Bulciago: Giovanni Impastato racconta al pubblico di IterFestival il fratello Peppino

Terzultimo appuntamento della kermesse letteraria IterFestival - promossa dal Consorzio Brianteo Villa Greppi con la partecipazione della libreria "Lo Sciame Libri" di Arcore - si è tenuto nella serata di giovedì 7 aprile presso la palestra del Centro Sportivo Comunale di Bulciago. Ospite attesissimo è stato Giovanni Impastato, che ha presentato al pubblico il libro "Mio fratello. Tutta una vita con Peppino" edito da Libreria Pienogiorno.
Al centro del dibattito con Giovanni Garancini - introdotto dal sindaco Luca Cattaneo e dalla vicepresidente del Consorzio Marta Comi - troviamo la figura di Peppino Impastato, fratello maggiore di Giovanni e la loro lotta contro la mafia.

Al centro Giovanni Impastato fra le autorità e gli organizzatori dell'evento

A tutti è nota la storia di Giuseppe Impastato, soprannominato Peppino, che è stato assassinato nel corso della notte tra l'8 e il 9 maggio 1978 su commissione del boss mafioso Gaetano Badalamenti. Il suo cadavere fu fatto saltare con del tritolo sui binari della ferrovia Palermo-Trapani in modo da far sembrare che si trattasse di un fallito attentato suicida. All'epoca il delitto è passato in secondo piano perché sempre il 9 maggio era stato ritrovato il corpo di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse.
In "Mio fratello. Tutta una vita con Peppino" l'omicidio di Peppino è presente, ma possiamo dire che è in sottofondo. Quello che risalta è la storia dei due fratelli e del loro legame profondo.

"Questo libro che ho scritto - afferma Giovanni - si distingue da tutti gli altri perché è un romanzo storico. Con romanzo storico intendo dire che viene ripercorsa la mia storia e quella di mio fratello Peppino partendo da un'infanzia molto difficile e problematica. Sono immagini della mia memoria impresse su carta. Prima di iniziare questo lavoro, ho pensato che di Peppino si sapesse già tutto, è diventata una figura che appartiene a tutti. Soprattutto i giovani sono legati a mio fratello perché si riconoscono nel suo impegno e nel suo messaggio. Così ho deciso di raccontare alcuni episodi della mia vita con lui che ancora non si conoscevano''.

Giovanni Impastato

''Non ho tolto nulla di quello che è stato fatto e scritto su Peppino, compreso il film "I cento passi", ma ho inserito qualcosa di inedito e nuovo per il pubblico di lettori. Si tratta di momenti intimi e personali. Ad esempio, molti non sanno che c'era anche un terzo fratello Impastato. È morto prima della mia nascita per una sospetta meningite contagiosa. Quando il neonato era ancora in vita, Peppino è stato allontanato e affidato alle cure dello zio Matteo. Quest'ultimo ha influito tantissimo sull'educazione di Peppino e gli ha insegnato l'amore per i libri. È una figura di gentiluomo a cui non piaceva la mafia, a differenza di mio padre e dello zio Cesare".

Il primo capitolo del libro è come un pugno allo stomaco, ha un impatto fortissimo per il lettore: "Lo zio Cesare Manzella ha chiesto a me e Peppino - prosegue Impastato - di trasferirci nella sua grande tenuta di campagna. La scoperta della botola è avvenuta durante il trasloco quando la casa era vuota. Nostro padre aveva lasciato il coperchio sollevato. Dalla botola partiva un vero e proprio tunnel. Peppino aveva deciso di percorrere quel tunnel ed era sbucato nella casa del vicino. È da quel momento che io e lui ci siamo resi conto di quello che stava succedendo. Mio padre era schedato come mafioso e quando avvenivano le perquisizioni dei carabinieri, lui scompariva nel nulla. In realtà si nascondeva nella casa del vicino grazie alla botola".

A sinistra Marta Comi, vicepresidente del Consorzio Villa Greppi

La tenuta dello zio Cesare ha ospitato pericolosi latitanti. Una sera Giovanni e il fratello Peppino fanno la conoscenza di due persone. Non sanno nulla sul loro conto e si mettono a giocare con una di loro. Questo signore si insospettisce per qualunque rumore, è sempre molto vigile. "Dopo qualche anno nostra madre - afferma Giovanni - ci rivela che quella persona era Luciano Liggio. È stato uno dei più grandi criminali del tempo, colui che ha gettato in una fossa il corpo del sindacalista Placido Rizzotto".

Cesare ha cominciato ad investire, partendo dall'aeroporto di Punta Raisi, che è diventato il crocevia del traffico internazionale della droga, in particolare dell'eroina. Nel 1963 viene ucciso con un'autobomba. Quella è stata la prima autobomba nella storia delle guerre di mafia. Qualche mese dopo scoppia un'altra Alfa Romeo Giulietta imbottita di dinamite davanti a Villa Ciaculli. Era diretta a un mafioso, ma a morire sono alcuni esponenti delle forze dell'ordine che avevano tentato di disinnescare la bomba.

Il sindaco Luca Cattaneo

"Quando lo zio è stato ucciso, io e Peppino eravamo nella tenuta. Ho ancora lo scoppio nelle orecchie. Qualche giorno dopo abbiamo deciso di recarci sul luogo dell'esplosione. Mio fratello aveva quindici anni e di fronte a quell'orrenda visione, si è espresso in questo modo: ‘Se questa è la mafia, io per tutta la vita mi batterò contro'. Ha mantenuto quella promessa perché quindici anni dopo, in un'altra giornata di primavera, viene ucciso allo stesso modo dello zio con la dinamite. Però c'è una differenza: lo zio è stato ucciso perché era mafioso e lui perché aveva lottato tutta la vita contro la mafia".

Peppino opera una grande rottura che non avviene solo a livello della società, ma soprattutto all'interno della propria famiglia. Da quel momento continua la storia di Peppino fino ad arrivare a noi. La mafia, purtroppo, ancora oggi è presente, ma non è invincibile. La sua forza sta nell'essersi radicata nella cultura e sradicare questa cultura porta a sensibilizzare i giovani e innescare una vera rivoluzione delle coscienze.
S.B.
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