dell'intervista.

Monumento a Stepan Bandera, collaboratore dei nazisti

-Per studio, esperienze e motivi familiari lei conosce l'Ucraina in modo particolare...

«Sono laureato in storia, specializzato nella storia dei paesi slavi. Ma, la realtà l'ho conosciuta sul posto. Ho vissuto un anno a Donetsk e nel Donbass [aree indipendentiste filorusse]. Ho fatto il servizio di volontariato europeo, ho viaggiato nel Paese. Conosco com'era l'Ucraina prima del 2014, prima delle proteste di Euromaidan, posso fare un raffronto. Così come lo può fare mia moglie che è ucraina, originaria di un paese non lontano da Kiev».

-A fine 2013 Viktor Janukovyč sospende le procedure di avvicinamento all'Ue. Scoppiano le proteste di Euromaidan. Secondo lei quali erano le aspettative dei manifestanti?

«Speravano che, con l'avvicinamento all'Unione Europea, ci fosse un miglioramento delle condizioni di vita. Questo è stato l'atteggiamento con cui parte degli ucraini delle aree centrali e meridionali, intendo delle zone di Odessa, piuttosto che Cherson, hanno guardato alle proteste di Euromaidan.

-Come descriverebbe l'Ucraina prima e dopo la rivoluzione di Euromaidan?

«In realtà l'Ucraina è un territorio abbastanza eterogeneo. Nell'ovest, nella città di Leopoli [vicina al confine con la Polonia] si è visto chiaramente emergere un atteggiamento antirusso. Mentre nella zona centrale e in parte della zona orientale del Paese gli ucraini non avevano una posizione così estremista prima della "rivoluzione"».

Cimitero di Leopoli monumento alla divisione Galizia

-Oggi si guarda a quell'esperienza come fondatrice di un nuovo corso...

«È fondamentale comprendere, che fra gli ucraini che sono andati via dal Paese prima delle proteste di Euromaidan e gli ucraini che sono rimasti si è creata una forte differenza di vedute. Dovuta anche alla propaganda martellante che c'è stata in Ucraina e che chi ha lasciato il paese non ha subito».

-Torniamo alle proteste di Euromaidan. Dai primi mesi del 2014 le manifestazioni sono proseguite fino a nuove elezioni, come è cambiato il clima in quel periodo nei confronti della popolazione russofona?

«La protesta ha preso una piega molto amara e sinistra quando si è iniziato a basare la rivolta su sentimenti antirussi e russofobi. In quel momento hanno iniziato a fare la comparsa e ad essere utilizzate le milizie armate di estrema destra».

Aereo militare Mig con bandiera ucraina a Vinnytsia

-Lei ha vissuto nelle aree di quelle che sono poi diventate note come le "repubbliche separatiste". Come ha pensato che avrebbero reagito alla "rivoluzione" di Euromaidan del 2014, dopo la comparsa del clima antirusso?

«Ho pensato che il Donbass non avrebbe mai accettato questo genere di "rivoluzione" violenta. Poi, oltre al Donbass, dal paese si è staccata anche la Crimea [con occupazione russa e successivo referendum].

-Nel resto dell'Ucraina che sentimento vi era?

«Nel complesso l'Ucraina era e resta un territorio eterogeneo. Le zone dell'ovest, come Leopoli, sono ucrainofile, nazionaliste. Ma, se già guardiamo alla transcarpazia, regione che ha legami con l'Ungheria, c'era una forte propensione al voto per Janukovyč».

Manifesti politici con tendenze militariste

-Per quale motivo?

«Non perché fossero filorussi. Ma, perché essendo questa regione popolata da minoranze ungheresi e slovacche la nazionalizzazione del paese non era gradita».

-Spieghi meglio cosa intende per nazionalizzazione...

«Dal 2014 sono stati riqualificati personaggi come Roman Shukhevych e Stepan Bandera. Sono divenuti via via eroi nazionali. Parliamo di figure che, durante la Seconda guerra mondiale, sono stati collaborazionisti al fianco dei nazisti, in funzione antirussa. Commettendo anche dei massacri».

-Siamo alla creazione di un mito nazionalista...

«Si è trattato di una rivalutazione sicuramente non condivisa da tutti gli ucraini, in particolare nell'est. Ma, nel corso degli anni l'Ucraina ha preso questa piega: considerare gli eroi dell'Ucraina occidentale, per altro personaggi molto dubbi, come eroi nazionali. Ci sono anche dei monumenti. Come a Lviv [Leopoli] dove c'è una statua di Stepan Bandera. Come se noi facessimo una statua a Farinacci».

-Alquanto discutibile....

Non mi sembra una politica fatta per la riconciliazione e l'unione di un popolo.

-Alla popolazione è stato portato ad esempio un modello di nazionalismo estremo, utile a coalizzarla, a creare un sentire comune in funzione antirussa e quindi al tempo stesso divisivo. È esatto?

«Sì. Allo stesso tempo è stata la negazione della storia di una parte degli ucraini. Molti ucraini hanno lottato contro queste persone nella Seconda guerra mondiale, contro certe formazioni naziste come le SS della Galizia [formata da volontari ucraini]. L'opposizione alla Russia viene portata avanti guardando a questi modelli, quelli dei collaborazionisti ucraini che hanno combattuto a fianco dei nazisti».

-Nel conflitto odierno si parla molto della presenza di combattenti che si ispirano apertamente proprio al nazismo...

«La cosa che fa specie è vedere il tentativo, da parte dell'informazione, di minimizzare la presenza di battaglioni di ideologia nazista e nazionalista. Un aspetto che non è molto accettabile, non solo per noi, ma anche per molti ucraini. Si parla solo del battaglione Azov, ma non è il solo. Ci sono anche il battaglione Aidar, il battaglione Dnipro, il battaglione Tornado, di cui alcuni componenti erano stati incarcerati anche dallo stesso governo ucraino. Ora nuovamente liberati».

Monumento a Lenin a Donetsk, dopo il 2014 sono stati vietati i riferimenti di propaganda filo russa

-Un fattore preoccupante...

Pensiamo al massacro del 2 maggio 2014 a Odessa, avvenuto alla Casa dei Sindacati, e portato avanti dai neonazisti [causò 48 morti e 174 feriti].

-Quando sono comparse queste posizioni estremiste?

Prima del 2014 questo odio non c'era, non esisteva. Adesso invece è come se ci sia stata una "balcanizzazione" dell'Ucraina.

Zhytomyr e la piazza. Sullo sfondo cattedrale appartenente alla Chiesa Ortodossa Russa

-C'è stata qualche forma di opposizione di fronte a queste tendenze dal 2014 ad oggi?

Nel 2014 [dopo la rivoluzione] esistevano vere e proprie liste di proscrizione. Erano fatte in modo che una persona contraria al governo ucraino si ritrovava pubblicato il suo nome, cognome e luogo di residenza su un sito web. Eri etichettato come traditore della patria. Venivano chiamati i "colorado", in riferimento a quella striscia arancio e nera che richiama l'ordine di San Giorgio russo. I "colorado" dovevano essere "schiacciati".

-Quindi il dissenso è stato limitato pesantemente?

«Dopo la "rivoluzione" c'è stato un periodo del terrore. Ci sono stati defenestramenti e omicidi, anche nei confronti di giornalisti. Ricordiamoci di Oles Buzina. [Giornalista ucraino, critico nei confronti delle posizioni governative dopo la rivolta di Euromaidan. Vicino a posizioni filorusse, è stato ucciso in strada nel 2015].

Foto del periodo di volontariato europeo SVE

-Ha avuto esperienze dirette di questo clima?

Scrivevo su un forum con un mio amico che abitava a Kiev. Questo ragazzo, a un certo punto, si è visto arrivare la polizia nella sua abitazione con un fascicolo alla mano. Gli hanno detto di conoscere le idee politiche che aveva scritto nel forum. Gli agenti gli hanno poi ricordato che sapevano tutto di lui, della sua famiglia e del suo lavoro. L'invito che gli hanno rivolto è stato quello di non scrivere più le sue opinioni riguardo alla politica ucraina. Praticamente è stato minacciato in casa. Ora è in Italia.

-Veniamo al conflitto odierno, la Russia scatenando la guerra ha delle responsabilità indiscutibili...

La Russia ha invaso, ha torto, ma ci sono stati otto anni di disastro. Di una guerra a media, bassa intensità. Di una "rivoluzione" che in Ucraina ha fatto tabula rasa di tutta l'opposizione. Per alcuni di loro, nelle zone russofone che hanno subito la guerra per otto anni, e non hanno mai accettato la divisione così forte maturata all'interno dell'Ucraina, fra ucraini stessi e russi, l'arrivo dei russi è stato accolto come una forma di liberazione. Nel resto dell'Ucraina, l'attacco russo ha portato ad una comprensibile posizione di difesa e opposizione.

Svyatagorsk nel Donbass. Monastero ortodosso

-Come potrà evolvere la situazione del conflitto?

Mi preoccupano le spinte che non vanno in direzione della pace e invece spingono alla guerra. La popolazione ucraina sta soffrendo. Come ha detto anche il Papa reputo assurda la politica di mandare armi invece di arrivare al tavolo delle trattive. I tentativi polacchi e inglesi di spingere verso l'aggressione non corrispondono ai nostri interessi né a quelli degli ucraini.

-Come vede il futuro?

Chi vive nel Donbass ha scelto di stare lì e di resistere. Non credo che tutti coloro che scappano verso la Russia siano stati "sequestrati dai russi" come viene detto. Questa non è la guerra di tanti ucraini, che non credono fino in fondo in questa guerra, anche se non possono dirlo. Inoltre, c'è una tragedia del popolo slavo. Per molti di loro è come combattere fratello contro fratello. Il "partito della pace" non viene ascoltato. Gli ucraini sono vittime, sia della Russia sia delle mire occidentali. Gli ucraini sono stati "usati".

L. A.
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