Una carriera iniziata nel 1987, con qualche 'pausa' per l'attività di sindaco e parlamentare

Lorenzo Bodega, architetto, tecnico comunale, sindaco, deputato e senatore. Una carriera nel mondo amministrativo, prossima al pensionamento il prossimo 30 aprile. Un'esperienza divisa fra l'attività lavorativa svolta nel Comune di Castello Brianza e l'attività politica fra le fila del Carroccio. Quando la Lega era la Lega Nord di Bossi.

L'architetto Lorenzo Bodega

-Quando ha iniziato a lavorare come dipendente pubblico nel comune di Castello Brianza? Cosa ricorda di quel periodo?

«Nel 1987. L'Ufficio Tecnico partiva da zero. Il Comune di Castello Brianza è stato uno dei primi ad assumere un laureato, attraverso un concorso pubblico, per gestire al proprio interno l'ambito tecnico. In precedenza, si faceva affidamento ad incarichi a professionisti esterni. Creato, l'Ufficio Tecnico del comune era comunque tutto "da costruire"».

-L'esperienza come si è rivelata?

«È stata una scelta vincente. Per il comune avere un proprio tecnico ha comportato risparmio di risorse e tempo. Inoltre, è divenuto un punto di riferimento. Adesso si parla di accorpare questa funzione su più comuni, bisogna però immaginarsi le complicazioni che ne deriverebbero. Per certi aspetti può essere più funzionale, ma c'è anche una questione territoriale da tenere in considerazione».

-Un settore, quello tecnico, in cui negli ultimi trent'anni molte cose sono cambiate...

«Sono cambiati gli strumenti che vengono utilizzati: è tutto digitalizzato. Anche se penso che, in questo ambito, qualche volta un "pezzo di carta in mano" sarebbe meglio. Sono cambiate anche le normative. Tutto è molto più complesso dal punto di vista burocratico. Oggi per realizzare un'opera pubblica si perdono mesi, c'è un controllo ossessivo, se vogliamo...».

Bodega durante gli anni in cui è stato sindaco di Lecco

-Proprio sul versante delle opere pubbliche Castello Brianza vede importanti progetti in fase di sviluppo...

«Il nuovo centro civico. Siamo in fase di appalto dei lavori. Devo dare atto al sindaco Aldo Riva, è un progetto che lui ha voluto fortemente e si è rivelato all'altezza della situazione. Ha trovato le risorse finanziarie».

-Come sarà questo nuovo centro?

«Ci sarà la nuova casa del comune, la nuova biblioteca, la nuova sala civica e i servizi attinenti a queste attività. Ma, negli scorsi anni ci sono stati altri progetti importanti come la messa in sicurezza dei pedoni con la creazione di molti marciapiedi. Ora c'è anche un finanziamento da un milione di euro per la "tangenzialina" in località Cascinette. Non dimentichiamo anche le attività culturali e scolastiche. Nel complesso è un paese che ho visto cambiare molto in questi anni. Inoltre, questo territorio è inoltre tutelato dal punto di vista paesaggistico, vincoli non sempre compresi, ma che hanno permesso di salvaguardare un paesaggio bello».

-Iniziata a Castello la sua esperienza si è conclusa qui, per chi conosce questo mondo sa che...

«...Che è un caso più unico che raro. Ma, quelli della "vecchia guardia" sono così. Io sono molto riconoscente a Castello Brianza e al sindaco Aldo Riva, così come a tutti gli amministratori che lo hanno preceduto, ma in modo particolare a lui perché c'è stata una bella sinergia. Il comune è cresciuto sotto tutti i punti di vista. Riva ha amministrato in modo molto lungimirante, competente e capace».

-In questi 35 anni lei ha avuto anche una parentesi politica significativa. Sindaco, deputato e senatore. A cavallo fra gli anni Novanta e Duemila è stato primo cittadino a Lecco, confermato per due mandati. Quali ricordi porta con sé di quel periodo?

«La più bella esperienza è stata quella di sindaco di Lecco. Sento persone che mi chiamano ancora sindaco, che mi chiedono di tornare. Forse su un'onda emotiva e nostalgica di quello che è stato. Anni in cui la città è fiorita di iniziative culturali e opere pubbliche. C'è stato un buon rapporto con il personale degli uffici, ma soprattutto con i cittadini. Un fattore che mi ha consentito di andare avanti sicuro, grazie proprio alla forza dei cittadini che mi sostenevano. È stata la maggior soddisfazione. Nonostante ci fossero state anche delle critiche».

-Nel 2006 si chiude questa esperienza e se ne apre un'altra in Parlamento, come deputato...

«È iniziata l'esperienza alla Camera, anni un po' sofferti. Sul mio capo pendeva una condizione di ineleggibilità. Il mio movimento [la Lega Nord] mi aveva assicurato di non preoccuparmi. Invece un componente stesso della Lega ha fatto ricorso sulla mia elezione. Sono stati due anni un po' fra il purgatorio e l'inferno... con delle proposte oscene riguardo le mie dimissioni».

-Dal 2008 entra in Senato...

«È stata una bella esperienza. Eravamo una ventina di senatori della Lega, un gruppo molto affiatato, anche fuori dal Parlamento. C'era Bossi. Noi eravamo tutti sostenitori del segretario federale, anche se poi è stato tradito. Io che facevo parte di quella corrente cosiddetta "cerchio magico" mi sono dimesso dal gruppo della Lega l'ultimo anno e ho chiuso l'esperienza».

-Cosa ricorda di quegli anni in Parlamento?

«All'epoca c'era un buon rapporto anche con i membri degli altri partiti. C'era rispetto e stima per chi era corretto. Ricordo bene persone del calibro di Cossiga, Andreotti e Colombo di cui si ascoltavano con interesse gli interventi per le loro capacità. Poi c'era anche chi leggeva i libri una riga sì e l'altra no...».

-Oggi non è più parlamentare, ma avrà conservato un punto di vista particolare su quello che accade. Rispetto a quegli anni c'è stato un cambiamento forse radicale nel modo di fare politica, anche nella Lega...

«La Lega non è più il partito del Nord. È diventato un partito che va a prendere voti su tutto il territorio nazionale. Sono scelte che io non ho condiviso e non condividerò mai. [...] Parlare oggi di "separazione" o "indipendenza" non è più possibile. È stato completamente abbandonato il concetto di federalismo, nessuno ne parla più. Però in Commissione Affari Costituzionali è stata recentemente approvata una norma che conferisce alla città di Roma funzioni di autonomia. I veneti aspettano l'autonomia da alcuni anni [dopo il referendum 2017]. Le regioni che sono il traino dell'Italia intera devono essere sottoposte a una legislazione centralizzata che le penalizza molto, nonostante producano la maggior parte del reddito. L'autonomia è stata una partita che si sarebbe potuta vincere, se giocata bene. Oggi è stata abbandonata».

-Per il futuro cosa si aspetta?

«Può darsi che nascerà un nuovo soggetto politico. Bossi già trent'anni fa sosteneva che qualcuno stava lavorando per ricostruire la Democrazia Cristiana. Intendendo un partito di centro moderato e cattolico. Vedremo. Per come è la situazione attuale non vedo leader capaci di creare una formazione politica che possa trascinare il Paese verso altre prospettive. Probabilmente la situazione contingente, la crisi, la pandemia e la guerra, non consentono di fare un'operazione del genere. Resto curioso di vedere cosa succederà alle elezioni politiche del prossimo anno. Vedo che cresce molto il partito della Meloni...ahimè...».

-Come lo spiega?

«Forse perché davanti alla gente appaiono coerenti e stabili sulle proprie posizioni. Forse questo alle persone piace. Chi è ondivago e cambia opinioni e pareri dalla sera alla mattina, come può essere il Salvini di turno, perde consensi».

-Ora che per le è arrivato il pensionamento dal punto di vista lavorativo, si dedicherà a nuovi impegni in politica?

«Non lo so. Passione per la "cosa pubblica" ne ho ancora. Però quest'anno compio 63 anni, non è che mi sento anziano, ma ho già dedicato vent'anni della mia vita alla politica. Spero anche che vengano avanti delle nuove generazioni. Valuterò...».

L. A.
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