Annone: ditta di orologi sfollata in paese durante la guerra. Il nipote torna sui luoghi

Orologi di alta gamma prodotti ad Annone Brianza: il ritorno sul luogo della memoria. Nella piovosa mattinata di domenica 9 ottobre si è tenuta "l'ora del ricordo", un'iniziativa promossa dal Comune in collaborazione con la biblioteca per riportare alla luce un fatto curioso che ha segnato la storia del paese: durante la seconda guerra mondiale, la ditta orologeria italiana società azionaria (OISA) fondata da Domenico Morezzi nel 1937, si trasferì in via San Cristoforo, nella zona ex "Palazzina", dando lavoro agli annonesi che, quando l'azienda tornò a Milano, mantennero il posto di lavoro e la società provvedeva a sostenere i costi dell'abbonamento per raggiungere la sede.

Chiusa nel 1978, l'azienda è stata riaperta nel 2018 dal nipote del fondatore Carlo Boggio Ferrari che, ritrovando in soffitta un orologio del nonno ancora funzionante, decise di approfondire i disegni e gli studi e di ridare vita al marchio. "Mi è venuto in mente di cercare in internet se ci fosse qualcosa di OISA, che ha rappresentato un fatto della storia di Annone. Era sfollata da Milano per la particolarità di produzione: facendo orologi, pensavamo potessero creare timer - ha spiegato Enrico Rigamonti, che ha avuto l'idea e ha svolto la ricerca - Della vecchia ditta non ho trovato nulla, ma c'era un articolo di Carlo Boggio Ferrari che raccontava di aver riaperto l'attività del nonno, in provincia di Pavia. Ho scritto all'indirizzo mail: lui sapeva della circostanza e ha accettato di venire qui a raccontare".

Il pubblico, salutato dal sindaco Patrizio Sidoti che ha ringraziato per la presenza, è stato intrattenuto dalla madre di Carlo Boggio Ferrari che ha rievocato i tempi in cui frequentava la scuola a Galbiate.

"Quando papà tornato in Italia, io avevo 5 anni e, da tecnico dell'orologeria, disegnava il movimento, poi lo creava. Non ricordo molto di quando eravamo sfollati perché ero in collegio. Durante la guerra, non costruivano orologi, ma fabbricavano alcuni pezzi di minuteria meccanica per l'esercito. Poi è tornato a Milano, in una grande fabbrica, dove facevano non solo movimenti, ma anche calibri, quadranti e casse. Ha lavorato tanto e bene. Si è separato dai soci e ha fondato una nuova attività in corso Como. Io e mia sorella l'abbiamo portata avanti dopo la sua morte, ma poi l'attività è stata chiusa per l'avvento dell'orologio giapponese al quarzo. Ho preso i disegni, quello che rimaneva e ho messo tutto in solaio. Da lì è ripartito tutto con il desiderio di mio figlio di onorare il nonno, ma ora è impegnato da mattina a sera. I ragazzi che montano in laboratorio oggi hanno guanti, indossano in camice e tolgono scarpe perché non deve esserci la polvere. Il movimento è talmente delicato che raggiunge la perfezione. Mio figlio ha fatto modifiche al calibro creato da mio padre".

La donna, insieme alla sorella, ha raccontato alcuni dettagli privati di Domenico Morezzi: "Papà amava il sigaro toscano con grande disperazione della mamma ed era molto attaccato al lavoro. Non è mai andato a comprare le scarpe - amava quelle svizzere a cui era abituato - né dedicava troppo tempo al sarto per la preparazione degli abiti. Per lui era tutto tempo sottratto al lavoro. Era uomo di bontà eccezionale e ci ha lasciato una bella eredità".

I ricordi di Carlo Boggio Ferrari sono legati ai racconti: "Il nonno era venuto qui con la mamma e la zia. Ho sentito parlare spesso dell'azienda del nonno, ma non avevamo mai avuto nessun riferimento concreto. Ho trovato un orologio in soffitta nel 2014: risale agli anni 40-50 e presumo sia nato qui ad Annone e mi fa molto piacere essere qui. Nel 1955 OISA è stata chiusa. Ho fatto tanta fatica a riaprire l'attività del nonno: ci ho messo sette anni di lavoro per trovare progetti, finanziatori, soci, tecnici, sede. Ora sono molto soddisfatto: nei primi anni di lavoro ho sviluppato ciò che il nonno ha inventato. In Italia non ci sono scuola di orologeria e lui, dopo aver studiato Svizzera, ha portato il know-how in Italia: sono entrato nella testa del nonno, ricostruendo la tecnica del movimento e mi sono ispirato alla cassa dell'orologio ritrovato in mansarda per creare i modelli".

Boggio Ferrari, non essendo presenti in Italia corsi di studio per maître horlogier, ha frequentato un corso di meccanica al fine di proseguire l'attività di famiglia, ma il nonno venne a mancare quando lui aveva 15 anni e la concorrenza degli orologi al quarzo, portò alla chiusura dell'attività. "I dipendenti e i tecnici mi hanno insegnato il mestiere che aveva insegnato loro il nonno - ha proseguito - Ho visto che c'è un mondo di appassionati che si interrogava su questi orologi e ho iniziato a rispondere nei forum. La passione di queste persone è stata contagiosa. Ho incontrato un uomo che aveva lavorato in Svizzera e, dopo la pensione, ha deciso di venire a lavorare con noi. Grazie a lui l'azienda è nata con le migliori caratteristiche di funzionamento. Abbiamo cercato di fare un movimento estremamente affidabile. Il mondo dell'orologeria in Italia non esiste, mentre il marchio del made in Italy è forte: dopo un anno, oggi stanno arrivando richieste da tutto il mondo".
Ispirandosi al motto del nonno "non avere paura di avere coraggio", è riuscito a far rinascere un'eccellenza.

Prima della chiusura e dopo la trasmissione di alcune immagini dell'epoca, si è tenuta una scenetta imperniata sull'episodio del bombardamento del deposito del carburante di Valmadrera, avvenuto il 20 novembre 1944.
Michela Mauri
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