Missaglia: don Claudio Burgio invita giovani e adolescenti a osare e farsi delle domande

"Oggi la vita è molto più concreta, drammatica ed esigente. La fede deve rispondere alla gravità delle questioni che la vita ci pone di fronte". C'era silenzio ieri sera nel salone dell'oratorio di Missaglia. Si sentiva solo l'eco degli allenamenti in corso sul campetto all'esterno. Dentro, una gruppo di adolescenti e giovani ascoltava in silenzio il racconto di un prete. Quello di don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria e fondatore della comunità Kayros, è stata innanzitutto una testimonianza.

Don Claudio Burgio

"Il primo giorno al Beccaria chiesi a un detenuto il suo nome. Lui mi risposte che erano fatti suoi. Giorni dopo, mi spiegò che se io volevo sapere come si chiamava e rapportarmi con lui, dovevo dimostrargli che a me interessava davvero. Lì è cambiata completamente la mia vita: ho capito che dovevo vivere con loro" ha esordito il prete milanese, autore di "Non esistono ragazzi cattivi".
"La stessa comunità Kayros è nata per caso. In oratorio venivano continuamente minori stranieri non accompagnati, anche molto piccoli. Un giorno arrivò un camerunense, fenomeno sul campo di calcio. I giovani e gli adolescenti decisero di tenerlo con noi per farlo giocare nella squadra dell'oratorio. Per un po' lo ospitarono nelle varie famiglie ma non potevano continuare così e decidemmo di aprire una piccola comunità con quattro posti. Da lì non ci siamo più fermati".

Erano parole che trasudavano un misto di fatica e speranza, i due sentimenti che accompagnano il lavoro quotidiano del sacerdote assieme a ragazzi difficili. Fatica perché, come ha ricordato don Claudio, "Io oggi sono felice e ho una vita piena. Ma vi assicuro che è dura". Speranza, perché c'è sempre la speranza che ragazzi caduti possano risollevarsi. Allo stesso tempo, quella di don Claudio Burgio è stata una drammatica disamina di come dietro un fatto di cronaca ci sia un mondo che il cittadino medio non conosce e i giornalisti non indagano. "Forse conoscete anche voi alcuni dei ragazzi con cui ho vissuto ultimamente: Baby Gang, Rondo, Simba la Rue" ha evidenziato il prete scrutando i volti dei presenti. Per la maggior parte degli over 25, quelli citati sono nomi che rimandano unicamente ad articoli di cronaca giudiziaria.

"Prendiamo Baby Gang, che tra l'altro è originario di Lecco. Si chiama Zakaria: l'ho aiutato a registrare le sue canzoni, ho iniziato a commentarle assieme a lui e questo lo ha convinto a raccontarmi la sua vita" ha raccontato don Claudio. "Nel momento in cui lo hanno mandato in comunità, Zakaria ha iniziato a coltivare un profondo odio verso i servizi sociali, le forze dell'ordine e lo Stato. Di comunità ne ha passate quindici".
Di storie come questa ce ne sono tante nel mondo della Kayros. Situazioni che abbatterebbero nel giro di qualche giorno tutti coloro che dal caldo delle loro case di campagna giudicano dopo aver visto un servizio di due minuti alla televisione. La potenza interrogante di simili vicende umane tocca però innanzitutto i giovani, come quelli presenti ieri nel salone dell'oratorio di Missaglia. "Nella GMG di Cracovia Papa Francesco definì la vostra una generazione di giovani da divano. Ecco, su alcune cose siete davvero un po' spenti. I ragazzi che sono con me in comunità sono caduti tante volte. Quando arrivi al fondo, però, poi hai un'energia così forte che ti consente di risalire. I ragazzi della comunità sono vivaci, vivi e pieni di pensieri. Realizzano con tanta fatica canzoni che poi fanno milioni di visualizzazioni perché parlano di vita vera, cose che hanno vissuto" ha proseguito don Claudio Burgio.

Dal pubblico, si è alzata timida la mano di una ragazza. "In questo momento mi sento un giovane da divano. Mi sento di non sognare nulla, di essere spaventata da qualsiasi idea che mi venga. In gran parte è colpa mia ma sono convinta che, per quanto sia consapevole di essere una privilegiata, nella società manchi quello stimolo che dovrebbe portare i giovani a sognare". Un intervento che dimostrava quanto il racconto del sacerdote milanese avesse lasciato il segno. "Ti ringrazio perché hai avuto il coraggio di dire quello che pensi in pubblico. Io vi invito ad osare qualcosa di più, non limitatevi ai soliti incontri. Non accontentatevi delle solite frasi banali degli adulti, cercate la verità, fatevi domande. Sembra che per voi oggi sia tutto ovvio e scontato ma non può e non deve essere così" ha risposto don Claudio.
Infine, la chiosa: "Nella vita si può cadere. Ogni tanto bisogna lasciarci ferire da certe situazioni. I miei ragazzi mi dicono spesso di essere stanchi di un mondo dove gli adulti chiedono solo di portare a casa risultati. Noi siamo oltre e ben altro rispetto ai risultati. Uno può essere bravo a scuola ma la vita è tutt'altra cosa".
A. B.
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