Cremella: a Grandangolo Marco Armiero parla di ecologia politica del fascismo

Ecologia politica del fascismo. A cento anni dalla marcia su Roma, ieri sera Grandangolo, la rassegna del Consorzio Brianteo Villa Greppi ideata e diretta da Daniele Frisco, ha affrontato un tema raramente oggetto di discussione: l'ecologia politica del fascismo. "Questa serata rappresenta una sorta di anteprima delle tre conferenze sui cento anni dalla marcia su Roma che organizzeremo nelle prossime settimane. L'incontro di oggi non si occupa solo del passato ma interroga il presente, prendendo in esame l'eredità del regime fascista e del passato coloniale" ha sottolineato Frisco nel suo intervento introduttivo.

Marco Armiero

Di fianco a lui, nella sala consiliare del municipio di Cremella, sedeva Marco Armiero, uno tra gli storici dell'ambiente più importanti a livello europeo. Direttore dell'Environmental Humanities Laboratory del KTH di Stoccolma, il professor Armiero è rientrato in Italia in occasione dell'uscita de "La natura del duce. Una storia ambientale del fascismo", pubblicato da Einaudi e scritto insieme a Roberta Biasillo e Wilko Graf Von Hardenberg. "Con l'espressione ecologia politica del fascismo non ci riferiamo a quanto erano ecologisti i fascisti ma a come il regime abbia sviluppato un'idea e una pratica della natura funzionale al suo discorso politico" ha esordito Marco Armiero. "I vocaboli chiave dell'ecologia politica del fascismo sono protezione, bonifica, addomesticazione. Non servono a costruire una grammatica ambientalista ma solo geometrie narrative di supremazia e subordinazione".

Daniele Frisco

Lo storico ha quindi mostrato una foto di Mussolini tra le meno conosciute. Lo scatto raffigurava il duce allo zoo di Roma di fianco ad una leonessa di nome Italia. Quell'animale, ha spiegato Armiero, era cresciuto con la famiglia Mussolini a villa Torlonia ed era stato portato allo zoo una volta divenuto troppo grande. "Una leonessa di nome Italia che Mussolini fa crescere in un ambiente ameno come il giardino della villa di famiglia salvo poi rinchiuderla in gabbia. È un'immagine simbolica molto potente" ha sottolineato il professore, il quale poi ha aggiunto: "C'è un'idea oppressiva dell'ambiente e della natura nell'ideologia fascista". Tra gli spettatori erano presenti anche Ave Pirovano, sindaco di Cremella, e il consigliere comunale Valerio Rigamonti. Proprio quest'ultimo, all'inizio della conferenza aveva salutato il pubblico a nome dell'amministrazione. "Il punto più alto della retorica fascista sull'ambiente è il ruralismo. Mussolini descrive le città come il luogo della rivoluzione, dove si trovano gli operai, le donne che leggono e così via. Una celebrazione del mondo rurale in chiave antiurbana profondamente contradditoria" ha proseguito Armiero. "Parallelamente, infatti, viene istituita la milizia forestale fascista, il cui approccio alla natura era repressivo.

Viene poi bloccata la mobilità tra aree montane e città, pilastro dell'economia delle prime. La montagna diventa un ghetto da cui non si può più uscire". La stessa autarchia è qualcosa di profondamente contrario all'ambientalismo. "Autarchia significa spremere ogni goccia delle risorse del proprio paese. Per di più, se ci pensate, i fascisti promuovono l'autarchia proprio mentre conquistano l'Etiopia. È abbastanza paradossale" ha sottolineato lo storico. Per quanto fosse paradossale, il tentativo di sviluppare l'autarchia ha lasciato ferite profonde. "Uno dei principali problemi italiani è l'approvvigionamento energetico. Il fascismo ha puntato sull'idroelettrico avviando la costruzione di diverse dighe. Ci sono stati due disastri, il Gleno nel 1923 e il Molare nel 1935. Nonostante le centinaia di morti, in nessuno dei due casi ci sono state delle condanne" ha spiegato Marco Armiero.

Il sindaco Ave Pirovano

Poi, con voce sommessa, lo storico ha aggiunto: "L'anno prossimo saranno sessant'anni dall'eccidio del Vajont del 9 ottobre 1963. Quell'evento che è potuto avvenire anche perché dei disastri del Gleno e del Molare non gliene è fregato niente a nessuno". La serata ormai volgeva al termine. "L'intervento nelle paludi pontine non è stato una bonifica vera e propria ma un'opera di manutenzione. Durante quei lavori ci sono stati così tanti morti che gli stessi gerarchi fascisti hanno segnalato il problema a Roma" ha ricordato il professore.

Il consigliere Valerio Rigamonti

Sollecitato da Daniele Frisco ancora a proposito dell'eredità del fascismo sui temi ambientali, Marco Armiero ha concluso l'incontro con una riflessione molto importante. "Oggi c'è un enorme rischio di eco - fascismo. Si rischia di accettare l'idea per cui togliendo la democrazia si possono velocizzare le decisioni e in tal modo migliorare le cose. Credo che chi sostiene questa concezione sia ancora più pericoloso di chi nega il cambiamento climatico. La democrazia è fondamentale perché fa sì che dietro alla scelta tra nucleare e rinnovabili ci sia una discussione collettiva".
Andrea Besati
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.