Annone: presentato con Monsignor Delpini il libro sui 170 anni di fondazione della chiesa

Una tavola rotonda per raccontare i contenuti del libro in ricordo dei 170 anni dall’edificazione della chiesa parrocchiale di Santa Maria ad Annone Brianza.

Il sindaco Patrizio Sidoni, monsignor Mario Delpini e don Maurizio Mottadelli

Tra i relatori figurava un ospite speciale, in semplice abito talare. Vestiva solo lo zucchetto l’arcivescovo di Milano Monsignor Mario Delpini che nella sala consiliare ha stupito per la sua semplicità. La sua presenza, pur nell’ossequio imposto dall’occasione, ha reso l’atmosfera quasi familiare, senza generare soggezione ma tanta ammirazione tra gli astanti.

Dopo la messa officiata dall’arcivescovo nella chiesa parrocchiale, è seguito un momento per presentare il volume “ne costruiremo una nuova”, scritto da Enrico Rigamonti con immagini di Egle Scerelli, in arte Scegle. “La sua presenza qui così personale, generosa e familiare, ci rende una gioia e un onore che le vogliamo tutti riconoscere: è uno sprono a un sempre rinnovato entusiasmo per riscoprire e studiare i nostri edifici” ha affermato il moderatore dell’incontro Stefano Perego, rivolgendosi a Monsignor Delpini.

Ha ben ricordato il sindaco Patrizio Sidoti le operazioni di restauro e intervento della chiesa, mentre il responsabile della comunità pastorale don Maurizio Mottadelli ha aggiunto: “La cosa più importante è la Chiesa come popolo di Dio, ma anche l’edifico di una comunità racconta, parla. La cura con cui una comunità tiene alla sua chiesa, dice quanto essa trova la sua unità”.

A spiegare i contenuti del volume l’avvocato scrittore: “L’idea di festeggiare il compleanno della chiesa è nato in un momento particolare, nella primavera del 2020, quando è arrivato il flagello - ha affermato Enrico Rigamonti - In questa situazione, abbiamo immaginato che la chiesa idealmente ci dicesse “ci penso io ad abbracciare gli amici che se ne sono andati”. Abbiamo quindi pensato a un racconto per narrare la storia di questa presenza sì muta, ma non indifferente. Un racconto in cui i macro eventi, compreso il dibattito, hanno una loro veridicità storica. Ci sono solo alcuni episodi di fantasia per parlare di eventi della storia. Per mettere insieme lo scritto abbiamo organizzato una squadra e lavorato in sinergia, in perfetta armonia, senza protagonismi e senza screzi e anche questo è fonte di soddisfazione”.

Compito della pittrice è stato accompagnare il testo con le immagini. “Per me ha significato ritornare bambina. Ricordo quando entravo in chiesa, la vedevo imponente ed ero affascinata dai dipinti, dai disegni della volta e dal marmo delle colonne perché nelle venature vedevo tante forme e fantasticavo molto. Ho scelto la china perché meglio si avvicina al periodo storico”.

Monsignor Delpini ha invitato a riflettere sui cambiamenti intervenuti tra il passato e il presente: “Il dibattito per costruire la chiesa o ampliare quella che c’era o usare San Giorgio, si è svolto tra il conte Annoni, il parroco e altri due personaggi. Le decisioni le hanno prese le personalità eminenti. Che cosa è cambiato da allora? Ora siamo diventati consapevoli che, qualsiasi sia il nostro ruolo, chiunque ha la sua da dire. Da una comunità comandata da persone più ricche e potenti siamo passati a comunità in cui c’è partecipazione popolare, di tutti. Questa comunità era anche molto religiosa, seppur separata da ottiche partitiche, con contrapposizioni tra gli uni e gli altri. Ora, per quanto vedo e riconoscendo nella chiesa nuova un luogo di aggregazione di tutti, trovo qui una comunità unita. Nel tempo della costruzione è capitato un episodio drammatico: un giovane lavoratore a cui si sono congelate le mani. Le condizioni di vita e l’esposizione ai pericoli sono passate dalla fatica fisica al rispetto di chi lavora. C’è insomma un’evoluzione che ci rende fieri della nostra storia”.

L’arcivescovo ha poi rimarcato le nuove sfide che la chiesa deve affrontare: “Spesso quando consideriamo quello che hanno fatto i nostri padri, facciamo fatica a immaginare un’impresa comune. La comunità unita deve sapere individuare le grandi imprese che oggi sono necessarie per dire “insieme ce la faremo”. In questa epoca è cambiato il modo di sentire l’appartenenza alla chiesa, ma esprimiamo la fiducia che insieme possiamo affrontare le grandi imprese che ci aspettano, come la sfida educativa, dell’età anziana, della comunità plurale. Abbiamo grandi sfide ma vogliamo metterci mano. Siamo eredi di generazioni di gente che hanno avuto una grande impresa da compiere. Ora altre imprese ci sfidano: ci mettiamo insieme e ce la faremo”.
M.Mau.
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