Cremella: allo Stelvio su un motard e una vespa. L'insolito viaggio del 15enne Pietro e di suo padre

Alcuni genitori portano i figli in montagna fin da neonati. Altri fanno loro indossare un tutù o due scarpette da calcio non appena iniziano a camminare. Altri ancora li mettono in sella a una moto o spiegano loro i misteri dei motori non appena è possibile. Sono scelte importanti, scelte che accendono quella scintilla che, se coltivata nel tempo, può diventare una passione profonda. Di questo parliamo oggi, della passione per le moto che il giovanissimo Pietro Ghezzi, al secondo anno di meccanica a Badoni e residente a Cremella, ha preso da suo padre Massimo. E dell'avventura in cui i due si sono imbarcati lo scorso week-end: andata e ritorno dal passo dello Stelvio. Pietro in sella al suo motard 50cc mentre il genitore a bordo della vespa di quando era ragazzo.

I due cremellesi durante il viaggio

Come nasce la tua passione per le due ruote? Come mai hai preso un motard?

Per me la moto è sempre stata una passione, fin da quando ero piccolo. Non ho mai avuto la minimoto ma i miei cugini, entrambi più grandi di me, sono sempre stati appassionati. Mio padre poi custodiva in garage la sua vespa di quando era ragazzo. Sono salito per la prima volta su un ciao quando avevo nove anni. Da quel momento, ho solo aspettato di raggiungere i quattordici anni per poter prendere il patentino. Purtroppo, a causa della pandemia ci ho messo tanto tempo ma alla fine ce l'ho fatta e l'ho ottenuto. Nel mentre, ho iniziato a cercare una moto da enduro, quindi da fuoristrada, ma non riuscivo a trovarne una che mi piacesse. Poi i miei cugini mi hanno consigliato di non prendere una moto da enduro perché secondo loro non ne valeva la pena per un cinquantino. Alla fine, ho trovato un annuncio di un motard il cui proprietario risiedeva a pochi chilometri da casa mia. Siamo andati a vederla e la abbiamo acquistata.

Come nasce invece l'idea di andare al passo dello Stelvio?

A Natale mio zio ci ha suggerito sorridendo di andare allo Stelvio. Lo diceva più come scherzo ma io e mio papà abbiamo iniziato a pensarci seriamente. Ogni anno allo Stelvio c'è un raduno di moto la prima domenica di luglio ma per quel weekend avevamo già programmato una vacanza quindi non potevamo andare. Con l'arrivo dell'estate e la fine della scuola, però, io ho iniziato ad uscire sempre di più in moto, anche perché altri miei amici hanno preso il patentino. Questo mi ha permesso di acquisire sempre più confidenza. Poche settimane fa, io e mio papà abbiamo riparlato di quest'avventura e abbiamo deciso di partire. Nello zaino avevamo più pezzi di ricambio che vestiti dato che le due moto sono abbastanza delicate.

Come è andato il viaggio? C'è stato qualche imprevisto?

Dieci giorni fa ho bruciato la candela della moto. È rimasta dal meccanico per tutta la settimana, fino al giorno prima della partenza. Siamo partiti sabato mattina alle 10.30 e, dopo alcune pause, siamo arrivati a Bormio intorno alle 17. Li abbiamo dormito. La mattina dopo, prima di partire per lo Stelvio, ho cambiato la carburazione della moto. Lo scopo era aumentare il flusso di benzina per mantenere il rapporto benzina/ossigeno costante anche in quota. Sono abbastanza sofisticato in queste cose. Mentre salivamo, ho patito un po' il freddo. C'erano -7 gradi e ad un certo punto mi sono dovuto fermare per scaldare le mani perché non riuscivo a muoverle. Al ritorno, infine, non siamo passati dal passo del Gavia e dal passo dell'Aprica, come inizialmente programmato. Eravamo in ritardo e le moto hanno iniziato a soffrire lo sforzo e il freddo.

Che cosa ti rimane nel cuore di quest'esperienza?

È stato il mio primo viaggio in moto e sono stato molto felice di aver condiviso quest'esperienza con mio padre. È lui che mi ha insegnato a usare la moto e mi ha spiegato come funziona, trasmettendomi la sua passione. Mi sono divertito tantissimo in quest'avventura e spero di poter fare presto altre esperienze simili.

Quali sono le tue ambizioni per il futuro? Diventare un meccanico delle due ruote?

Innanzitutto, non ho intenzione di prendere il 125. Preferisco tenermi il mio cinquantino, fare esperienza e personalizzarlo come piace a me. A diciotto anni prenderò poi una moto più potente. In realtà, le auto mi piacciono allo stesso modo delle moto. Il mio sogno è quello di diventare ingegnere e andare a lavorare in Ferrari. Sono sempre stato un grande tifoso della Rossa.

Andrea Besati
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