Sirone: don Fabio Cerasa, prete in Ucraina racconta l'accoglienza dei profughi in Italia

Dieci anni di lavoro in Ucraina e ora, dall’Italia, l’aiuto ai profughi che arrivano dal Paese invaso in cerca di sicurezza. Don Fabio Cerasa, originario di Sirone, è prete dal 2011 e, dopo aver compiuto gli studi a Roma e aver ottenuto la licenza in teologia biblica, nel 2012 è stato destinato, dalla congregazione di don Orione di cui fa parte, alla missione di Leopoli, città di circa 800.00 abitanti nella zona occidentale dell'Ucraina, a circa 70 km dal confine polacco.




Qui, è stato accolto, insieme a un altro sacerdote ebraico, da don Egidio e don Moreno che avevano avviato l’attività della Congregazione. Don Fabio ha proseguito le opere in Parrocchia e Oratorio e, dalla data di ultimazione degli edifici, nel 2014, ha seguito anche il seminario e una casa famiglia per disabili. Il complesso si è ingrandito ed è stato chiamato "Centro della Divina provvidenza": si è aggiunta infatti anche la Caritas, con un banco di distribuzione di alimenti per i più bisognosi.




Nel 2019 un altro balzo in avanti per la Congregazione: è stata infatti aperta una nuova comunità a Kiev, affidata a don Moreno e a un seminarista. Si trattava di un ettaro di terra nella periferia della capitale dove si svolgeva prevalentemente attività di aggregazione giovanile e raccoglimento: nel 2021 erano stati installati due container, uno per l’oratorio e l’altro per pregare e celebrare le messe. Un’attività che ha avuto una vita breve: dal 23 febbraio, infatti, tutti i piani e le programmazioni sono state stravolte. Quella notte don Moreno avvertì i confratelli di essere stato svegliato da una bomba.




Nessun dubbio sul da farsi: era necessario mettere in sicurezza i pastori, fatti rientrare a Leopoli, dove erano rimasti don Egidio e don Fabio che di quei giorni conserva un vivo ricordo: “Appena c’è stata l’invasione sono suonate le sirene, un suono che mi ha molto colpito perché non le avevo mai sentite – racconta don Fabio -. Non sapevamo cosa fare, poi abbiamo capito: il primo allarme suggerisce di andare nei rifugi, il secondo informa della fine dell’allerta. Abbiamo cercato di procurarci gli alimenti e fare rifornimento di benzina alle auto. Il primo giorno era un caos totale perché le strade vicino e noi erano molto trafficate: considerando una media di 7 minuti che impiegavo per fare gasolio, a febbraio ho impiegato due ore. La gente scappava, andava nei supermercati, ai bancomat e, chi poteva, si spostava nei paesi di campagna attorno alla città per avere maggiore sicurezza”.




A seguito dell’aggravarsi della situazione, don Fabio ha chiesto di rientrare in Italia, nella casa di Tortona: si è deciso di proteggere anche gli otto disabili ospiti della casa famiglia che, tramite la comunità di Oradea in Romania, hanno poi raggiunto il nostro confine nazionale.
“Alle 18.15 di venerdì 25 febbraio ero in auto e, dopo tre giorni di attesa in frontiera, ho raggiunto la Polonia – ricorda il sacerdote -. Pensavo di metterci molto meno tempo perché Leopoli è vicina al confine: come me, però, c’era tanta gente che voleva uscire e cercare un posto sicuro”.




A Leopoli sono rimasti tre confratelli e, fino a oggi, ci sono stati due attacchi nelle vicinanze, rivolti a obiettivi militari. Proseguono, intanto, le attività della comunità: vengono al momento ospitate circa trenta persone e vengono organizzati anche dei bus, per il tramite dell’ambasciata italiana, per chi vuole uscire dal Paese e raggiungere amici o parenti.  
Il centro Mater Dei di Tortona, con l’ala di accoglienza per pellegrini, è diventato luogo di ospitalità per le famiglie ucraine. Sono presenti circa 50 persone, tra cui 8 disabili, tre non vedenti e altrettanti assistenti. Il gruppo più numeroso proviene dai dintorni di Leopoli, altri da Kiev e da Zaporižžja. È stata messa a punto una vera e propria logistica dell’accoglienza: la congregazione ha accolto quasi 400 profughi nelle diverse strutture lungo tutto lo stivale.



“Mi occupo di tutte queste 50 persone e tengo un corso di italiano – rivela don Fabio -. I bambini della scuola materna sono stati inseriti con le vaccinazioni mentre stiamo portando avanti i documenti e pensando a un progetto per le prossime settimane. Loro si trovano bene qui perché abbiamo cercato di rendere normale la loro vita grazie alla collaborazione di tanti. C’è stata tantissima generosità e tanti benefattori che permettono loro di andare in piscina, allo stadio e di avere il wi-fi per seguire la didattica a distanza dall’Ucraina. Il loro desiderio, però, è sempre quello di ritornare a casa perché hanno lasciato tutto nella loro terra: sperano si possa ritornare il prima possibile”.
M.Mau.
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