Villa Greppi accoglie Giulia Nelli, vincitrice del bando ''residenze d'artista''

Fiberart. La fiberart è una delle molteplici sfaccettature di un mondo complesso come quello dell'arte contemporanea. Un mondo in cui le tradizionali categorie di scultura, pittura e architettura in molti casi perdono di significato di fronte al lavoro di artisti a 360°. Un mondo dove ogni opera rappresenta una tappa di un percorso che coinvolge più piani: sviluppo di una poetica, ricerca di significati e di messaggi, nonché del modo migliore con cui comunicarli allo spettatore.
Di tutto questo e molto altro abbiamo discusso con Giulia Nelli, la vincitrice dell'ultimo bando residenze d'artista promosso dal Consorzio Brianteo Villa Greppi di Monticello. Classe 1992, originaria di Legnano, Giulia lavora con un materiale molto particolare: il collant.

Quando nasce e come si sviluppa la tua passione per l'arte?

Fin da quando ero piccola ero solita seguire corsi d'arte e laboratori. Dopo il liceo artistico mi sono iscritta all'Accademia di Brera e li ho iniziato la ricerca di un mio metodo espressivo, di un mio stile. Mi è sempre piaciuto sperimentare diverse tecniche. Poi, un giorno, in una scatola dove tenevo tanti materiali ho ritrovato un collant strappato. In quel momento è scattato qualcosa. Ho iniziato a lavorare con quel materiale e piano piano ho ottenuto le prime soddisfazioni. Conclusa l'accademia ho scelto di iscrivermi al master IDEA in Exhibition Design al Politecnico di Milano. È un programma in cui si frequentano corsi di progettazione artistica, di design, di pittura. In particolare, quel corso mi ha fornito la possibilità di studiare lo spazio e il rapporto tra l'opera e il pubblico in un dato contesto. È quanto intendo approfondire in queste settimane qui a Villa Greppi, dove realizzerò alcune installazioni quindi opere di dimensioni più grandi rispetto a ciò a cui sono abituata.

Soffermiamoci un attimo sulla scelta del collant: cosa ti ha affascinato di questo materiale?

Il collant è un materiale molto duttile quindi si presta a tanti tipi di sperimentazioni. Utilizzo spesso collant di diversa densità, che si misura in DEN. A differenza di molti degli artisti che usano questo materiale, nelle mie opere il collant diventa molto più materia, molto più filo. Si trasforma. Mi piace giocare con i pieni e i vuoti. Guardando i miei primi lavori spesso le persone li scambiavano per opere di natura grafica. Non riconoscevano il collant. In generale la mia poetica è incentrata sui legami: legami tra le persone, legami con il territorio. Nelle mie opere, il collant dialoga e si lega con altri materiali e altre tecniche come l'acquarello, la penna o il fil di ferro. È un percorso in costante evoluzione.

Potresti descriverci alcune delle tue opere più importanti?

"Rete di legami" è un'opera del 2017. È un pezzo unico di collant che è stato strappato. Certo, la difficoltà è sapersi fermare al momento giusto. Così facendo è stato possibile creare una serie di chiari e scuri. Poi c'è l'opera "Legami negati", realizzata nel 2018 e risultata finalista al concorso Humans 2018 Miniartextil a cura dell'associazione Arte&Arte.
Qui gioco sulla trasparenza. C'è un collant più leggero, che compie più giri, e poi un collant giallo. In questo ultimo periodo utilizzo molto il collant nero: da un lato comunica un senso di forza e di drammaticità, dall'altro lato un senso di vulnerabilità perché lo rendo un filo sottile. Nella prima installazione che ho realizzato da quando sono qui, intitolata "Legati nel tempo", puoi vedere il collant nero assieme al fil di ferro. Cerco di evidenziare il contrasto tra il nero e il dorato o il giallo come nell'opera "Legami negati". Il fil di ferro che emerge dal nero è simbolo di luce e di speranza.


Quali sono le principali difficoltà che hai dovuto affrontare nella tua carriera?

Innanzitutto, trovare la mia strada. Non è che una volta individuato il materiale che si intende utilizzare si è a posto. Bisogna lavorare su sé stessi, sulla propria poetica, su ciò che si vuole esprimere. Bisogna prestare attenzione al contesto storico in cui si vive. Non si smette mai di studiare. Un'altra difficoltà è stata inserirsi in una specifica categoria, anche se ormai la pittura è concepita in senso molto ampio. Io mi ritengo un'artista a tutto tondo, non amo le categorie. Spesso, però, i bandi e i concorsi a cui ho partecipato le prevedevano. Anche se non tutti sono andati a buon fine, questo tipo di iniziative sono state fondamentali nel mio percorso.

Cosa ti ha portato qui a Villa Greppi?

Riallacciandomi al discorso precedente, ho inviato la candidatura per il bando promosso dal consorzio e sono stata selezionata. Ci tengo a sottolineare che l'avere a disposizione una residenza è fondamentale per me in questo momento: proprio perché voglio lavorare su delle installazioni, avevo bisogno di un posto con tanto spazio dover poter sperimentare. Poi qui sono immersa nella natura, cosa che rappresenta un'ulteriore fonte di ispirazione. L'altro motivo per cui questa opportunità rappresenta una grande occasione per un'artista è il dialogo costante con il curatore che segue fin dall'inizio l'intero progetto. All'inizio di settembre ci sarà la presentazione dei lavori che sto realizzando.

Andrea Besati
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