Nibionno: il viaggio di Valerio Rigamonti nel fragore indiano tra artigiani e tuk-tuk

Valerio Rigamonti
Un costante frastuono di clacson proveniente da pullman, tuk-tuk, taxi e mezzi vari, anche se Valerio dice ormai di essercisi abituato. È partito lo scorso 16 novembre per un viaggio che lo terrà impegnato fino al prossimo giugno. La meta? India, Thailandia, Vietnam, Cambogia e forse Sri Lanka.
Valerio Rigamonti, classe 1995, residente a Nibionno nella frazione di Cibrone e cresciuto nel paese, ha deciso di lasciare gli affetti e il lavoro da architetto in una società a Milano per partire alla scoperta di una parte dell'Asia. Per rispondere al perché di questa scelta, Valerio si rifà alle memorie del giornalista Tiziano Terzani e dice di essere, come lui, attratto dall'esotismo, dalla ricerca di qualcosa di diverso, di strano, di lontano.
"È sempre stato un mio sogno partire e viaggiare per il mondo, stavo solo aspettando, banalmente, i soldi per farlo e una coscienza e un'intelligenza diverse che mi permettono quindi di affrontare il viaggio in modo diverso", ha raccontato da un locale di Anjuna, un villaggio sulla costa di Goa Nord, "una specie di Rimini e Riccione indiana" dice, mentre aspetta il suo piatto di noodles. Valerio ha passato lì quattro giorni per festeggiare il Capodanno: è partito da solo, anche se a momenti alterni trova sempre qualcuno con cui condividere qualche tappa o bersi una birra. "L'altro giorno ho incontrato una ragazza spagnola che è qui per fare un corso per diventare maestra di yoga professionista, l'India rimane una meta molto importante per chi vuole scoprire o interessarsi di queste pratiche spirituali", ha spiegato.
Partenza da Milano Malpensa, scalo a Francoforte, volo per Delhi. Dopo la vista di un aeroporto "molto occidentale", Valerio dice di aver subito uno shock uscendo dalla metro ed entrando nel quartiere centrale della città: "avevo visto qualcosa di simile quando sono andato in Kenya, ma il chiasso, il disordine, le persone sono moltiplicati per centomila". Sporcizia e animali selvatici sono la normalità: cani, gatti, mucche, scimmie, topi si incontrano per strada, convivono con la popolazione, che per alcuni versi li ignora, per altri li accudisce e dà loro da mangiare. Se alcune immagini dell'India non ci sorprendono perché ricalcano lo stesso racconto che abbiamo appreso dai libri, Valerio è rimasto colpito da quanto verde ci sia a Delhi: "nonostante sia una delle città più inquinate al mondo ci sono dei parchi e dei giardini che sono dei gioielli".

Dopo Delhi, Valerio è passato da Agra, Jaipur, Pushkar, Jodhpur, Jaisalmer, Udaipur, Bhuj, Maheshwar, Mumbai, Anjuna, per arrivare in questi giorni a Mangalore. "Al nord ci sono tante città e molto ravvicinate, dove ci sono molti itinerari turistici, mentre andando verso sud, da Goa verso la punta sud, c'è più natura" - ha spiegato, svelando in realtà un secondo obiettivo del suo viaggio - "non sono venuto qui per seguire solo gli itinerari turistici, l'idea è sempre stata quella di dare al viaggio un taglio un po' mio, anche per fare un documentario sul mondo dell'artigianato in India". L'India è un paese ricco di tradizioni artigiane che si sviluppano in diversi distretti del paese: ad Agra il marmo viene scavato seguendo disegni geometrici e floreali e poi decorato con pietre preziose; a Jaipur, invece, l'oreficeria è la tecnica artigianale più diffusa; infine, Maheshwar è un villaggio la cui economia ruota attorno alla tessitura a mano.

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"Cerco sempre di parlare con più persone possibili, racconto loro di questa mia idea di documentario e, un po' perché sei occidentale, un po' perché l'idea è carina e interessa, riescono a organizzarti appuntamenti con diverse persone nel giro di poche ore. È tutto molto più informale se paragonato al modo di lavorare occidentale", ha spiegato Valerio, aggiungendo che senza i consigli della gente del posto è molto complicato trovare situazioni, pratiche, attività così specifiche. D'altra parte, è necessario sapere scavare e non fermarsi ai primi artigiani che si incontrano, perché se in Italia la figura dell'artigiano è più vicina a quella dell'artista, in India è molto più semplice trovare lavoratori che considereremmo normalissimi, chiamati comunque artigiani.

Dopo le prime settimane caratterizzate da un ritmo serrato, le giornate di Valerio sono diventate più lente anche per la sua collaborazione a distanza con "Rilegno", consorzio nazionale che si occupa della raccolta,  del recupero e del riciclo degli imballaggi di legno.
"È un paese folle, molto selvaggio, non ci sono regole veramente rigide, quando devi comprare qualcosa devi sempre contrattare. L'India sta facendo passi enormi a livello economico, ma rimangono modi di vivere poverissimi. Per esempio, nella baraccopoli di Mumbai ci sono persone che vivono in modo molto economico e il giorno seguente vanno a lavorare in città", sintetizza Valerio, tratteggiando in poche parole uno dei tanti paradossi indiani.

Anche se il sistema delle caste è stato abolito nel 1947, la sfera dei matrimoni conserva alcuni retaggi di questa divisione. Infatti, i matrimoni in India vengono ancora combinati e le unioni avvengono tra persone appartenenti alla stessa casta: "i matrimoni durano dai tre ai cinque giorni e sono una festa che coinvolge tutto il paese e tutti i passanti - ha raccontato Valerio - anche se in città, per quanto altrettanto diffusi, si trovano persone che vanno all'università, che non sono sposate e non sono promesse in sposa. C'è un'India che si sta evolvendo e i figli di queste famiglie vengono spronati a studiare per migliorare la loro condizione sociale". Rispetto all'Italia, gli indiani hanno un'immagine del nostro paese molto stereotipata: conoscono il cibo italiano e si sentono affini alla concezione e all'importanza che diamo alla famiglia. "A volte mi sembra si riferiscano a un'Italia di altri tempi, o all'Italia meridionale, dove si viveva con o vicino ai genitori, ma più che una percezione della nazione Italia sanno che facciamo parte dell'Europa e che viviamo in un certo modo", chiarisce Valerio.

"La cosa per noi incomprensibile è che nonostante la situazione in cui vivono, nessuno si lamenta, la gente prende qualsiasi cosa con leggerezza, è la loro normalità. Questo non perché non abbiano problemi, ma perché hanno un altro livello di problemi, per cui se un occhio occidentale nota subito un po' di sporcizia, quello indiano non ci si sofferma e non lo nota neanche", ci racconta Valerio mentre assaggia i suoi noodles, arrivati dopo più di un'ora di attesa, e riflettendo a sua volta, tra un boccone e l'altro: "lamentarsi qui non ha senso, soprattutto se sei in viaggio".
Martina Bissolo
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