Occupazione scuola Manzoni di Milano: riflessione sullo scritto del professor Motta


Stefano Motta affila ironia e dispensa sarcasmi contro l’occupazione del liceo “Manzoni” di Milano. Per il cruciale appuntamento delle elezioni politiche del 2022, sperava “nella saggezza utopica delle nuove generazioni”, ma, ahilui, niente da fare. Dai ragazzi si sarebbe aspettato “più intelligenza, pazienza, fantasia” e invece, forse condizionati dalle malevole influenze della “parte politica per cui evidentemente simpatizzano” (una graziosa perifrasi per indicare una non meglio identificata galassia di sinistra), i giovinastri – secondo Motta – hanno demonizzato l’avversario politico (cioè le destre), non hanno accettato l’inequivocabile pronunciamento degli italiani alle urne, considerano stupidi i cittadini che hanno dato il loro consenso ai vincitori e, “stupidamente”, hanno occupato per protesta contro gli esiti del voto “la vera culla della coscienza democratica”: la scuola.
Al di là del fatto che le prime analisi dei flussi elettorali non mostrano alcuna predilezione dei giovani per le formazioni di sinistra, mi domando come si possa operare una generalizzazione così gratuita e grossolana: alcuni studenti di un liceo milanese occupano la loro scuola e automaticamente Motta si sente in diritto di pontificare sulle opinioni e sulle scelte politiche dell’intera gioventù. Naturalmente non manca di dare agli studenti dei somarelli, perché, pur frequentando un liceo intitolato ad Alessandro Manzoni, non ne hanno appreso la lezione sugli stretti rapporti tra storia e politica. Allora si torni di corsa in classe a studiare qualcosa, che è meglio.
Che cosa diavolo avranno mai detto o combinato questi famigerati studenti per suscitare la preoccupazione e meritare la ramanzina del prof.? Vale la pena di stralciare le parti salienti del comunicato a firma del collettivo politico degli studenti del “Manzoni” (che tra l’altro, e inevitabilmente, non rappresenterà tutti gli studenti, bensì la maggioranza di loro, che avrà aderito all’iniziativa del collettivo politico della scuola):

“Abbiamo occupato la nostra scuola per parlare e confrontarci sulla situazione in cui versano le nostre vite: crisi e disastri climatici sono ormai all’ordine del giorno, provano lentamente ad abituarci a un lavoro precario, sfruttato e mortale, e, come se non bastasse, ci prepariamo ad entrare in una fase politica pericolosa e repressiva, visti gli ultimi risultati elettorali.
Abbiamo preso coscienza di questa situazione e abbiamo deciso che questa volta non staremo fermi a guardare, non rimarremo passivi davanti a un presente che cerca con ogni mezzo di toglierci il futuro che ci appartiene.
La risposta però è stata, come al solito, una rappresaglia mirata a farci desistere, a imporci un rispetto di regole che non ci rappresentano e che sono create appositamente per impedirci anche solo di immaginare un mondo ed una scuola diversa. Ma vogliamo dirlo chiaramente, alla Meloni, a Confindustria, a chi ci reprime: non siamo più disposti a tirarci indietro, far finta di nulla e aspettare che voi cambiate le cose; perché, nonostante tutto, sempre e comunque, la scuola siamo noi”.


Al netto di tutti gli eccessi, delle prese di posizione pregiudiziali e delle ingenuità che si leggono nel comunicato – che comunque si possono tranquillamente attribuire alla passionalità con cui si guarda alla realtà politico-sociale del proprio paese quando per la prima volta vi si affaccia – non si capisce dove si trovi il “pericoloso segnale” che inquieta Motta. L’occupazione si è conclusa pacificamente, gli studenti che hanno dormito a scuola pagheranno forse con il cinque in condotta, forse con una sospensione; ciascuno si può fare un’opinione sulla congruità della sanzione. In ogni caso gli occupanti smentiscono la vulgata dominante, che dipinge la gioventù come disinteressata e disimpegnata, egoista e sfaticata, ignorante e conformista. Si dovrebbe anzi auspicare e incoraggiare una maggiore partecipazione e un maggiore attivismo politico da parte degli studenti e dei giovani in generale, che andrebbero naturalmente giocate all’interno della cornice delle regole democratiche e del rispetto delle istituzioni. È notizia di oggi che nella stessa Milano sono apparsi manifesti di formazioni neofasciste che ritraggono scuole arcobaleno in fiamme sotto alla scritta “fiamme eterne alle scuole moderne”. Come interpretiamo questo segnale?
Bisogna insomma tener buone tutte le lezioni del Manzoni, anche quella che ci offre indirettamente, tessendo un divertito ritratto della moglie del don Ferrante citato da Motta: donna Prassede (cap. XXV). La nobildonna, smaniosa di spendersi per il bene di Lucia, è così convinta delle proprie ragioni e così ignara e indifferente verso quelle di Lucia, che finisce col confondere le proprie opinioni con la volontà di domeneddio, con l’ovvia conseguenza di nuocere – con le migliori intenzioni – alla giovine. Un increscioso equivoco, quello di scambiare la propria calotta cranica per la volta celeste, di cui certamente il prof. Motta non vorrà essere vittima.
Francesco Bonfanti
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