Molteno: Luca Attanasio 'un ambasciatore di pace' raccontato da chi lo ha conosciuto
I genitori dell'ambasciatore, Salvatore e Alida Attanasio, Roberta Bosisio, il sindaco
Giuseppe Chiarella, Fabio Marchesi Ragona, gli assessori Sara Brenna e Davide Conti
La storia di Luca Attanasio, morto a pochi chilometri da Goma, nella Repubblica democratica del Congo il 22 febbraio 2021, in un attacco armato al convoglio del programma alimentare mondiale dell'Onu, è stata al centro di un incontro promosso venerdì 4 novembre dall'amministrazione comunale di Molteno. La serata è stata impreziosita dalla presenza di Fabio Marchesi Ragona che ha raccontato nel volume la figura di Attanasio, oltre che dalle testimonianza di Roberta Bosisio, cittadina di Molteno che lo ha conosciuto in gioventù e dei genitori, papà Salvatore e mamma Alida, che gli hanno permesso di coltivare il suo sogno.
Il giornalista Fabio Marchesi Ragona e Salvatore Attanasio
I racconti e gli episodi di vita quotidiana di Luca, come tutti lo chiamavano - senza i titoli che connotavano la sua funzione - si sono susseguiti tratteggiando la figura di un ragazzo di provincia con una grande ambizione, la carriera diplomatica, che è riuscito a portare a termine con successo e per la quale si è speso oltremodo, cambiando anche il modo di intendere la figura di funzionario dello stato: il suo agire era sempre rivolto a tendere la mano a chi chiedeva il suo aiuto. "La maggior parte di noi ha conosciuto l'ambasciatore a seguito dell'evento tragico che lo ha coinvolto - ha detto l'assessore Sara Brenna - Luca era un ragazzo nato a Saronno nel 1977, cresciuto a Limbiate. Si è laureato in Bocconi a Milano e ha scelto di intraprendere la carriera diplomatica che lo ha portato in Farnesina, Svizzera, Marocco, Nigeria e nella Repubblica Democratica del Congo".
Al microfono l'assessore Sara Brenna
Come ha rivelato mamma Alida, al terzo anno di università Luca aveva presenziato a un incontro in cui era presente il direttore di ISPI, istituto che prepara alla carriera diplomatica. Ne era rimasto folgorato ma, parlando con il direttore, gli era stato sconsigliato di intraprendere questa strada perchè la preparazione non era adeguata. Una volta laureato con il massimo dei voti, con un contratto già tra le mani, aveva trovato in casa il volantino di ISPI conservato dalla madre: le aveva confessato di non aver dormito quella notte perchè pensava di avviarsi alla carriera da diplomatico. Così fece.
La prima volta l'esame non andò bene per una lacuna sulla lingua francese cui subito pose rimedio buttandosi a capofitto nello studio e, al secondo tentativo, superò brillantemente la prova che gli spalancò finalmente le porte del mondo. "Luca era un ragazzo normale cresciuto in oratorio, semplice, senza grilli per la testa. Amava tantissimo le comunità: era un trascinatore, aveva una grande empatia e trasmetteva sicurezza. Da ragazzo è cresciuto, è diventato uomo: aveva studiato un anno negli stati Uniti, avrebbe potuto fare il manager in banche e guadagnare più di quanto guadagnava un funzionario pubblico. Intendeva il ruolo dell'ambasciatore in maniera diversa: andava lui dalle persone, se queste avevano problemi. Quando è scoppiata la pandemia, è riuscito a far rimpatriare più di 100 italiani, ma anche europei. Per una suora ammalata, aveva organizzato un trasferimento d'urgenza in Italia salvandole la vita. Riusciva a coniugare i compiti di protocollo istituzionale con aspetti di grande umanità".
Roberta Bosisio
Aspetti confermati da Fabio Marchese Ragona. Giornalista vaticanista di Mediaset, per il quale conduce la rubrica domenicale "stanze vaticane", ha raccolto le testimonianze di amici, funzionari diplomatici che hanno conosciuto Luca. "Il libro è nato per i ragazzi, perché potessero avere un esempio da seguire e vedere in lui il fratello maggiore che aveva realizzato il suo sogno partendo dalla provincia. Anche io, come penso tutti voi, non conoscevo Luca. In Italia conosciamo le eccellenze o quando fuggono all'estero o quando non ci sono più: questa è una brutta piega che ha preso il nostro Paese. Luca era una di queste eccellenze che rappresentava l'Italia con passione. Non faceva l'ambasciatore dietro la scrivania: non solo dava il tu, ma lasciava pure il numero di cellulare all'autista. Era un ragazzo partito dalla provincia, che ha realizzato il suo sogno: essere uno strumento di pace - ha affermato il giornalista - Non era un missionario, ma un ambasciatore, un servitore dello stato però svolgeva seriamente il suo dovere e con rigidità: se c'era qualcosa che in ambasciata non filava per il verso giusto, lui interveniva e rompeva le scatole perché era una persona retta. Alcuni missionari che vivono vicino a Goma con cui ho parlato mi hanno detto di non aver mai visto un ambasciatore. Luca invece usciva a incontrare missionari e imprenditori per ascoltare i loro bisogni e farsi portavoce delle loro necessità".
Roberta Bosisio conobbe Luca nel 1999, in occasione di una vacanza a Taizé, non un viaggio turistico. Si tratta di un paese francese, vicino a Cluny, dove risiede la comunità monastica cristiana ecumenica internazionale che accoglie persone da tutto il mondo con l'obiettivo di dimostrare che, nella diversità, si può vivere come comunità di pace. "Mi ero unita a un gruppo di ragazzi della parrocchia di Limbiate - ha ricordato - Quando si è presentato, ci aveva detto "io sono Luca e da grande farò l'ambasciatore". All'inizio pensavo fosse uno scherzo, ma in quella settimana ho avuto modo di conoscerlo e ho capito che era il suo grande sogno. Ricordo gli aspetti più amichevoli: capitava che non si presentasse all'appuntamento e poi arrivava rubando la scena oppure si allontanava, non si sapeva dov'era e poi si scopriva che era in chiesa a pregare o in cucina, anche se non era il suo turno. Faceva il servizio notturno per far ritirare le persone a letto. La nostra amicizia non è terminata: abbiamo continuato a frequentare Limbiate, dove lo incontravamo e agli incontri spirituali. Una sera, a una cena, mi regalò un dipinto ad acquerelli confessandomi di avere la passione per il disegno quando voleva rilassarsi. Ricordando il nostro incontro a Taizé: c'era la montagna con due corde a rappresentare le difficoltà che si superano perché c'è sempre qualcuno dall'altra parte. Vorrei passasse questo di lui: se una cosa la vuoi, la puoi ottenere".
Attanasio aveva dato vita anche all'associazione mamma Sofia per alleviare le sofferenze dei bambini di strada, soprattutto dal punto di vista sanitario e aiutare le donne stuprate che, secondo i costumi locali, non avrebbero più diritto di vivere. "Luca, nel suo ruolo, sapeva che era un privilegiato ma la sua capacità era di mettere a disposizione di tutti questo privilegio, tanto che riuscì a farsi finanziare un'ambulanza con cui andava nei villaggi sperduti a curare i bambini con il siero anti malarico. Insieme alla moglie, per non pesare sulle tasche dello stato, comprò un fuoristrada e, quando era libero da impegni di funzionario, andava a distribuire il cibo alle famiglie. In tutto questo aveva il dono di essere istituzionalmente impeccabile".
La sua perdita è ancora circondata da molte ombre, che dovranno essere chiarite nelle opportune sedi, come ha precisato il padre Salvatore: "È inspiegabile - le indagini sono ancora in corso - ma al nostro ambasciatore non è stata data adeguata scorta: ci sono gravi mancanze, che fanno pensare che la storia che vogliono farci credere ovvero quella di un rapimento, ha altri riflessi. Chiediamo allo Stato di avere la schiena dritta e di non piegarsi alle potenze che cercano di mettere la polvere sotto il tappeto. Non lo permetteremo: Luca rappresentava il nostro Paese e lo ha onorato in tutte le sedi in cui è stato, quindi merita che la nostra nazione gli renda onore: lo deve fare cercando la verità di quello che è successo. Il Congo ancora oggi lo piange per tanti progetti avviati, soprattutto per i bambini che vagano per le strade senza una meta, che lui prendeva e portava nelle missioni, dove trovavano un tetto, un pasto".
Il sindaco di Molteno Giuseppe Chiarella ha sottolineato la levatura dell'uomo: "Non si può non rimanere imbarazzati perché Attanasio è una figura di alto spessore culturale e morale, quindi bisogna entrare in punta di piedi quando si raccontano storie come queste. Serate come queste servono a ricordare la memoria e ad instillare fiducia e speranza nel futuro".
Del medesimo avviso il primo cittadino di Garbagnate Monastero, comune che ha deciso di dedicare il punto giochi all'ambasciatore. "Luca Attanasio ha lasciato un segno, sopratutto tra i giovani. Nel libro ci sono due concetti, dovere morale ed esempio, che tutti noi dobbiamo portare avanti. Luca è stato e continuerà ad essere d'esempio" le parole di Mauro Colombo.
Una serata che ha permesso di far conoscere una figura d'alto spessore che ha rappresentato il nostro stato nelle sedi estere.