Oggiono: nella Giornata della Memoria si ricorda la storia degli Imi
Dopo la celebrazione della Giornata della Memoria presso le scuole medie di Oggiono, le autorità cittadine hanno partecipato ad una seconda commemorazione in ricordo di un cittadino oggionese: Rinaldo Combi. La sindaca Chiara Narciso e l'assessore alla cultura Giovanni Corti hanno raggiunto il comune di Cassina Valsassina dove Combi, nativo di Oggiono, si era trasferito ad abitare. Nel comune della Valsassina, alla presenza del Prefetto dottor Sergio Pomponio e del signor Giuseppe Combi figlio di Rinaldo Combi, è stata posata la "pietra d'inciampo" in ricordo del militare italiano deportato nei campi di prigionia nazisti.
Il suo rifiuto e le motivazioni alla base della sua scelta traspaiono nelle cartoline che inviava alla propria famiglia, riportate nel libro. Una decisione difficile che per Schiani ha comportato l'impossibilità di fare rientro a casa in Italia fino a guerra conclusa, esponendolo al rischio di essere ucciso nei campi di prigionia nazisti.
"Una cerimonia - ha spiegato Giovanni Corti - molto importante, perché svoltasi alla presenza del Prefetto, presenza significativa di come a ricordare questi fatti e queste persone sia lo Stato con il suo più importante rappresentante sul territorio".
"Inoltre, è importante ricordare tutti i deportati" ha proseguito Corti precisando: "di frequente quando parliamo della Giornata della Memoria ricordiamo giustamente la Shoah ebraica, ma è corretto ricordare anche tutti gli altri deportati, come i militari italiani che subirono anch'essi l'onta di divenire "schiavi di Hitler" nei campi di prigionia e concentramento". Una pagina di storia di frequente viene dimenticata, nonostante abbia riguardato oltre 650mila militari italiani che vennero arrestati dopo l'8 settembre 1943 e imprigionati in Germania e nell'Europa orientale. Noti oggi col nome di Imi, Internati Militari Italiani.
Una storia fatta di molte vicende personali, legata alla decisione di non aderire alla Repubblica di Salò. Rifiuto che comportava l'arresto e l'interramento, quando non l'uccisione immediata o la morte durante il trasporto verso l'Europa centrale.È stata, ad esempio, la storia di Natale Schiani approfondita nella serata di sabato 28 gennaio quando, presso la sala consiliare del Municipio di Oggiono, è stato presentato il libro "Il fucile dietro la schiena". Un testo che - scritto da Mario e Paolo Schiani - ricostruisce le vicende del loro padre Natale Schiani attraverso alcune cartoline inviate alla sua famiglia durante la prigionia. Una vicenda personale che rappresenta bene la storia che coinvolse i militari italiani dopo l'armistizio.
"Di frequente le persone non conoscono la storia di questi prigionieri che non viene spesso raccontata" ha spiegato Corti ricordando: "in pochi si chiedono come mai non siano tornati a casa i militari italiani dopo l'instaurazione della Repubblica di Salò". Il loro rifiuto di adesione alla Repubblica Sociale viene oggi considerato come il primo atto della Resistenza dopo l'8 settembre. "Loro - ha ricordato Corti - decisero di finire prigionieri pur di non partecipare alla Repubblica di Salò". È il caso, ad esempio, del signor Natale Schiani ufficiale del regio esercito.Il suo rifiuto e le motivazioni alla base della sua scelta traspaiono nelle cartoline che inviava alla propria famiglia, riportate nel libro. Una decisione difficile che per Schiani ha comportato l'impossibilità di fare rientro a casa in Italia fino a guerra conclusa, esponendolo al rischio di essere ucciso nei campi di prigionia nazisti.