Cassago/Monticello:don Adriano scrive da Cuba. 'La situazione è sempre più difficile'

La situazione a Cuba è sempre più allarmante: lo conferma don Adriano Valagussa. Originario di Verderio, già parroco di Cassago, il sacerdote è solito inviare - con una certa frequenza - delle corrispondenze ai fedeli del territorio, per metterli a conoscenza dell'evolversi della sua missione nel paese caraibico. Come si ricorderà infatti, cinque anni fa don Adriano ha accettato di partire come ''fidei donum'', accettando una sfida non semplice. Prima il Covid e ora la situazione socio-politica, hanno messo in seria difficoltà la vita quotidiana dei cubani e di chi vive nello stato insulare posto tra il mar dei Caraibi, il golfo del Messico e l'oceano Atlantico.
Lo riferisce il religioso brianzolo nella missiva inviata a don Marco Crippa e ai fedeli della comunità di Monticello-Torrevilla, dove ha prestato servizio prima della sua partenza: ''ogni giorno tolgono la corrente per un po' di ore, si fa sempre fatica a trovare da mangiare soprattutto perché i prezzi sono saliti di molto e molti prodotti non si trovano da nessuna parte: da mesi non c'è formaggio, latte, olio...perfino si fa fatica a trovare zucchero e il riso''. Eppure nonostante le tante difficoltà, don Adriano prosegue nel compito affidatogli dall'Arcivescovo, peraltro atteso la prossima estate a Cuba. ''Che cosa è la missione qui? In tutto quello che facciamo: catechesi, sacramenti, la carità (visita ai malati, il pranzo per i poveri, distribuzione di medicinali, doposcuola, visita alle famiglie che hanno familiari in prigione...), tutto quello che ci è permesso fare è essere un segno di speranza, quella speranza che Cristo ci offre, quella speranza che illumina e dà forza nella vita. Tutto passa dentro cose piccole, ordinarie, che però, per chi è aperto, diventano grandi e abbracciano la vita e il suo destino''.

Di seguito la lettera integrale inviata da don Adriano:



 Palma Soriano 26/01/23

Carissimi,
spero stiate tutti bene. Io, per grazia di Dio, sto bene. Qui la situazione sembrava migliorare all’inizio del nuovo anno, ma ora siamo ritornati alla situazione precedente: ogni giorno tolgono la corrente per un po’ di ore, si fa sempre fatica a trovare da mangiare soprattutto perché i prezzi sono saliti di molto e molti prodotti non si trovano da nessuna parte: da mesi non c’è formaggio, latte, olio…perfino si fa fatica a trovare zucchero e il riso. Ciò che più impressiona è che, nonostante le restrizioni poste per entrare negli USA, continua l’esodo: ogni settimana c’è gente che va.
Settimana scorsa mentre stavo andando a piedi ad una comunità alla periferia della città, mi si avvicina un uomo che si mette a camminare con me e dopo un po’ mi dice: la vida es nada. (la vita è niente). Non conosco quest’uomo, non l’ho mai visto. Rimango sorpreso anche perché normalmente un cubano quando ti parla ti dice sempre che le cose vanno bene, mai ti dirà che le cose vanno male. Facciamo alcuni passi , poi gli dico: E’ vero, se la vita dipendesse solo da noi, è niente. Ma la vita è fatta di una relazione con un Altro, con il Signore, allora le cose cambiano. Arriviamo ad un incrocio e quell’uomo deve andare per un’altra direzione, così ci salutiamo. Mi viene in mente che spesso Gesù incontrava la gente proprio mentre era per strada. Noi pensiamo sempre di organizzare le cose e poi il Signore vuole incontrare le persone dentro le circostanze normali, anche camminando per strada.
Con alcune persone siamo andati a trovare le famiglie che hanno un familiare in carcere. Qui sono davvero tanti. A volte basta un niente per essere condannati a diversi anni. Se ti prendono a vendere carne di mucca ti becchi 20 anni di carcere, più di quanto fossi condannato per omicidio. Le famiglie che abbiamo incontrato, e non tutte sono cattoliche, sono solo quelle che conosciamo attraverso le persone perché non possiamo avere un elenco ufficiale. Di fatto ora ne abbiamo incontrato una quarantina e le abbiamo invitate a un incontro in parrocchia. Ne sono arrivate undici. E’ stato un incontro in cui hanno potuto condividere il dolore che si portano dentro, raccontare anche le condizioni disumane in cui loro figlio o marito vivono in carcere. In un carcere, per esempio, non c’è acqua. Vengono dati dei contenitori con l’acqua in numero minore delle persone presenti così da essere costretti a condividerla tra loro sia per bere che per lavarsi. Spesso non hanno la possibilità di lavarsi per parecchio tempo, per cui si prendono anche malattie. Tutto si è fatto anche più difficile e doloroso sia per il numero altissimo dei prigionieri dopo le manifestazioni del 11 luglio del 2021 sia per la crisi economica. Don Ezio che è autorizzato a entrare in una prigione di Santiago dice che in questo periodo da mangiare danno solo un po’ di acqua bollita con dentro qualcosa. In mezzo a tutta queste situazioni drammatiche ciò che mi ha colpito è che, alla mia domanda: che cosa potremmo fare come comunità cristiana per loro, esse ci hanno risposto: abbiamo bisogno di un aiuto spirituale. Hanno bisogno di Dio. Hanno bisogno di speranza.
Che cosa è la missione qui? In tutto quello che facciamo: catechesi, sacramenti, la carità (visita ai malati, il pranzo per i poveri, distribuzione di medicinali, doposcuola, visita alle famiglie che hanno familiari in prigione…), tutto quello che ci è permesso fare è essere un segno di speranza, quella speranza che Cristo ci offre, quella speranza che illumina e dà forza nella vita. Tutto passa dentro cose piccole, ordinarie, che però, per chi è aperto, diventano grandi e abbracciano la vita e il suo destino.
Vi ringrazio per la fedeltà con cui mi accompagnate nella preghiera. Anch’io vi ricordo. Sembra che a luglio venga qui il nostro arcivescovo Delpini. Sarà anche questo un modo per sentire la vostra presenza. In comunione. Ciao.

Don Adriano
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