Bulciago, Mani Tese: otto volontarie recuperano abiti rotti o rovinati

Il 24 aprile 2013, a Dacca, il palazzo conosciuto come Rana Plaza crollava, uccidendo 1.129 persone, più della metà donne, che lavoravano per produrre abiti che sarebbero finiti in tutto il mondo. Quel giorno l'opinione pubblica globale scopriva il volto oscuro della "fast fashion". Per ricordare quel giorno, ogni anno si tiene in tutto il mondo la Fashion Revolution Week.

Anche il gruppo di Mani Tese Bulciago ha voluto testimoniare il suo impegno contro un sistema produttivo predatorio e inumano, proponendo un'iniziativa che ha al suo interno il seme dell'alternativa. Un piccolo gruppo di otto volontarie si sono trovate in un bar di Bulciago e hanno passato il pomeriggio a ridare vita a abiti rotti, rovinati o semplicemente da modificare. E a rispondere a chi, incuriosito, faceva domande. Intorno, anziani che giocavano a carte, ragazzi al tavolo da biliardo, famiglie che facevano merenda, la televisione sintonizzata sul Gran Premio.
Generazioni diverse insieme per imparare la RE-FASHION: ossia la vecchia arte di non buttare gli abiti e rinnovarli, dando però spazio alla creatività e alla libertà di espressione.
Il sistema della fast fashion vuole che gli abiti si usino poco e si rimpiazzino con altri molto velocemente, quasi un nuovo usa e getta. L'azione dimostrativa che è stata realizzata vuole proporre invece una cultura che attribuisce valore agli oggetti, in cui è importante saper fare con le proprie mani e non solo comprare, che dà al lavoro, nostro e degli altri, la giusta dignità e che cammina sul pianeta in punta di piedi.

La domanda che fa da sfondo all'iniziativa è: who made my clothes? Cioè: sappiamo veramente chi ha realizzato gli abiti che indossiamo, in che condizioni umane e lavorative, e con che conseguenze per il pianeta?
Questo è solo il primo di una serie di appuntamenti fissi.

Per chi volesse partecipare: bulciago@territorio.manitese.it
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