Villa Greppi: terminato il restauro, la tela con la Sacra Famiglia torna finalmente a casa

"Immagino che sia nata per il cuore e la fede delle persone che la osservavano ammirate". Così don Marco Crippa ha salutato, prima di benedirla, la tela della Sacra Famiglia, riemersa in tutta la sua bellezza dopo un restauro durato alcuni mesi. Un ritorno molto atteso, quello della tela, e per questo celebrato con una presentazione pubblica svoltasi sabato pomeriggio nella sala Carlo Ratti.

Alcune immagini dell'iniziativa di sabato pomeriggio a Villa Greppi

Dall'Ottocento, la tela della Sacra Famiglia è stata collocata nella cappella di San Giacomo, nell'ala est della villa. Una cappella chiamata così in onore del conte Giacomo Greppi, il primo proprietario della Villa. Per questioni di allarme, però, la tela non sarà ricollocata in quel luogo. Lì sarà messa una copia" ha spiegato Lucia Urbano, nominata poche ore prima presidente del Cda di Villa Greppi.

Lucia Urbano, neo presidente del Consorzio Brianteo Villa Greppi

Tra il pubblico era presente anche Gualtiero Chiricò, presidente dell'assemblea dei sindaci dei comuni membri del Consorzio. "Questa lunetta faceva sicuramente parte di una grande collezione di opere. Del resto, il papà di Giacomo Greppi, morto nel 1799, era conosciutissimo in tutta Italia per il suo amore verso l'arte e la cultura" ha ricordato Laura Caspani, presidente dell'associazione Brig Cultura e Territorio. "Purtroppo, quando questo ramo della famiglia Greppi ha smesso di esistere, a metà del Novecento, il patrimonio della famiglia si è disperso. Le uniche due opere rimaste sono questa lunetta e il ritratto di Giacomo Greppi, restaurato poco tempo fa".

Una riproduzione di com’era la tela prima del restauro

Profonda conoscitrice della storia di villa Greppi, la dottoressa Caspani ha quindi spiegato come la lunetta con la Sacra Famiglia sia menzionata in un inventario realizzato dai figli di Giacomo Greppi, colui che acquistò la casa all'inizio dell'Ottocento. "Suo nipote, Alessandro Greppi, tra il 1865 e il 1866 realizza un primo disegno della tela sul frontespizio dell'album dove sono raffigurate le opere d'arte presenti nel territorio brianzolo. A questo disegno ne seguiranno altri due, realizzati su fogli sciolti. Alessandro Greppi intuì che l'opera era di una certa antichità" ha proseguito Caspani.

A sinistra don Marco Crippa, parroco di Monticello

Come tutte le opere d'arte sopravvissute nei secoli, anche la tela della chiesina di San Giacomo presentava i segni del tempo. Segni che nessun restauro è in grado di eliminare del tutto. "Contesto l'idea per cui un restauro serva per riportare l'opera al suo antico splendore. Il tempo passa per tutti, anche per le opere più famose" ha esordito Ilaria Bruno, la funzionaria della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio che ha vigilato sul restauro dell'opera.

Da sinistra Lucia Urbano e Laura Caspani

"In casi come questo, i funzionari della soprintendenza effettuano almeno tre sopralluoghi. Il confronto con la restauratrice, ma non solo, è fondamentale" ha proseguito la dottoressa Bruno. "Per esempio, è stato molto importante entrare in possesso delle ricerche svolte dalla dottoressa Caspani. Quelle informazioni, infatti, ci hanno consentito di comprendere che l'opera non era stata realizzata nell'Ottocento ma era molto più antica. Quanto emerso dal restauro ha poi confermato questa nostra tesi".

È stata la restauratrice stessa, Chiara Ferrario, a raccontare alcuni particolari molto importanti che ha potuto scoprire lavorando sull'opera, come per esempio l'alto numero di rimaneggiamenti e modifiche subite nel corso del tempo. "Abbiamo lavorato ripulendo uno strato dopo l'altro. Rimuovendo alcune ridipinture sulle parti laterali del quadro, in particolare, è stato possibile far emergere nuovi elementi. Questo ci ha consentito di capire che in realtà la tela era molto più grande, probabilmente una pala d'altare, e aveva molti più personaggi" ha esordito la dottoressa Ferrario.

Nei sei mesi del restauro, gli interventi più importanti che sono stati eseguiti hanno riguardato innanzitutto il San Giuseppe. "Nell'angolo in basso a destra c'era una toppa, realizzata ritagliando un pezzo di un altro dipinto. È stato necessario coprire lo spazio con un lavoro molto preciso a partire da una base a tempera" ha spiegato la dottoressa Ferrario.

Chiara Ferrario

Si è poi deciso di rimuovere la doratura che caratterizzava diverse parti dell'opera. "Il cielo presente intorno alla Vergine era ridipintura con un colore molto diverso dall'originale. Quello che si osserva sul lato sinistro dell'opera per capirsi. Non aveva senso tenere la doratura presente intorno al capo della Vergine, realizzata con un oro matto, poiché era stata realizzata sopra una ridipintura" ha spiegato ancora la dottoressa Ferrario. "Rimossa quella doratura abbiamo deciso di eliminare anche gli ori simili presenti nel quadro. Intorno al capo della vergine, come già accaduto per Gesù Bambino, è emersa la doratura originale, realizzata in oro zecchino. Nel complesso la tela ha guadagnato davvero molto attraverso questo restauro".

A destra Ilaria Bruno

"Non si rimuove una componente come la doratura solo per gusto estetico, si cerca di comprendere qual è stata la storia del dipinto, quali parti devono essere conservate e quali particolari possono essere eliminati perché completamente slegati dal significato originale dell'opera" ha aggiunto Ilaria Bruno alla fine della conferenza. "Dopo aver visto il dipinto pulito, abbiamo capito che quel tipo di oro impediva di godere appieno della bellezza del dipinto e quindi abbiamo deciso di eliminarlo".
A. B.
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