Costa: Monsignor Delpini a Villa Beretta per la messa nella giornata degli infermi

Lo sguardo attento agli infermi e la loro unzione e le parole di conforto per suore ed operatori sanitari. L'arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, coerentemente con la vicinanza della Chiesa ambrosiana alle persone più fragili, in vista della XXXI Giornata mondiale del malato che ricorrerà sabato 11 febbraio, ha visitato nel pomeriggio odierno la costola dell'ospedale Valduce di Como, la struttura ospedaliera Villa Beretta a Costa Masnaga, dove ha celebrato una funzione eucaristica con particolare attenzione all'unzione degli infermi.

L'Arcivescovo con la Congregazione delle Suore infermiere dell'addolorata e la dottoressa Mariella Enoc, procuratrice speciale di Valduce

 

Nella cappella erano riuniti gli ammalati, la procuratrice speciale dell'ospedale Valduce dottoressa Mariella Enoc, l'intera Congregazione delle suore dell'Addolorata, gli operatori sanitari, i vertici amministrativi della struttura, il sindaco di Costa Masnaga Sabina Panzeri, i sacerdoti ed amici e famigliari degli ammalati.

Sopra l'arcivescovo con il sindaco di Costa Masnaga, Sabina Panzeri

"Noi qui presenti: ammalati, medici, operatori tutti e noi Suore Infermiere dell'Addolorata con viva riconoscenza La ringraziamo per aver voluto accogliere l'invito a spezzare il Pane della vita con noi in questa nostra casa'' sono le parole con cui Suor Emanuela Bianchini, madre generale della Congregazione delle suore dell'Addolorata, ha dato il benvenuto all'importante ospite.

''La sua visita è per noi un momento gioioso e significativo e insieme di incoraggiamento a proseguire con rinnovato fervore nel cammino di servizio verso chi soffre e per i malati motivo di tanta speranza e conforto. Nel suo impegno pastorale, nella diocesi ambrosiana, apprezziamo in lei la profonda attenzione verso le persone più sofferenti nel corpo e nello spirito, per chi è in condizioni di difficoltà e povertà e anche ora la Sua presenza fra noi conferma questa sua sensibilità. La nostra Fondatrice Madre Giovannina Franchi esortava a servire e amare con "gran cuore" i fratelli sofferenti. Ed è proprio nel momento del bisogno, anche in un gesto semplice di servizio, di accoglienza, che intuiamo la bellezza dell'amore. Come nostro Arcivescovo, le chiediamo di ricordarci al Signore per essere sempre disponibili e avere mani ma soprattutto cuori accoglienti verso nostri ammalati che - come diceva San Camillo - "sono i nostri padroni" e - come diceva la nostra Fondatrice - "dobbiamo servirli con gran cuore". Grazie ancora per la sua presenza e voglia benedire tutti noi ma in particolare i nostri malati con i loro cari".

L'arcivescovo, durante l'omelia, si è soffermato sul valore di ciascuno: "Io non valgo niente dice il malato, non sono capace di fare quello che dovrei: devo dipendere in tutto dagli altri, sono un peso per gli altri. Io non valgo niente dice il medico, l'infermiere, l'operatore sanitario: per quanto mi affatico, non arrivo ai risultati desiderati. Risolto un problema, se ne presenta un altro. Ogni cosa richiede tante fatiche e capita anche che riceva delle critiche. Io non valgo niente, dice la suora: la mia vocazione, pur con tutti i complimenti che ricevo, non si rivela attraente. Forse nessuno capisce le mie ragioni profonde. Dovrei essere un segno della sollecitudine di Gesù, invece apprezzano forse quello che faccio ma non si accorgono della mia consacrazione, della mia vocazione, del messaggio che porto. Vedo che la mia vocazione non è desiderabile per le ragazze d'oggi. Su un'umanità in diverse condizioni, arrivano le benedizioni della parola di dio che forse ci aiutano a non dire mai io non valgo niente. Questa parola del signore dice che la benedizione di Dio illumina i valori che veramente contano, ci aiuta a riconoscere con sapienza la nostra condizione. La benedizione dice che la bellezza, la bontà, l'utilità di una vita non sta nei risultati che si possono calcolare, nell'apprezzamento che possiamo ricevere, ma ci dice "benedetto tu per il bene che fai, per il bene che ricevi".

La nostra vita è benedetta non perché perfetta ma perchè è vocazione ad amare e noi tutti siamo amati e capaci di amare. Ed è questo ciò che ci dà valore. Non dire mai non valgo niente, ma sono Benedetto da Dio e infatti sono capace di amare. La benedizione di Dio, quindi, come ha aggiunto l'arcivescovo, rivela la promessa di Dio.

L'unzione degli infermi

"Ciò che conta nella vita è la comunione con Dio: siamo figli di Dio. Siamo chiamati a condividere la gloria del Risorto, nonostante il mondo contemporaneo cerchi sempre di dimenticare questo e cerchi di attribuire valore assoluto al benessere, al prestigio sociale. Siamo benedetti perché viviamo in comunione con Dio. Ciò che conta nella vita è la qualità delle relazioni che siamo capaci di stabilire: relazioni di rispetto, improntate alle riconoscenza. Voi ammalati meritate di essere serviti come i figli di Dio; voi sani siete benedetti perché siete capaci di servire e anche voi siete serviti. Quante persone rendono possibile la nostra vita, la nostra professione, il nostro lavorare per gli altri. Ci sembra di essere sempre noi a servire, ma quanta gente lo fa per noi ogni giorno. Suore, siate riconoscenti, perché siete servite. Voi parenti, amici e familiari siate riconoscenti perché c'è chi si dedica al servizio vostro e dei vostri cari. Abbiamo una speranza invincibile, non a trascinare una vita tribolata che va inevitabilmente verso il nulla, la morte, come pensa la mentalità contemporanea: ciò che conta è speranza di vita eterna, che siamo chiamati a partecipare alla vita di Dio. Siamo capaci di amare, di avere stima di noi stessi perché siamo figli di Dio, amati e capaci di amare".

Al termine dell'omelia, l'arcivescovo ha svolto il rito dell'unzione degli infermi, rappresentato da due gesti: quello dell'imposizione delle mani che indica la preghiera e il dono dello spirito santo e quello dell'unzione, ovvero dell'olio benedetto sulla fronte e le mani. É stato un momento molto toccante assistere all'incontro di sguardi: da un lato l'accoglienza dei sofferenti e dall'altro la riconoscenza.

 

Al termine della messa, l'arcivescovo in persona, con grande umiltà, ha atteso i fedeli fuori dalla chiesa per consegnare nelle loro mani l'immagine della Pietà Rondanini di Michelangelo, che si trova all'interno del Castello Sforzesco di Milano.
"Ho cercato di interpretare la pietà con questa frase: "A questa morte si appoggia chi vive" - ha affermato Delpini - Noi che nella vita attraversiamo momenti di desolazione, sofferenza in cui diciamo di non farcela più, possiamo appoggiarci alla morte, all'amore che Gesù ha avuto fino alla fine".

L'arcivescovo all'arrivo, accompagnato dalla Madre generale Suor Emanuela Bianchini

 

L'arcivescovo di Milano ha poi avuto un colloquio privato con gli operatori della struttura per ringraziarli ed esortarli nel loro prezioso lavoro di cura della persona nella sua interezza.
Michela Mauri
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