Valaperta si stringe a don Ambrogio, giunto al 50°anniversario di sacerdozio

"Se vi parlo con il cuore devo solo dire grazie, che è la parola più vera, profonda e naturale che possa esprimere". Sono queste le parole di don Ambrogio Galbusera, sacerdote originario della frazione casatese di Valaperta che nel giorno della Domenica delle Palme ha ricordato il cinquantesimo anniversario di ordinazione.

Don Ambrogio Galbusera

Occasione per i festeggiamenti è stata la messa delle 10, celebrata presso la chiesa di San Carlo a Valaperta da don Ambrogio e diversi altri sacerdoti, animata da numerosi canti, preghiere, interventi e ringraziamenti, ma soprattutto riscaldata dalla presenza di coloro che sono stati vicini al sacerdote in questi anni di cammino: amici, parenti, compaesani, volontari, sostenitori e i tantissimi ragazzi dell'Operazione Mato Grosso, presso il quale è sempre stato attivo.

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A dare il via ai festeggiamenti è stata la (simbolica) processione delle 9.30, organizzata in occasione della festività religiosa ma guidata dal protagonista della giornata. Un nutrito corteo di fedeli muniti di rami di ulivo ha infatti accompagnato don Ambrogio dal cosiddetto "Angolo della Madonnina" fino all'ingresso della Chiesa, dove è stato poi accolto dalle note del coro della chiesa di Valaperta unito a quello dei ragazzi del Mato Grosso.

"All'ingresso della chiesa abbiamo visto i fanciulli agitare i rami di ulivo come all'entrata di Gesù a Gerusalemme, quando gridavano "Osanna al figlio di David!". Io oggi vorrei essere uno di questi bambini semplici, che fanno festa a Gesù. Cinquant'anni fa ho iniziato il mio sacerdozio proprio nel giorno delle Palme, ora sono qui nella stessa festività a celebrare con voi l'anniversario. Per questo se vi parlo con il cuore devo solo dire grazie, che è la parola più vera, profonda e naturale che possa esprimere" ha detto don Ambrogio durante l'omelia.

Il parroco don Antonio Bonacina

Un momento di ringraziamento sincero, in cui il sacerdote ha ripercorso e analizzato il sentiero che l'ha condotto fino a oggi. "Sull'immaginetta ricordo della mia prima Messa avevo scritto proprio "Grazie al Signore". E il Signore mi ha regalato una bella vita: un cammino entusiasmante, circondato da tante persone e amici, che vorrei solo ripercorrere" ha detto infatti don Ambrogio. "Certo, nella mia vita non sono riuscito a sfruttare tutti i doni che ho ricevuto dal Signore per poterli ricambiare, ma sono felice del mio percorso".

Un pensiero, poi, è andato anche a coloro che l'hanno accompagnato e che adesso non ci sono più, e l'affetto più grande rimane quello della famiglia. "Tante persone care a cui ho voluto bene e con cui ho camminato sono già con il Signore. Non posso non ricordare mia sorella Stella. Ci sono però tanti altri che mi hanno accompagnato con stima, coscienti che abbiamo tutti bisogno di affetto, e dobbiamo imparare a regalarlo. All'inizio del mio cammino c'è la splendida famiglia in cui sono stato educato: fratelli, sorelle, nipoti, con accanto tanti parenti buoni e generosi, in un paese di gente laboriosa che mi ha sempre accolto con simpatia. Ho cercato di imparare a voler bene, a fare gesti di bontà e di gratuiti" ha proseguito.

"Ripercorrere il cammino fatto fa sentire una grande nostalgia di cose belle, di avvenimenti, persone. Come poter ringraziare? Sarà possibile rendere grazie a tutti? Ricordo le riflessioni di un ragazzo di Arese, un "barabit", Agostino, che sentiva di non essere capace di amare: "Se l'amore è una scala a pioli, a me manca il primo gradino, perché non sono mai stato amato", diceva, e io ho trovato l'amore, la comprensione, l'affetto, la condivisione e l'aiuto in famiglia, anche questo è un regalo per riconoscere Dio. Ho vissuto in una famiglia onesta e generosa, preoccupata dell'educazione dei figli, sullo stile di don Bosco. Onesti cittadini e buoni cristiani".

Proprio don Bosco, per il sacerdote, è stato un elemento estremamente importante, incontrato per caso o, forse, più per Provvidenza. Da lì infatti è venuto il cammino con i ragazzi in difficoltà di Arese, poi con i giovani dell'Operazione Mato Grosso. Guida e figura paterna da Salesiano è stato poi padre Ugo, da cui don Ambrogio ha imparato a regalare a chi ha più bisogno. "Impara a stare con i ragazzi e a predicare loro il messaggio di Dio, da lì, Egli ti condurrà più in là, e non sarai tu a sapere dove finirai", diceva. "Dietro a Padre Ugo ho sempre visto il cammino di don Bosco, che diceva che in ogni ragazzo, anche il più disgraziato, vi è un punto accessibile, e compito di un educatore è quello di trovare la corda sensibile e farla vibrare" ha proseguito don Ambrogio.

E proprio quei ragazzi a cui è stato tanto vicino per anni, in un giorno così importante sono stati presenti affollando la chiesa e il suo sagrato. Dopo i numerosi e commoventi interventi a fine celebrazione da parte dei più cari e della famiglia, e di un videomessaggio da chi non ha potuto presenziare, è stata infatti messa in scena una breve rappresentazione che ha ripercorso la vita del sacerdote.

I festeggiamenti sono poi proseguiti all'esterno della Chiesa, dove cuochi da Valaperta a Verona, insieme ai ragazzi dell'OMG, hanno preparato un nutrito buffet per tutti, un ulteriore momento di condivisione fra l'affetto dei compaesani e dei familiari.
"Ecco la mia vita: la famiglia, i ragazzi del Centro Salesiani di Arese, i giovani dell'Operazione Mato Grosso" ha concluso don Ambrogio. "Il grazie va ai tanti che mi hanno aiutato, i ragazzi, gli amici, i benefattori e i sostenitori. Come diceva Padre Ugo, il Signore è il filo d'oro che devi cercare continuamente: non c'è nessuna prova di Dio se non quella che puoi dare tu con la tua vita".

Giulia Guddemi
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