Barzanò: il professor Morati presenta il suo libro sulla tragedia degli italiani in Russia

"Mio padre diceva sempre: un caduto dimenticato muore una seconda volta". Con questo aneddoto, un emozionato Enzo Proserpio ha raccolto il senso dell'iniziativa organizzata la sera del 7 luglio presso la biblioteca civica di Barzanò: fare memoria, ricordare.

Del resto, Valentino Crippa, presidente del centro di promozione sociale barzanese, lo ha sottolineato in modo chiaro nel suo intervento introduttivo: "Mio padre, di poco più vecchio del papà di Enzo, ha combattuto anche lui in Grecia. La memoria storica è fondamentale. Chi non coltiva la memoria storica non sa da dove viene e quindi non sa neanche dove sta andando".

"Per di più, ricordare quanto è successo diversi decenni fa può aiutarci a comprendere quello che sta accadendo oggi in Ucraina" ha aggiunto Claudia Beretta dell'associazione Molo, che insieme al centro presieduto da Crippa ha organizzato l'iniziativa.

Claudia Beretta

La parola è quindi passata al primo dei due relatori, ovvero il professor Arturo Morati, autore del libro "La tragedia degli italiani in Russia", edito da TRALERIGHE Libri. "Quando ero bambino, mio nonno, che aveva combattuto come ufficiale nella Prima guerra mondiale, mi portava a passeggiare nel centro del paese e li incontravamo reduci e mutilati di entrambi i conflitti. Una volta diventato adulto, ho iniziato a raccogliere quelle corrispondenze e quei reperti confluiti in questo testo" ha raccontato il barzanese, visibilmente soddisfatto per essere riuscito a pubblicare il suo lavoro dopo tanti anni.

Arturo Morati

"La scelta della campagna di Russia nasce un po' per caso: un mio amico mi ha regalato una franchigia di un soldato che purtroppo non è più tornato dalle steppe siberiane. Ho invece deciso di concentrarmi sul Natale perché sono nato e cresciuto a Salerno e il Natale è un pilastro della cultura salernitana" ha aggiunto il professore. Di fianco a lui, in questa ventosa sera estiva, Enzo Proserpio, custode della memoria del padre Ambrogio, reduce del fronte greco - albanese.

Valentino Crippa

"Mio padre fu chiamato alle armi il 9 marzo 1940, all'età di diciannove anni. Il 10 giugno 1940 Mussolini dichiarò guerra alla Francia. Nel suo diario mio padre scrive di come, nonostante gli fosse stato detto che i francesi erano già stati sconfitti, nel momento in cui la sua compagnia entrò in Francia fu accolta dal fuoco dei cannoni e subì le prime perdite. Mio padre racconta di aver visto morire tanti miei compagni, tutti giovani, senza motivo" ha raccontato il signor Proserpio, tenendo tra le mani il diario di suo papà. "Sempre in queste pagine, mio padre spiega che, dopo essere tornato in Italia all'inizio di settembre, venne assegnato ad una nuova compagnia, la 59° compagnia cannoni anticarro divisione Cagliari. Ad ottobre, l'Italia dichiarò guerra alla Grecia" ha aggiunto Proserpio.

Il microfono è quindi ritornato nelle mani di Arturo Morati. "Non avevamo gli equipaggiamenti adatti, non eravamo preparati né per invadere la Grecia né tanto meno per partecipare alla campagna di Russia. Non a caso, Hitler non voleva che i soldati di Mussolini affiancassero la Wermacht nell'operazione Barbarossa." la passione e l'energia nella voce del professore andavano crescendo "Le corrispondenze raccontano di enormi difficoltà di movimento, prima per il fango e poi per il ghiaccio. Per mesi i nostri soldati hanno vissuto a temperature che toccavano i cinquanta gradi sottozero senza l'abbigliamento adeguato. Infatti, una delle prime cose che facevano gli italiani, non i tedeschi, dopo gli scontri era spogliare le vittime russe dei loro abiti, in particolare degli stivali" ha concluso Morati. Eppure, nonostante le difficoltà, gli i nostri soldati riuscirono a dare prova di grande cuore.

"Durante l'occupazione italiana della Grecia, possibile solo grazie all'intervento tedesco, scoppiò un'epidemia di malaria. Morivano 400 persone al giorno. Mio padre mi ha raccontato di soldati italiani che distribuivano ai greci il chinino ricevuto dal governo" ha sottolineato Enzo Proserpio. "Fortunatamente mio padre è stato congedato nel giugno del 1943 perché la ditta per cui lavorava, la Tavolazzi e Fumagalli di Missaglia, non trovava manodopera".

Enzo Proserpio

La campagna di Russia, invece, com'è terminata? "Mussolini in Russia ha mandato a morire la meglio gioventù italiana. L'ARMIR era composto da 230mila uomini. 75mila morti, 52 mila feriti e congelati. Tantissimi sono stati fatti prigionieri dai russi, i quali li hanno costretti a marciare fino in Siberia dove sono stati rinchiusi senza poter mangiare né bere, tra tifo e colera. L'ultimo è rientrato nel 1954. I sopravvissuti, inseguiti dalla forza straripante dell'esercito sovietico, sono riusciti a rientrare in treno da quella che oggi è Ucraina" ha raccontato Arturo Morati.
Un pensiero sull'attualità è quindi stato inevitabile. "La guerra non porta mai a niente. Solo odio, rancore e distruzione" ha sottolineato il professore. Speriamo che se ne rendano conto presto anche coloro che avrebbero il potere di porre fine alle guerre del nostro tempo. Non solo quella in Ucraina.
Andrea Besati
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