Viganò: ravioli dolci di Sant'Apollonia. Una storia di tradizione, amore, passione
Questo probabilmente accade perché i ravioli, col passare del tempo, hanno assunto un ruolo speciale per la comunità viganese, occupando un posto nei cuori: per loro, il tipico dolce ha il sapore di collaborazione, casa e radici.
L'obiettivo di questo articolo è proprio quello lasciare una testimonianza ai cittadini viganesi e non, così che le future generazioni abbiano uno "scritto" che possa ricordare loro le tradizioni, offrendo l'opportunità di riproporle nel tempo, sempre con lo stesso amore ed entusiasmo.
Per farlo, è importante ripercorrere con la mente quei momenti che hanno portato alla produzione del raviolo così come la conosciamo oggi.
La storia del dolce viganese di Sant'Apollonia però, è tutt'altro che semplice da mettere insieme perché le "voci di paese" sono tante e disparate.
Il raviolo può essere considerato una vera e propria memoria storica che viene tramandata dal popolo ed è molto difficile trovare informazioni sul perché sia nato o perché sia stato dedicato alla Santa.
La scelta è stata quella di parlare con chi la storia dei ravioli l'ha in qualche modo vissuta e portata ''allo splendore''; fra questi, un primis, la famiglia dei panettieri Sala.
Per comprendere la storia dei ravioli dobbiamo tornare con la mente a prima delle due Grandi Guerre per ritrovare quella che pare essere la "prima era dei ravioli".
Anche se è fondamentale sapere che la ricetta del dolce è segretissima e nessun viganese che possa definirsi portatore della tradizione sarà mai pronto a svelarvela, alcuni ingredienti tra i principali sono noti ai più, tra i quali lo zucchero e il cioccolato. Considerando dunque l'elevato costo di queste materie prime, inizialmente i ravioli potevano essere preparati solo nelle case delle famiglie benestanti, che potessero dunque permettersi l'acquisto dei prodotti.
Con il passare degli anni poi, la ricetta venne realizzata anche nei panifici e nelle osterie del paese, che regalavano il dolce a parenti e amici: non si trattava ancora di un vero e proprio commercio, bensì di una preparazione più casalinga.
Numerosi viganesi erano dunque soliti gustare i ravioli nel mese di febbraio, partecipando anche alla fiera di Sant'Apollonia che, seppur in dimensioni ridotte rispetto ad oggi, era già in auge.
Come ben sappiamo, quando nel 1918 la Prima Guerra Mondiale giunse al termine, l'Italia ne uscì in gravi condizioni economiche: la produzione dei ravioli conobbe dunque uno stop e soprattutto non venne più proposta la fiera in paese.
Dopo circa trent'anni di "oblio", la tradizione dei ravioli vide la luce in seguito alla Seconda Guerra Mondiale: da quel momento in poi, la produzione non si è più fermata.
Negli anni subito successivi alle guerre, dunque, i proprietari delle osterie iniziarono a proporre agli ospiti il tradizionale dolce dedicato alla Santa martire cui vennero tolti i denti intorno al trecento dopo Cristo.
Arriviamo poi al boom economico degli anni '50 e '60 che ha portato con se' anche la ripresa della fiera e la nascita di alcune usanze che sono ancora vive nei ricordi dei viganesi più anziani.
Nella giornata di Sant'Apollonia infatti, era divenuta tradizione ufficializzare i fidanzamenti delle giovani coppie davanti alla famiglia. In quell'occasione il fidanzato era solito lanciare alla fidanzata una palla di neve (considerando che, a differenza di oggi, nel mese di febbraio di sessant'anni fa la neve nei mesi invernali era assicurata).
Come avevo anticipato, è proprio la famiglia di panettieri Sala che, da quattro generazioni, porta avanti la tradizione del raviolo ed è detentrice della ricetta originale.
Ma come sono arrivati i ravioli in oratorio?
Nonostante la settimana impegnativa che interessa i volontari di tutte le età in questi giorni, sono riuscita a parlare con alcuni tra i "fondatori" della produzione del dolce in oratorio, che risale agli anni ‘70 del secolo scorso.
Come ci hanno spiegato Angelo e Annamaria, che negli anni Settanta avevano attorno ai trent'anni, in quel periodo la parrocchia era solita organizzare dei corsi per le coppie che si tenevano nelle abitazioni.
Proprio in quegli anni giungeva a Viganò don Fausto Tuissi, parroco del paese dal 1974 al 1992 che è rimasto nel cuore dei fedeli e che ha reso possibile la costruzione dell'attuale centro parrocchiale a lui intitolato, portando vivacità e fermento nel piccolo paesino del casatese.
"Un giorno don Fausto ci ha detto che gli sarebbe piaciuto costruire un nuovo oratorio, ma naturalmente erano necessari i fondi" ci ha spiegato Angelo Riva. "Così ci è venuto in mente di iniziare a realizzare i ravioli con l'impasto del panificio Sala, che in quegli anni era sotto la guida di Rinaldo".
Se nel 1977 i chili di ravioli prodotti si aggiravano intorno agli otto, oggi la produzione è cresciuta a dismisura.
"I primi ravioli che abbiamo preparato sono stati venduti in un'ora. Abbiamo capito che i viganesi li apprezzavano tantissimo e ogni anno i chili di impasto forniti dal panificio Sala sono aumentati, così come il ripieno" ci ha detto Annamaria.
Da qualche coppia di giovani sposi, dunque, negli anni il numero di volontari che si davano da fare per la produzione dei tipici ravioli dolci è aumentato incredibilmente. "Anche grazie ai soldi guadagnati con la vendita dei ravioli, l'oratorio che tutti noi oggi frequentiamo è stato costruito. Nel frattempo anche la preparazione si è affinata, abbiamo acquistato tante macchine per tirare la pasta e strumenti per la frittura" hanno continuato i volontari.
E così, Rinaldo e poi Paolo hanno intessuto una stretta collaborazione con la parrocchia di San Vincenzo dando vita a una sagra tra le più conosciute in Brianza.
In questi giorni, basta recarsi nella zona dell'oratorio per rendersi conto della quantità di gente che trascorre decine di minuti in coda per poter acquistare un vassoio di ravioli e condividerli con famiglia, parenti e amici.
Ma come è possibile che la preparazione di un dolce riesca, nel 2023, a riunire così tante persone che creano una sorta di "catena di montaggio" per la sua realizzazione?
Questa domanda me la sono posta spesso e ho cercato di rispondere anche grazie alla mia esperienza, ma soprattutto ascoltando quello che avevano da dire i volontari, che non si sono certamente tirati indietro quando si è tratto di spiegarmi l'origine di questa passione.
In merito ai due anni di "stop" dovuti alla pandemia, alcuni hanno voluto riferirci quanto quel periodo sia stato duro per coloro i quali erano soliti trascorrere tantissime ore in oratorio a impastare, tagliare e farcire. "Fare i ravioli fa parte della mia vita da tantissimi anni, è molto più di una tradizione. Nel periodo del Covid, nel corso del quale non abbiamo potuto prepararli, sentivo che mi mancava proprio qualcosa" ci ha detto Angelo.
Per altri la produzione del dolce è sinonimo di comunità, di amore per le cose semplici. "I ravioli sono l'espressione dell'attaccamento verso i miei concittadini, della voglia di collaborare e di mettersi in gioco" ci ha detto infatti Gigi.
C'è chi invece si emoziona davanti a questa domanda, e fa emozionare un po' anche me. "Per capire fino in fondo cosa vuol dire trascorrere del tempo a preparare i ravioli, bisogna vivere l'esperienza in prima persona" ci ha spiegato Mario.
I ravioli, per qualcuno, sono anche simbolo di un lavoro proiettato verso il futuro, nella speranza di un rapporto di continuità con i ragazzi più giovani. "Quando prepariamo i ravioli ci sentiamo uniti e solidali, collaboriamo per il bene della parrocchia e dei nostri ragazzi, che rappresentano l'avvenire" ci ha detto Romina.
È quindi interessante ascoltare anche il punto di vista dei ragazzi, che non si tirano mai indietro quando c'è bisogno di dare una mano per la parrocchia. "Anche se ho solo vent'anni, i ravioli hanno assunto molta importanza con il passare del tempo nella mia vita. Penso che poche altre comunità possano vantare di avere un legame così forte, qualcosa che unisce inconsapevolmente" ha voluto spiegarci Giulia.
"Per me fare i ravioli è tradizione, è famiglia e ci tengo a portare avanti questa passione che i miei nonni e i miei zii hanno condiviso per anni" ci ha detto Simone.
Ci ricolleghiamo dunque alle parole del volontario Mario, che ci ha aperto il suo cuore dicendoci come capire che cosa smuove così tanti viganesi a mettersi a disposizione della parrocchia se non si ha mai vissuto l'esperienza della preparazione del raviolo è quasi impossibile.
Si possono però apprezzare la passione con la quale ogni anno da più di cinquant'anni i cittadini di Viganò realizzano i tipici dolci fritti, mettendo amore in ogni passaggio della preparazione.
E se il tempo scorre sempre tanto in fretta nella nostra società, la "sagra dei ravioli" è la conferma di quanto a volte sia necessario fermarsi e tornare ad assaporare (in ogni senso) il gusto delle tradizioni.