Erba: inaugurata la mostra di Gaetano Orazio. Le sue sculture arrivano in dieci comuni
Il culmine della sua essenza artistica è stato celebrato attraverso l'inaugurazione mercoledì 30 novembre a Lariofiere della personale "Il Belvedere del Trovante", un progetto di valorizzazione artistico culturale del territorio della Brianza lecchese che ha proprio nel Trovante il suo minimo comune denominatore e che si articola nella creazione di un percorso che collega i diversi comuni coinvolti: Annone Brianza, Barzago, Bosisio Parini, Bulciago, Civate, Costa Masnaga, Cremella, Garbagnate Monastero, Molteno e Monticello. Orazio ha infatti voluto mettere a disposizione di tutti il risultato di questa sua ricerca, posizionando una scultura in questi luoghi: si tratta di una sagoma in ferro identica al Trovante con una fessura all'altezza del cuore attraverso cui è possibile, in determinate ore del giorno - dalle 10 alle 12 - scorgere la figura d'ombra sul Corno Birone.
"Crediamo che l'arte, la cultura, il paesaggio siano le leve per sviluppare questo territorio. Un'iniziativa di questa caratura permette di andare in modo forte nella direzione che vuole perseguire" ha commentato il presidente di Lariofiere Fabio Dadati.
"Per la Provincia la cultura è strumento che può aiutare a promuovere il nostro territorio, a farlo vivere - ha detto la presidente lecchese Alessandra Hofmann,sindaco del comune di Monticello - La bellezza può essere uno strumento per creare una comunità resiliente. È un messaggio semplice ma importante perché l'arte entra nell'anima".
Il comune capofila del progetto è Molteno e il sindaco Giuseppe Chiarella, a nome dei colleghi presenti in sala, si è rivolto a colui che "prima di tutto è un amico''. "Quando Gaetano Orazio mi ha esposto il progetto che andava delineandosi nella sua mente, ho subito accolto con fervore l'idea. Ivi compresa quella di coinvolgere altri Comuni nell'adozione e condivisione di questo progetto. E forse questa è stata la parte più complicata; perché se è facile condividere la realizzazione di un marciapiede, di una strada, o di qualcos'altro purché sia qualcosa di concreto e tangibile, non è cosa facile condividere qualcosa che va sotto il nome di Arte. E questo perché l'Arte, per sua stessa definizione, non ha definizione. Lo diceva Kant nella Critica del Giudizio e più recentemente Wittgenstein. Ma non è facile anche sotto un altro aspetto: oggi tutti sono artisti, tutti sono scrittori. Basta che qualcuno scriva qualcosa e diventa scrittore così come è sufficiente che qualcuno sporchi una tela per essere denominato Artista". Come mai quindi è stato scelto il Trovante? "L'opera di Gaetano Orazio è stata catturata in quanto noi, per dirla sempre con le parole di Kant, nelle cose belle, noi in verità, l'lo vede riflessa la propria incondizionatezza, la negazione di ogni concetto, di ogni significato. Ecco a cosa serve l'opera di Gaetano Orazio: per elevare "l'uomo al di sopra di stesso". L'arte di Gaetano Orazio serve a tutti, serve per istruire e per educare, serve per trasmetterci messaggi e per renderci cittadini e uomini migliori".
"Mi pongo continue domande mentre dipingo perché la pittura è un mezzo per arrivare a un fine" ha detto l'artista Gaetano Orazio, che non ama la definizione di maestro. Figlio di muratore, è emigrato in Brianza alla ricerca di un futuro migliore: ha lavorato in fabbrica per una vita ed è riuscito a trovare nella terra d'adozione un fattor comune con le sue origini: gli elementi, il paesaggio che ci ricordano la nostra impermanenza su questa terra. "A chi somiglio io? A quel sasso, al doppio respiro della salamandra, alla castagna d'acqua, all'acqua stessa?" si interroga. Orazio ha individuato un luogo dove dare espressione alla sua arte: per anni ha dipinto sulle rive del rio Toscio, poco sotto San Pietro al Monte di Civate, cercando di colmare il suo inesauribile desiderio di identità e di appartenenza. Proprio in questo suo luogo, che aveva eletto a dimora di ricerca artistica, è stato scoperto dal critico d'arte Philippe Daverio, che lo definì artista sciamano, a richiamare la sua identità con gli elementi: "Nel nostro primo incontro (nel 1999, ndr) mi disse "mi interessa il tuo fare pittura, ma soprattutto quello che riuscirai a trovare in questo luogo". Eravamo ai piedi del monte, sul torrente, e lui aveva già intuito cosa avrei trovato".
Passano gli anni e nel 2018, mentre si trovavano in strada, la moglie guardando la montagna, gli segnala di avere visto il trovante: "Quando l'ho visto, sul fianco della montagna, dopo averlo dipinto infinite volte, ho compreso che la mia ricerca era conclusa: quello lassù era il mio daimon, era quello che avevo cercato nel doppio respiro della salamandra, nel profilo della castagna d'acqua, nei sassi del torrente, nell'acqua, ritrovato liquido amniotico" ha ricordato. "È stato fortissimo: una volta che il trovante si è palesato, mi sono rasserenato. Volevo ridare alla terra che mi ha accolto, anche spiritualmente, la chiamata che mi è arrivata con il Trovante".
Philippe Daverio, intellettuale e critico d'arte, dedica a Orazio uno spazio in "Passepartout" su Rai3: tra i due nasce una profonda amicizia destinata a durare sino alla scomparsa di Daverio nel 2020. Al critico d'arte è stata dedicata la serata inaugurale, attraverso la posa di un papillon su una sedia, come se lui fosse presente.
Durante l'inaugurazione è stato proiettato il corto "Io sono paesaggio" di Moreno Pirovano, regista e poeta, protagonista con Orazio di un lungo sodalizio artistico ispirato da una profonda consonanza: "Le mie poesie aderiscono come un'edera sulla sua figura. Questa è un'opera di land art incredibile: è un bel segno che gli amministratori lasciano al futuro, concedendo alle opere di essere immerse nel territorio" ha sottolineato. La prima mostra personale di è datata 1992, ma nonostante le numerose mostre non si è mai lasciato tentare delle sirene del mercato dell'arte: ha sempre dipinto e scritto - è infatti un poeta di rara profondità - solo seguendo il suo personale istinto ad abbandonarsi ad una dimensione primigenia, alla ricerca di profonde "somiglianze" con ogni materia.
Per Gaetano Orazio, "il Trovante è il senso delle cose che sta in ognuno di noi": spetta a noi, traguardano attraverso la fessura all'altezza del cuore della sagoma in ferro, andare a ricercare il nostro senso più intimo. Grazie a quest'opera che Orazio concede al pubblico, condividendo la sua scoperta, ci daremo il tempo di fermarci per un ascolto che si fa unione con la natura circostante.