Molteno: il tema delle adozioni affrontato grazie alla toccante storia di Nancy

La camicia bianca mette in risalto i lunghi capelli neri, i tratti del viso sudamericani e i monili di arte precolombiana che brillano sulla sua pelle ambrata. Nancy Degiovanni oggi è una bellissima donna di 38 anni, dalla voce spigliata, curata nell'aspetto, madre di tre figli (8,10 e 13 anni), pedagogista di formazione e, sopratutto, orgogliosa di essere colombiana tanto da voler fieramente esporre la bandiera della sua terra all'incontro che si è tenuto nell'oratorio San Giovanni Bosco di Molteno venerdì 18 novembre.

Da sinistra Simona Bellani, vice presidente di "Raccontiamo l'adozione", Manuel Bragonzi, Nancy Degiovanni,
Roberta Bosisio  presidente di "Raccontiamo l'adozione" e Tiziana Cattaneo, responsabile delle attività formative

Una serata promossa dall'associazione ''Raccontiamo l'adozione'' perchè, come ha sottolineato la presidente Roberta Bosisio, ''parlare di adozione è una cosa bella e non deve far paura''. La chiacchierata è stata moderata da Manuel Bragonzi, che già lo scorso anno il pubblico (prevalentemente composto da genitori adottivi o interessati) aveva avuto modo di conoscere con la sua tragica storia. Quella di Nancy è profondamente diversa, ma ugualmente commovente, per le domande ancora senza risposta, le ferite, ma anche la gioia di conoscere il padre naturale. Ne parla con serenità, oggi, ma il suo vissuto è frutto di un percorso lungo, maturato nel tempo e affiancato da specialisti.
Nancy arriva in Svizzera, dove ancora oggi vive con la famiglia, nel 1985, quando ha solo un anno e mezzo. Da subito i genitori adottivi le raccontano la verità e la omaggiano con alcuni dischi musicali colombiani: questa musica, nei primi anni, sarà l'unico attaccamento alla sua terra e le permetterà di continuare a vibrare dentro. Rievoca una foto in cui, a due giorni dal suo arrivo, abbraccia i genitori. ''Era un abbraccio che significava "prenditi cura di me" e loro lo hanno fatto''.
Vive infatti un'infanzia felice, circondata dall'affetto dei genitori, mentre l'adolescenza è per lei un periodo di forte ribellione. Tra le coetanee inizia a farsi sentire la differenza fisica.

''In adolescenza piangevo ogni pomeriggio due ore in camera: vivevo male fisicamente, mi sentivo brutta, non mi accettavo né mi piacevo. Ho sofferto e in quel momento non ero orgogliosa di essere colombiana. Non dicevo niente perché era come riaprire la ferita. Mi piaceva studiare, ero molto brava, ligia ma dentro di me qualcosa bolliva e questo è uscito dopo i 13 anni. Mi è sempre piaciuto fare festa, divertirmi. Trattenerlo è stato faticoso e vederlo uscire è stato come far vivere due mondi. La mia ribellione era nascosta, non la facevo emergere e spesso raccontavo bugie ai miei genitori. Lo studio mi veniva bene e mi piaceva dimostrare qualcosa a me e agli altri''.
Nancy ha sempre saputo che la madre era morta e in quegli anni pensava molto a lei, meno al padre. ''Ho dovuto fare questo lutto, senza trattare con mano la questione né avere una sua foto. Queste domande che mi facevo, in adolescenza sono scoppiate. Mi mancava un pezzo e questo mi faceva star male, oltre ad avere una fisicità diversa. Fantasticavo molto: sognavo di andare sulla tomba di mia madre a portarle dei fiori''.
I genitori adottivi le hanno detto di averla adottata perchè non potevano avere figli, ma quando lei è già grande, sono arrivati due gemelli e una sorella. ''La differenza non mi è pesata perché per loro sono sempre stata una figlia, con una storia da raccontare. Ero molto felice di avere dei fratelli''.

Nelle relazioni affettive Nancy non ha mai avuto paura di attaccarsi agli uomini. "Ho fatto l'esperienza di un attaccamento sicuro e positivo alla figura adulta, con persone che si sono occupate di me, quindi non ho mai avuto problemi a legarmi ad altri". In questa ricerca arriva Luca, con il quale forma una bellissima coppia. "Sono arrivati i figli e per me è stato un risveglio, soprattutto con la prima. È stata una grandissima emozione: entri in contatto con emozioni così forte che il tuo lato emotivo che tieni nascosto, esce in maniera prepotente. Per la prima volta ho stretto tra le braccia una persona con il mio sangue: è stato l'incontro con il mio passato, la mia origine. Da quel momento, non era più mia solo la storia. È anche di mia figlia, ma cosa le raccontavo? Da qui sono partite le mie ricerche".

Sono quindi iniziate le ricerche del padre e prima di lui ha trovato, tramite Facebook, la "mamita", ovvero la donna che per un anno, in Colombia, si è occupata di lei. Da qui sono partite le esplorazioni del proprio passato, a cui hanno fatto seguito tre viaggi. "In questo percorso i miei genitori adottivi erano felici per me ma a loro non l'ho detto subito. Ci è voluto del tempo, prima che trovassi le parole. È stata fondamentale la figura di Luca che nel primo viaggio era molto lucido e mi ha accompagnata in ogni tappa, permettendomi di godere il sapore della mia terra sin dal mio arrivo" ha proseguito Nancy. "La "mamita" mi ha introdotta al mio passato e mi ha raccontato anche fatti dolorosi: prima di stare con lei, ero andata prima in una famiglia che mi maltrattava e mi buttava sotto l'acqua. Lei mi ha regalato una realtà diversa: mi ha cresciuta come una figlia nonostante lei non si occupasse di bambini a lungo. Io ero un caso un po' disperato e poi si è affezionata: io stavo bene con lei, ero serena. Il suo dolore è stato nel distacco: quel momento è stato difficile e quando me l'ha raccontato, è stato devastante. Quando dovevo andare, mi sono attaccata alla sua gonna e non mi staccavo più. Anche per le figlie della signora è stato così: si ricordavano di me e quando sono tornate non c'ero più. Mi sono quindi resa conto che il dolore non è stato solo mio, ma anche di altre persone che mi hanno voluto bene".

Nel secondo viaggio, insieme al marito e alla primogenita che aveva 4 anni, incontra il papà naturale grazie all'istituto colombiano che si occupa di adozione. "Avevo inoltrato le richieste e una sera, aprendo le mail, leggo che lo avevano trovato. Lui si diceva contento che stavo bene e mi hanno dato il suo numero. In quel momento c'è stato tutto: gioia, dolore, pianti, urla. Mi sono fatta coraggio e l'ho chiamato per la prima volta. Lui ha sentito la mia voce felice. Una delle prime cose che mi ha chiesto è stato di perdonarlo, ma io gli ho risposto che ero lì per sapere qualcosa di lui".
La "mamita", venuta a conoscenza del fatto, ha voluto conoscere il padre di Nancy e ha organizzato l'incontro a casa sua: "Lei ha voluto esserci anche in questo momento, come una mamma. L'incontro è stato fortissimo: c'è stato un abbraccio che non finiva più e poi gli ho presentato mia figlia. È stato un momento di gioia, ma per lui anche sofferenza, con un senso di colpa e la paura di sentirsi giudicato da noi. Mi ha chiesto nuovamente di perdonarlo".
Persona introversa, una sera si è aperto con la figlia raccontandole di quando la madre è morta e di come lui, che viveva con poco nel periodo della guerriglia, avesse deciso di darla in adozione. In questo viaggio c'è stata la scoperta del padre, ma la figura materna restava ancora avvolta in un parziale mistero. Altri lati nascosti emergeranno con vigore nel terzo viaggio, compiuto con il marito, le tre figlie e i genitori adottivi. "Loro erano molto felici e vedevo che si sentivano di aver perso una parte importante. Mia madre era tranquilla, mio padre era molto agitato ma l'agitazione è sparita quando si sono incontrati: si sono abbracciati, con molto pudore e mio papà era molto riconoscente. È stato bello vederli scoprirsi. Durante il soggiorno sono stati molto vicini".
Nancy, in questo viaggio, scopre di avere anche delle sorelle. Da qui si è riaperta la storia della madre: ''mio fratello l'ha aiutata a guadare un fiume. E' andata sulle montagne da sola, si è unita alle fila della guerriglia, faceva parte delle Farc ed è morta uccisa. Mio padre era andato a recuperare il corpo ma, pur scavando, non l'ha mai trovata. Mi sono dovuta fare una nuova idea di mia madre".

Nancy ha lavorato molto su se stessa ed è riuscita a far riemergere la sua vera indole, di sangue, che nell'adolescenza aveva smorzato. ''La Colombia è entrata prepotentemente nella famiglia - racconta sorridente - Le mie figlie sono felici di mostrare il loro lato colombiano e sono riuscita nell'intento di trasmettere qualcosa di positivo di questa esperienza, anche se non facile. Volevo che la Colombia entrasse nella mia vita, mi rendesse orgogliosa e che potessi trasmetterlo alle mie figlie. Sono orgogliosa di essere colombiana e mi sono riappropriata di tutti gli aspetti che sono mancati nella mia vita. Alla nostra famiglia, l'adozione ha dato un'apertura sul mondo e su un altro paese, quindi una ricchezza. Posso definire la mia vita come un'avventura, con terreni scivolose, soste forzate e oggi posso dire anche bella. Non è stato semplice, ma io ho scelto di non indossare gli occhiali grigi ma quelli a colori e di vedere tutto come la mia terra, bella e colorata''.
Una terra a cui più volte ha fatto riferimento, raccontandone gli aspetti positivi come la natura e i colori. Una terra che oggi pulsa, la rende viva e consapevole del suo passato.
Michela Mauri
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.