Galgiana: Luca Frigerio accompagna il pubblico alla scoperta dell'arte di Raffaello

"Leonardo ci promette il Paradiso, Raffaello ce lo dà". È stata questa frase di Picasso, autore cubista spagnolo del XX secolo, che ha accompagnato l'incontro di venerdì 16 settembre nell'Oratorio San Luigi di Galgiana, a Casatenovo: un vero e proprio viaggio, della durata di un'oretta, attraverso alcuni dei più grandi capolavori di Raffaello Sanzio, il Maestro del Rinascimento, con particolare attenzione a quelli presenti oggi in Lombardia.

Sul palco a destra il giornalista Luca Frigerio

Ospite e relatore della serata, tenutasi grazie al patrocinio dell'Assessorato alla cultura del Comune di Casatenovo, è stato Luca Frigerio, scrittore, giornalista e critico d'arte, a oggi redattore dei media della Diocesi di Milano, per i quali cura la sezione culturale. Presenti in sala, insieme a lui, anche Gaetano Caldirola, assessore ai servizi sociali, e don Antonio Bonacina, parroco di Casatenovo.

"È la terza o quarta volta che vengo volentieri da queste parti, ormai sono di casa. Questa sera parliamo di Raffaello perché sono appena stati ricordati i 500 anni dalla sua morte, un anniversario molto significativo e importante" ha affermato Frigerio a inizio serata. "Avevamo previsto, giustamente, celebrazioni, mostre ed eventi, però noi facciamo i calcoli senza contare gli imprevisti e ci siamo ritrovati di mezzo la pandemia, che, infatti, ha rovinato, fra le altre cose, anche questa festa. Noi ne recuperiamo un po': l'anniversario tondo tondo è passato, ma Raffaello è bello ricordarlo comunque, anche se più di 500 anni ormai sono trascorsi".


"Raffaello Sanzio è stato considerato il più grande artista mai apparso sulla faccia della terra. Egli ha avuto un talento naturale eccezionale: merito, fortuna, dote innata, talento... un insieme di tutte queste cose, certamente, ma bisogna ricordare che Raffaello era uno che non si è mai accontentato del talento. Era uno che studiava, che faticava sui libri, che appena sapeva che c'era un maestro da qualche parte, o semplicemente qualcuno che potesse insegnargli qualcosa, umilmente subito andava a capire cosa potesse imparare di nuovo e di bello, e migliorava costantemente" ha proseguito lo scrittore, dando un'introduzione generale sul personaggio protagonista della serata.

Angelo, conservato nella Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia

"Nonostante ci si possa aspettare che questo tipo di persone sia tendenzialmente snob, le cronache dei contemporanei ci dicono che questo non valeva per Raffaello: leggiamo che era bello starci insieme, che aveva grande successo con gli amici e con le donne, e che era proprio uno di compagnia. Discorso differente invece bisogna fare per Michelangelo, altro genio straordinario, che era invece piuttosto ombroso e solitario, andava in giro da solo. Raffaello aveva invece un seguito, aveva qualità morali e anche fisiche, era fra l'altro di bell'aspetto, e questo lo aiutava ad avere successo. Un uomo, insomma, dalle numerose fortune". È con queste parole, dunque, che ha dato inizio ufficialmente all'analisi.

San Sebastiano, conservato nell'Accademia Carrara di Bergamo

Si presume che Raffaello sia nato il 6 aprile 1483, data in realtà mai confermata del tutto. Ciò che sappiamo per certo è che nasce a Urbino, piccola capitale rinascimentale, che per l'artista diventa subito terreno fertile e fonte di grande conoscenza: egli è infatti di casa nel Palazzo Ducale della città, dove il padre, Giovanni Sanzio, eclissato dalla fama del figlio e riscoperto solo in questi ultimi anni, è pittore di corte. È proprio da suo padre che Raffaello, sin dalla tenera età, impara tutto sulla pittura e sulle sue tecniche. All'interno della casa natale di Raffaello possiamo trovare una Madonna con bambino ancora oggi visitabile. Le fonti testimoniano che a dipingerla sia stata proprio Giovanni Sanzio, che non perde l'occasione per dipingere la moglie, raffigurata nelle vesti della Vergine, e il figlio, nei panni di Gesù.

Ritratto del Perugino

I lavori di Raffaello iniziano a prendere vita già da giovanissimo. Risale a quando era preadolescente, per esempio, un suo autoritratto che dimostra il suo bell'aspetto, come si diceva all'inizio, e il talento innato dell'artista. Questa fortuna, tuttavia, giunge presto a un termine: Giovanni Sanzio, il padre che gli aveva insegnato tutto della sua arte, muore improvvisamente quando Raffaello ha solo 11 anni, e da lì a poco lo abbandonerà anche la madre. Rimasto ormai orfano, il giovane pittore viene mandato dal Perugino, un grande artista che crea botteghe dove fa crescere numerosi talenti. Una delle prime opere che Raffaello produce sotto la guida del Perugino è una croce processionale: dipinta su due lati, proprio perché durante il trasporto per le vie della città fosse ben visibile a tutti i fedeli, si tratterebbe di una delle primissime opere di Raffaello adolescente. A oggi si trova nel Museo Poldi Pezzoli a Milano.

Un confronto fra lo Sposalizio della Vergine del Perugino (a sinistra) e quello di Raffaello (a destra)

"Stasera dunque faremo un percorso di questo genere: poiché analizzare tutto Raffaello in qualche ora non è possibile, ci concentreremo su quelle opere che, a oggi, per vicende storiche o altro, si trovano a Milano e in Lombardia, nonostante l'autore non abbia mai messo piede nella nostra terra" ha spiegato Luca Frigerio. "Analizzeremo quindi quello che viene definito il Raffaello Lombardo".

Il ritratto di Maddalena Strozzi paragonato a quello della Gioconda

Altra opera realizzata sotto la guida del Perugino è l'Angelo, completamente di mano di Raffaello. Il dipinto faceva parte di un'unica grande pala, destinata a Città di Castello, di cui oggi sono rimasti solo alcuni pezzi a causa di un terremoto, ancora conservati nella Pinacoteca di Tosio Martinengo, a Brescia. Nello stesso edificio, poi, si trova anche il Cristo Salvatore del mondo, dipinto da un Raffaello nemmeno ventenne: qui emerge con chiarezza l'uomo rinascimentale ideale, con tratti armoniosi e un morbido equilibrio. Troviamo infine un ritratto di San Sebastiano "reinterpretato": non è né nudo né trafitto, come richiederebbe invece la tradizione, che pure non rinnega, data la presenza della freccia in mano, nonostante la sua regalità. Si tratterebbe di un'opera di devozione privata e domestica richiesta da un committente proprio di nome Sebastiano. Si crede che lo stesso San Sebastiano sia in realtà un autoritratto di Raffaello: a suggerirlo sarebbe l'impugnatura della freccia con la mano, che sembrerebbe alludere proprio a come si tiene un pennello.

Dama col liocorno, oggi nella Galleria Borghese a Roma

Capolavori, certo, ma non si tratta di opere famosissime. Le maggiori realizzazioni di Raffaello si trovano, infatti, nella Pinacoteca di Brera, il cosiddetto "Louvre di Milano" poiché contiene le opere migliori d'Italia, e in Vaticano (le famose "Stanze di Raffaello"): a Brera, per esempio, è presente il celeberrimo Sposalizio della Vergine, anch'esso destinato inizialmente a Città di Castello ma poi portato via dai Napoleonici e collocato a Milano. Non sappiamo, a dire il vero, le circostanze di questo cambiamento: è probabile che l'opera sia stata trafugata, sia stata rubata, ma è possibile anche che sia stata donata ai Napoleonici, in quanto, in un certo senso, erano considerati anche dei salvatori, dei liberatori. O ancora, può essere che sia stata acquistata da dei nobili. Forse la verità non la sapremo mai, in ogni caso, lo Sposalizio si trova a Brera dagli inizi dell'Ottocento. Interessante è il fatto che all'interno di quest'opera sia presente la firma del suo autore, insieme alla data di realizzazione: 1504, quando Raffaello aveva solo 21 anni.

Bramante da Urbino

Lo stesso soggetto era stato commissionato al Perugino, per celebrare il fatto che all'interno del Duomo di Perugia sia presente la reliquia dell'anello nuziale di Maria. Vedendo l'opera del maestro, Raffaello si ispira, e realizza la sua, sempre su commissione. I risultati sono, nonostante il dipinto sia praticamente lo stesso, straordinariamente differenti: lo Sposalizio del Perugino è piatto, bidimensionale, è quello che viene considerato "una bella opera", ma quello di Raffaello è morbido, organico, dimostrativo della padronanza prospettica del suo autore: è ciò che si definisce un capolavoro. Quello che fa Raffaello, dunque, è acquisire gli insegnamenti del Perugino e portarli al loro apice. Nel dipinto di Raffaello c'è l'ideale di perfezione, non la rappresentazione reale: compito dell'artista dunque è di recuperare quella bellezza ideale che esisteva fra gli uomini, ovvero il paradiso terrestre, e mostrarla, farla conoscere all'osservatore.

Tempietto di San Pietro in Montorio

Una volta imparato tutto ciò che può dal Perugino, Raffaello si reca a Firenze, la grande capitale rinascimentale e culturale, la città di Michelangelo e Leonardo da Vinci che, tornato dalla sua permanenza a Milano, ha appena dipinto la Gioconda. È chiara l'influenza che questo artista, e in particolare quest'opera, hanno sul giovane Raffaello: egli dipinge poco dopo, infatti, il Ritratto di Maddalena Strozzi, una chiarissima citazione all'artista vinciano: la postura, il bracciolo, l'impostazione del dipinto richiamano esattamente quelle caratteristiche della Gioconda, solo l'abito, il paesaggio e l'espressione si differenziano, ma potrebbe essere dovuto al fatto che Raffaello potrebbe aver avuto come modello una versione precedente rispetto alla Gioconda che vediamo noi oggi.

La Disputa del Sacramento, affresco delle Stanze Vaticane

Un altro personaggio importante per Raffaello è Bramante da Urbino, architetto che realizza alcune opere a Milano e a Roma. Tra le altre, per lo Sposalizio della Vergine Raffaello si ispira a San Pietro in Montorio per la realizzazione dell'edificio sullo sfondo. La fama di Bramante giunge fino al Vaticano, dove diventa infatti architetto personale di Papa Giulio II. Quest'ultimo vuole rifare la Roma urbanistica secondo le regole del cattolicesimo ma anche dell'antichità classica: il nome del pontificato, infatti, richiama proprio alla gens Iulia romana. Per questo motivo, Papa Giulio II fa abbattere San Pietro e richiede la realizzazione di ulteriori stanze del Vaticano: vuole farne delle nuove perché quelle già presenti sono state commissionate al Pinturicchio da Papa Borgia, acerrimo nemico del pontefice vigente.

Un ritratto di Papa Giulio II

Informato della presenza di Raffaello a Firenze, Papa Giulio II richiede la sua presenza per le stanze vaticane. È in questo momento che egli dipinge la famosa Disputa del Sacramento (nome moderno, un nome più adatto potrebbe essere "trionfo della chiesa cattolica"), che porta il pontefice a licenziare gli altri artisti che erano stati convocati e a far cancellare ciò che avevano fatto per incaricare completamente Raffaello del compito.

La Stanza Vaticana affrescata da Raffaello

La Disputa è uno dei dipinti di Raffaello più famosi in tutto il mondo, nonché tra i più simbolici e rappresentativi della fede cristiana: per esempio, la Trinità è rappresentata proprio come la si dice nel Credo, ovvero che "procede dal Padre e dal Figlio", un dettaglio che la rende maggiormente fedele alle scritture, a differenza, tra gli altri, della Trinità di Masaccio. Altro dettaglio fondamentale è la suddivisione in piani: nella parte superiore, la chiesa canonica, con angeli, creature celesti e la Trinità, in quella inferiore, invece, la chiesa militante, con santi, teologi dagli abiti dettagliatissimi e molto realistici. I due piani, tuttavia, non sono separati: l'eucaristia, il fenomeno della transustanziazione, fa da collegamento fra il cielo e la terra, sotto il concetto di comunione. Interessante, infine, la presenza di Dante, inconfondibile, tra i teologi, indice di grande rispetto e riverenza nei confronti del suo operato per la Chiesa Cattolica nella Divina Commedia.

La Scuola di Atene

Un'altra parete delle stanze raffigura la Giustizia, che per la teologia rinascimentale è la virtù per eccellenza. La terza parete, poi, raffigura il Parnaso, ovvero Apollo con le Muse (che incarnano le arti del teatro, della danza, della musica ecc.). L'ultima parete, infine, è quella con la Scuola di Atene, ovvero la base della rivelazione cristiana e fondamento delle nostre origini. L'edificio rappresenta, simbolicamente, la filosofia degli antichi, e le caratteristiche di luminosità e ampiezza ci suggeriscono chiaramente l'ispirazione a Bramante. Il dipinto è costellato di personaggi pilastri del mondo antico: al centro, sulla sinistra troviamo Platone, con una mano che indica il cielo, il non-terreno, ovvero, secondo il filosofo, il mondo delle idee, l'iperuranio e la metafisica; sulla destra, invece, con una mano che punta alla terra, possiamo notare Aristotele, ancorato alla fisica, alla natura e all'etica. I due gesti non si contrappongono, bensì si completano. Curioso è il fatto che Platone sia un omaggio a Leonardo da Vinci, come suggeriscono i classici tratti del volto generalmente attribuiti al pittore toscano. Più difficile è l'identificazione di Aristotele, che sembrerebbe citare un certo Bastiano da Sangallo, ai tempi considerato proprio "Il nuovo Aristotele".

Eraclito, tributo a Michelangelo, un particolare della Scuola di Atene

Il dipinto è in realtà pienissimo di omaggi e citazioni di questo tipo: c'è Socrate, con la maieutica rivolta a giovani e anziani, c'è Pitagora, c'è Euclide con il compasso, e poi c'è chi sbircia e copia dai maestri: è letteralmente una scuola. C'è anche un autoritratto di Raffaello, all'epoca 25enne. Interessante, infine, la figura di Eraclito in primo piano, filosofo oscuro e dalla difficile comprensione, un po' tenebroso e chiuso in sé stesso: ha indubbiamente, in questa Scuola, il volto di Michelangelo, genio artistico dallo stesso carattere.
La stanza dove sono raffigurate la Disputa e la Scuola viene oggi chiamata Stanza della Segnatura, ma all'epoca era forse la biblioteca personale di Papa Giulio II, dove riceveva persone di un certo calibro e livello: chi entrava si trovava davanti la storia della Chiesa e il modo per raggiungere la verità, per la quale servono la giustizia, la bellezza e la conoscenza, che portano quindi alla teologia.

Il paragone fra il disegno preparatorio della Scuola di Atene e l'opera finale

Ma cosa c'entra tutto ciò con il Raffaello Lombardo, se stiamo parlando di opere che riguardano il Vaticano? Ebbene, la risposta sta in Federico Borromeo, intellettuale a servizio della Chiesa. Un secolo dopo la realizzazione delle stanze, egli fonda la biblioteca ambrosiana, prima biblioteca non privata, e la pinacoteca ambrosiana: al suo interno, oggi, è ancora conservato il disegno preparatorio della Scuola di Atene, il cartone, intatto com'era 500 anni fa, che (dopo vari altri modelli) è stato utilizzato per l'affresco nella stanza in Vaticano. Federico Borromeo lo acquista a peso d'oro dal collezionista che lo aveva, per un quantitativo oggi pari a milioni e milioni di euro.
L'abitudine di fare il disegno prima dell'opera definitiva viene, ancora una volta, da Leonardo. Il disegno è infatti identico all'opera terminata, a eccezione di due dettagli, ovvero l'architettura ed Eraclito, entrambi mancanti. Forse Raffaello non aveva in mente di metterlo, ma i due artisti lavoravano a pochi metri di distanza, e davanti a tanta meraviglia non poteva non includere anche Michelangelo.

La Trasfigurazione, ultima opera di Raffaello

Gli ultimi minuti della relazione, poi, sono stati dedicati all'ultima opera realizzata dall'artista: la Trasfigurazione, risalente alla fine degli Anni '10 del Cinquecento. Poco dopo aver dato le ultime pennellate al capolavoro, Raffaello muore, all'età di soli 37 anni, casualmente, come grandi altri artisti, Van Gogh, Mozart, e tanti altri. Era il 6 aprile 1520, il giorno, probabilmente, del suo compleanno. Ciò che sappiamo per certo è che era un Venerdì Santo: tutta Roma era in lutto, alla notizia della morte di uno straordinario talento.Sono state queste parole quindi a concludere l'incontro, accompagnate da uno scrosciante applauso di un pubblico interessato e coinvolto.
Giulia Guddemi
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