Costa: Delpini incontra gli operatori di Villa Beretta
La visita dell'arcivescovo di Milano Monsignor Mario Delpini a Villa Beretta si è conclusa con un incontro privato con gli operatori della struttura: medici, infermieri, personale sanitario e amministrativo.
"Dobbiamo far sì che ospedale possa svolgere la sua missione - ha esordito la procuratrice speciale di Valduce, Mariella Enoc - Non teniamo l'ospedale per fare utile, ma l'ospedale deve stare in piedi per dare le cure migliori. Credo che l'impegno di tutti c'è. Vogliamo investire sulla struttura per farla diventare ancora di più una struttura di eccellenza a servizio delle persone".
L'arcivescovo Delpini ha accolto queste parole rivolgendosi a tutti gli operatori: "Non sono così addentro alle dinamiche di Villa Beretta e in generale della cura sanitaria di Valduce - ha detto - Ho soltanto ammirazione per quello che sento dire, che ho potuto constatare venendo a trovare i preti della nostra Diocesi che qui hanno trovato aiuto per riabilitarsi o per gestire le risorse che avevano. Ho avuto un'impressione di eccellenza, buone relazioni, attenzione alle persone".
L'arcivescovo ha donato a tutti gli operatori un libretto per esprimere la sua gratitudine: "Il mio messaggio è intitolato "dovrebbero farle un monumento" perchè l'opera di chi si dedica agli ammalati, soprattutto a quelli che richiedono un accompagnamento prolungato, merita un monumento, un riconoscimento pubblico, condiviso dell'importanza e della nobiltà della professione sanitaria assistenziale e gestionale. Meritate che siate considerati come persone che nella società civile sono di ammonimento e dicono cosa conta l'eccellenza nella qualità professionale".
Monsignor Delpini si è in seguito soffermato sull'attenzione che viene rivolta al paziente e al rapporto con i familiari: "Preferirei sottolineare che nessun malato - con la sua famiglia, la sua storia - è solo in sistema sanitario che cura la malattia e la persona, che non è un'isola ma ha attorno familiari e amici che non sono insignificanti anche dal punto di vista terapeutico".
Poi, l'appello rivolto agli operatori a prendersi cura di loro stessi: "Per fare bene questo lavoro, come tutti i lavori, bisogna avere cura di sè. Non siamo solo una macchina che produce prestazioni, ma abbiamo una famiglia. Il lavoro non può essere così impegnativo da prosciugare tutte le energie perché quando si rientra a casa non è un corpo che deve riposare, ma un papà o una mamma che coltiva rapporti in famiglia. Le famiglie di oggi sono fragili per rapporti distanti. Bisogna fare qualcosa di creativo, rigenerativo del proprio gusto di vivere. Anche questo si comunica, con il sorriso e la carezza, nell'impegno riabilitativo. In una struttura come questa, mi pare importante la spiritualità che è tornata di moda come uno degli aspetti per la cura del proprio benessere''.
''Come si fanno esercizi fisici, bisogna fare esercizi spirituali, ovvero silenzio, introspezione, momenti per stare da soli. La spiritualità non è esercizio di benessere ma di relazione per la propria salvezza nel rapporto con Dio. Le suore sono donne consacrate: vivono nel rapporto con il signore il servizio ai malati. Questo è un messaggio, non solo una via che riguarda loro, ma è un elemento di forza. Siamo tutti persone con una speranza" ha concluso.
M.Mau.